domenica 11 maggio 2014

Però Che Guevara ne ha ammazzati più di Speziale...

L’ormai celeberrimo Genny a Carogna esibisce una maglietta in cui chiede la libertà per Antonio Speziale, un ragazzo condannato per l’omicidio di un poliziotto e così diventa il simbolo di ogni nefandezza. Molti ragazzi indossano sfilano con la faccia di Che Guevara sulla maglietta e vengono considerati la meglio gioventù, quella che lotta per i diritti di tutti. Eppure Che Guevara ne ha ammazzati di più, ma molti di più, di Speziale.
Dove voglio andare a parare? Semplice, se sanzioniamo una maglietta perché favorevole ad un assassino, ciò deve valere per tutti.
Ma facciamo un passo indietro, perché una premessa è doverosa: considero la maglietta indossata da Genny un infamia e un’offesa alla famiglia del poliziotto Raciti, vittima del suddetto Speziale, soprattutto perché esposta in contesto. Altra premessa: non provo nessuna simpatia per Genny e quel genere di capipopolo usati per mantenere il disordine costituito attuale, tantomeno se di frequentazioni camorristiche e affini.
Però uno Stato che prima non è capace di mantenere l’ordine pubblico e poi decide di punire l’esibizione di una maglietta è semplicemente Stato ridicolo. Uno Stato pericoloso. Perché uno Stato inetto con i prepotenti finirà per essere oppressore degli onesti, come infatti avviene.
Adesso vi spiego come dovrebbe funzionare: se una persona compie violenza, danneggiamenti, molotov, bombe carta e così via, dentro o fuori lo stadio, per strada o dove volete voi, va punito. Punito severamente. E se ti becco tre volte, three strike and you’re out: alla terza condanna ti becchi 20 anni senza condizionale né sconti, perché sei un delinquente abituale. E lo stesso dovrebbe valere per furti, scippi, rapine e simili.
Invece qual è l’andazzo? E’ così: chi compie violenze, continua per anni indisturbato; chi si mette una maglietta, viene “punito”. Punito va rigorosamente tra virgolette, perché trovandoci in Italia anche la pena relativa alla maglietta è ovviamente ridicola; infatti la regola delle istituzioni italiane è: fare la voce grossa, la faccia truce, stracciarsi le vesti, proclamare la tolleranza zero e poi un buffetto sulla guancia e tarallucci e vino per tutti. Eppure, di solito è più efficace l’opposto: tono basso, faccia gentile e educata, cioè guanto di velluto, ma a ricoprire un pugno di ferro.
Fatto sta che Genny a Carogna è stato punito per la maglietta con il DASPO... in questo, il sistema Italia mostra una certa coerenza: ti condanno per una cosa che non dovrei, ma la pena è simbolica… insomma tutta una finzione, la vita è un grande palcoscenico e ognuno recita la sua parte, l’unica cosa che non capisco è perché tanta gente si sceglie dei ruoli da recitare così scadenti. Per chiudere con il DASPO diciamo che, nel caso servisse, andrebbe comminato come pena accessoria: ti fai un po’ di carcere e quando esci niente stadio; un po’ come i pedofili, che una volta scontata la pena non dovrebbero avere più a che fare con situazioni dove ci sono bambini. Ma qui siamo già troppo oltre, in un sistema legislativo e giudiziario dove mancano le basi, non si può pretendere di avere queste finezze.
Comunque: i reati di opinione in uno Stato libero, non possono sussistere. Non si può condannare una persona per una maglietta, o una frase, o una convinzione qualsiasi, per qunato possa essere odiosa, o stupida, o falsa. I comportamenti si sanzionano, i pensieri no.
Se però la maggioranza degli italiani decide che anche le manifestazioni di pensiero vanno punite, almeno si abbia la coerenza di punire tutti in modo eguale, perché in effetti l’esempio di Ernesto Guevara si presta bene ad essere paragonato ad un altro episodio di cronaca: i funerali di Priebke. Il Che, infatti, si macchiò dello stesso crimine di Priebke, cioè assassinò prigionieri inermi. Con l’aggravante che ne uccise molti di più e che, a differenza di Priebke, non aveva superiori ai quali dover rispondere nel caso in cui le esecuzioni non fossero state eseguite.
Eppure uno santo, l’altro demonio: mettevi d’accordo con voi stessi, il doppiopesismo è una forma odiosa di disonestà, odiosa quanto certe magliette.

Non ci potete fare niente se uno vi è simpatico e l’altro no? Ognuno ha i suoi gusti, teneteveli, ma non spacciate i gusti personali per morale, la morale è una, non può essere doppia e i crimini vanno condannati, tutti. 

martedì 22 aprile 2014

Giornalista promossa in femminismo, bocciata in matematica

Marta Serafini, giornalista del Corriere della Sera, non conosce la matematica e pensa che tutte le altre donne siano come lei. Scrive testualmente “I numeri non lasciano scampo. Il gap tra maschi e femmine sullediscipline tecnico-scientifiche nel nostro Paese è più alto che nel restod’Europa.
Una sentenza inappellabile, definitiva, peccato che per rinforzare il concetto alleghi una tabella che dice esattamente il contrario! Lo so è incredibile, eppure non è un mio fotomontaggio, tra i Paesi riportati l’Italia e la Grecia sono quelli con il gap più basso! Forse la giornalista ha letto la classifica non capendo che è stilata sulla base del numero totale di laureati, quindi sia maschi che femmine. Quindi l’unico gap evidente che c’è con l’estero riguarda la percentuale di maschi italiani laureati in materie scientifiche, che è molto più basso che nel resto d’Europa.
Per non farsi mancare la classica spiegazione social deterministica, la Serafini ci fa anche sapere che il gap di genere (come abbiamo visto in realtà inesistente) è causato dai giochi che le bambine fanno da piccole, dimostrando quindi che ai tempi della scuola, forse a causa di un brutto attacco influenzale, la Serafini si è persa, insieme alla lezione sulle percentuali, anche quella sui Promessi Sposi, altrimenti saprebbe che giocare con bambole vestite da suore non rafforza granché la futura vocazione per la vita da convento….
Serafini fai una bella cosa: comincia a colmare tu il gap e prendi un po’ di ripetizioni.

venerdì 21 marzo 2014

L'ossessione del tetto di spesa pubblica al 3%

Molte delle eterne discussioni sulla politica economica italiana sono incentrate sul limite del 3% di deficit, che i paesi dell’Unione Europea si sono impegnati a rispettare a partire dagli accordi di Maastricht.
Partiamo da una domanda: perché hanno messo questo limite?
Quelli che hanno progettato l’Euro e l’Europa come la conosciamo oggi, avevano in testa (e hanno anche oggi) un modello di società nel quale ci sono delle autorità centrali che controllano, dispongono, organizzano, decidono, pianificano e soprattutto spendono, credendo che l’economia e le persone siano come un software: basta programmare e tutto funziona secondo i piani.
Perciò, invece di lasciare libero ogni Stato aderente, di adottare la politica di bilancio che ritesse più opportuna, hanno messo dei vincoli, il più discusso dei quali è quello sul deficit di bilancio.
Il fatto di creare una moneta comune, in realtà, non implicava affatto il dover porre tali limiti. La moneta unica è stata usata come scusa per ampliare i poteri degli organi comunitari ed imporre un modello di economia nel quale i dirigisti da Bruxelles manovrano tutto il continente.
Gli Stati Uniti d’America sono 50 Stati federati con una moneta unica, ma ciascun Stato è libero di adottare le politiche fiscali che meglio crede. Idem in Svizzera.

Oltre al riflesso condizionato di doversi occupare di ogni cosa, i politici avevano un’altra ragione per mettere dei paletti: la cattiva coscienza e la sfiducia reciproca.
Questo è il punto importante: i trattati non prevedevano che la Banca Centrale Europea dovesse intervenire per salvare dal fallimento qualche Stato con i conti in disordine e non prevedevano nemmeno che, ad esempio, la Germania dovesse intervenire per salvare la Grecia.
Quindi l’irresponsabilità di un membro non avrebbe provocato perdite agli altri.
Però i politici non si fidano uno dell’altro, sapendo bene che le firme sui trattati e le promesse valgono quel che valgono, cioè zero.
Del resto la storia economica delle finanze pubbliche è sempre uguale: i governi spendono sistematicamente più di quello che incassano, coprono i buchi indebitandosi e poi a un certo punto falliscono; qualcuno come mossa disperata tenta, senza successo, di salvarsi stampando moneta e poi si arrende all’evidenza: se consumi più di quello che produci, fai una brutta fine.

Se si fosse scelto un modello improntato alla libertà, non si sarebbe messo nessun limite, infatti, come ho scritto altrove, uno dei fondamenti di un’economia libera è il fallimento e questo, come dovrebbe valere per i privati, deve valere anche per gli Stati.
Libertà e responsabilità devono andare di pari passo.

Torniamo a noi: non era quindi previsto alcun meccanismo per cui la Germania avrebbe dovuto salvare gli altri, ma siccome i tedeschi sospettavano che in caso di crisi, qualcuno avrebbe bussato alla loro porta, hanno imposto il limite. Ironia del destino, poi, neanche loro hanno rispettato il limite del 3%, e in alcuni anni l’hanno superato.
In molti, convinti che la ricchezza nasca dal fare debiti, attribuiscono a quel sforamento la solidità economica tedesca… ma questa è un’altra storia. 

Ricapitolando:

1 - se indebitarsi fa bene all’economia, allora mettere un limite al deficit è controproducente.

2 - se invece si pensa che fare deficit sia inutile e alla lunga dannoso, allora è superfluo mettere il limite, perché uno non dovrebbe fare qualcosa che reputa dannoso.

Il problema è che fare tanto deficit a qualcuno fa bene, ad esempio, a volte, a chi specula sui debiti pubblici,  ma soprattutto a chi spende quei soldi, cioè i politici, perché così hanno a disposizione più risorse per comprarsi il consenso elettorale.

La pochezza dei padri costruttori dell’Euro si evince anche dal valore scelto: se proprio metti un limite, mettilo in modo che raggiunga lo scopo che si prefigge, cioè salvaguardare i conti pubblici. Ma se tu ti indebiti al ritmo del 3% all’anno, prima o poi accumulerai un debito insostenibile!
Persino Keynes, che credeva che il deficit stimolasse la crescita economica, prefigurava un sistema nel quale durante gli anni buoni gli Stati mettessero da parte le risorse da impiegare nei periodi di recessione; la famosa politica anticiclica, che, però, nelle mani dei politici è diventata a senso unico: ogni anno sempre deficit, a prescindere… per decenni.
Quindi, a meno che non riesci, ogni anno, a far crescere l’economia di altrettanto, cioè del 3%, ti troverai con un peso del debito sempre crescente.
Ma possono delle economie mature crescere ad un tale ritmo? E’ molto difficile a livello nominale, praticamente impossibile a livello reale.

Ma poi, in definitiva, 3% è tanto o poco? Dipende: se non hai debiti è poco, se hai già una montagna di debiti è tanto. E’ un po’ come il discorso sul pareggio di bilancio: per me è una cosa buona, ma se per raggiungerlo aumenti a dismisura una pressione fiscale già insostenibile (come ha cercato di fare l’Italia nel 2012) ti stai solo suicidando. Non c’è un criterio per porre un valore “giusto”, tanto meno se metti un valore unico per paesi in situazioni diverse.
Potevano mettere semmai un limite flessibile: se tagli 1 euro di spesa corrente, puoi farne 2 di investimenti, quindi ti puoi indebitare di 1; legando quindi il deficit agli investimenti, cosa economicamente sensata. Mentre emettere un bond decennale per finanziare spese a breve termine, tipico andazzo italico, è un comportamento stupido.

Ma, finiti questi bei discorsi, la realtà è che quelle menti sono state capaci di partorire solo il sistema che conosciamo.

In effetti alla prova dei fatti, tutto è andato diversamente  da come doveva funzionare: la BCE, contrariamente all’impostazione con cui è stata fondata, è intervenuta e la Germania, principalmente a causa del suo fragile sistema bancario coinvolto nei paesi in crisi, non si è affatto disinteressata del destino dei paesi in difficoltà.

Insomma, come sempre i pianificatori hanno fallito le previsioni e la realtà ha preso tutta un'altra strada.
Se ne dovrebbero ricordare quelli che ne invocano l’intervento per risolvere i problemi.

mercoledì 13 novembre 2013

Uccidere un cristiano non fa notizia











 
 

 
I territori del Nord Africa e del Medioriente erano cristiani prima che l’Islam fosse imposto con la forza, sono passati molti secoli e si dirà che così va il mondo, in fondo  le altre religioni hanno fatto spesso la stessa cosa. Ma invece per qualcuno la “guerra santa” non finisce mai. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale i cristiani erano maggioranza in Libano e in alcune città della Palestina. La discriminazione e le persecuzioni patite anche durante il XX secolo li hanno resi minoranza anche in questi territori. Minoranze consistenti in alcuni casi, che vanno però costantemente assottigliandosi.

In alcuni casi come il Sudan e la Turchia si è trattato di un vero e proprio genocidio.

Ho voluto documentare con qualche articolo la situazione ai giorni nostri, si tratta di notizie che vengono passate velocemente nei tg, di solito tra i mirabolanti e vani sforzi dei nostri governanti e gli importantissimi preparativi dell’anticipo del campionato di calcio.

Come si può vedere, cambiano i Paesi ma la trama è sempre quella: i cristiani vengono ammazzati perché hanno la colpa di essere cristiani. Gli unici articoli che si discostano dal gruppo sono quelli ambientati in Europa, precisamente in Inghilterra: una chiesa trasformata in moschea e un americano picchiato dalle ronde islamiche a Londra, perché beveva una birra. C’entra qualcosa con i massacri che avvengono in Africa e Asia? Non mi piace dare solo risposte, quindi lascio a ognuno le sue riflessioni in merito.

La cosa che mi preme sottolineare è l’assoluta indifferenza, non tanto delle persone, quanto dei media. Forse l’abitudine crea assuefazione e inoltre ognuno di noi ha già abbastanza problemi a cui pensare, ma coloro che fanno informazione perché sminuiscono questo fenomeno?

Naturalmente c’è anche una guerra di cifre: c’è chi dice che ogni anno siano centomila i cristiani ammazzati a causa della loro religione; altri dicono che sono molti meno, resta il fatto che si tratta di morti voluti proprio per sterminare o costringere all’esilio una minoranza. E questo è grave, a prescindere dai numeri.

Eppure non c’è enfasi, basso profilo, nessuna mobilitazione, il pensiero unico dell’informazione decide quali morti sono importanti e quali no, quando una tragedia è importante e quando non lo è, quando un crimine va stigmatizzato e quando giustificato, due pesi e due misure. Per influenzare il nostro modo di pensare e di vedere il mondo, per indicarci i buoni e cattivi. Ciò che è bene e ciò che è male.

Doppiopesismo, male assoluto della nostra epoca.   

venerdì 18 ottobre 2013

I grandi successi dei keynesiani


L’asso nella manica dei Testimoni di Geova, per convincere l’interlocutore di avere la verità in tasca, è quello di ricercare nella Bibbia le profezie che si sono avverate. Ma allora Dornbusch e Fisher sono giusto un gradino sotto Dio, perché nel loro testo di macroeconomia, studiato per decenni dagli studenti di tutto il mondo, individuarono con precisione sconcertante gli astri nascenti dell’economia mondiale: vediamo citati Bernanke e Yellen, l’attuale capo della FED e colei che è stata designata per sostituirlo; Blanchard già capo economista al FMI e nientepopodimeno del famigerato Summers, che non ha bisogno di presentazioni.

Cos’è che accomuna tutti questi studiosi? Semplice, sono tutti keynesiani, o detto in altre parole dirigisti, statalisti, interventisti; insomma non ritengono il libero mercato efficiente (e fin qui posso dare loro ragione), ma pensano che un superdirettore galattico possa fare meglio (e qui ritiro la mia adesione…).

Quindi se sentite la classica frase da dibattito televisivo: ma lo fa perfino la FED! Volendo con questo sottointendere che la FED sarebbe il tempo del capitalismo, sappiate che il tizio che pronuncia quella frase non sa nulla della politica della FED. Idem con il Fondo Monetario Internazionale. Del resto già per sua natura il Fondo Monetario, essendo un organismo controllato da Stati Sovrani come potrebbe muoversi secondo logiche privatistiche? Se credessero nel Laissez Faire, semplicemente il Fondo lo abolirebbero.

Da notare che lo strumento principale per l’intervento del Fondo è l’indebitamento altrui, in particolare dei paesi del Terzo Mondo e in via di sviluppo. In pratica propongono questo scambio: noi vi facciamo credito e voi fate le politiche che noi vi consigliamo. Ovviamente, siccome i politici sono sempre affamati di soldi, a qualunque latitudine, di solito accettano e fanno indebitare gli Stati che rappresentano; chiaramente tutto “a fin di bene”, pianificando (magari pianificazioni quinquennali…) spese di pubblica utilità (???) e le solite giustificazione che si ripetono in questi casi.

Io penso che gli Stati, invece di prendere a prestito soldi che poi non riescono a restituire, pagando onerosi interessi, farebbero meglio a promuovere il risparmio e il conseguente accumulo di capitale, che consente di produrre ricchezza.

Può darsi benissimo che io abbia torto e loro abbiano ragione, del resto l’economia non dà certezze; se poi pensiamo che io non sono keynesiano e loro sì, leggendo quel vecchio libro di macroeconomia, una conclusione certa la possiamo trarre: la ricetta keynesiana garantisce risultati di successo… perlomeno per la carriera di quelli che la vogliono applicare!

Per tutti gli altri, giudicate voi….

martedì 15 ottobre 2013

Berlusconi tramonta, i problemi restano.


L’Italia sembra un paese immutabile, come qualcuno dei suoi vecchi monumenti resta sempre lì ad osservare impassibile il mondo che cambia, trasmettendo però sospetto che un bel giorno, all’improvviso, il monumento crollerà e in un solo botto si trascinerà con sé tutte le proprie contraddizioni.

Nell’immobile panorama politico c’è però una novità: Berlusconi non controlla il proprio partito.

Una novità che ci dà la misura della pochezza dell’informazione e dei commentatori politici: infatti dei tre schieramenti maggiori usciti dalle elezioni, prima sembrava che si dovesse spaccare il Movimento 5 Stelle, per governare con il PD; poi sembrava che si spaccasse il PD, causa la contromossa di candidare Rodotà al Quirinale e invece si è diviso il PDL, tutti a dire che non è un partito, che c’è un padrone che decide per tutti ecc… e invece proprio nel PDL è emersa la spaccatura.

Il tramonto di Berlusconi si è palesato in questi giorni, ma nasce da lontano: dai milioni di voti persi nelle ultime elezioni, dai guai giudiziari, nell’incapacità di dar vita ad un movimento vitale. L’ultimo episodio è stato solo l’inevitabile conclusione: ha minacciato il Governo, ha fatto dimettere i ministri, ma al momento di votare la fiducia un numero consistente di parlamentari ha detto no.

A quel punto Berlusconi avrebbe fatto meglio a dividere il partito, andare all’opposizione e sperare di raccogliere un po’ di voti al prossimo giro. Del resto, di solito, gli elettori, almeno a livello nazionale puniscono chi governa (mentre a livello locale, soprattutto in alcune regioni, il clientelismo blocca ogni ricambio democratico).

Invece Berlusconi ha ceduto, ha rivestito rapidamente i panni dello statista responsabile  e ha votato la fiducia a Letta. Quest’ultimo da parte sua, ha fatto un bel discorso, elencando diligentemente tutte le riforme di cui l’Italia avrebbe bisogno. Arriveranno questa volta? Diciamo che lo scetticismo è d’obbligo.

Sono anni e anni che si sente parlare di ridurre il cuneo fiscale, ridurre la burocrazia, gli sprechi, che la giustizia è lenta, le tasse sono troppe, l’evasione pure, la corruzione neanche a dirlo, le carceri sono piene, i clandestini sbarcano, legge elettorale non va bene, c’è il precariato, il finanziamento pubblico dei partiti è da abolire; un mantra interminabile, se mandassero in onda qualche replica di Santoro di vent’anni fa nessuno si accorgerebbe della differenza: stesse facce, stessi discorsi, tanta propaganda, parecchia disinformazione.

In realtà sono vent’anni che una volta elencati i problemi noti, si passa all’argomento del giorno, l’evergreen: Berlusconi. Per qualcuno il problema principale dell’Italia, per altri l’unico salvatore. La verità è che i problemi dell’Italia erano gli stessi prima di lui, sono gli stessi oggi e saranno gli stessi quando non ci sarà più. Tolto lui non è risolto un bel nulla.

I nodi sono economici e politici. Tutto il resto è fuffa: le sentenze, il conflitto di interessi, tutte le storie sulle quali si inscena la zuffa quotidiana sono fuffa. La crisi non è congiunturale, è strutturale, dopo cinque anni dovrebbero prenderne atto. Se non si cambia profondamente il sistema economico, finanziario e statale, il paese non ne uscirà vivo. Qui lo scrivo e spero di sbagliarmi, come sempre.

venerdì 22 marzo 2013

Contro Laura Boldrini. Presidente della Camera.


Mi hanno chiesto un parere sui nuovi presidenti delle Camere e io ho detto che Grasso, insomma, non è male, pur con le riserve che nutro sui magistrati in politica. Invece la Boldrini non mi piace e soprattutto non mi è piaciuto il discorso di insediamento. Apriti cielo! Indubbiamente la Boldrini ha delle caratteristiche che favoriscono il marketing politico: faccia nuova e un impegno istituzionale come aiutante di coloro che hanno bisogno. Però al di là della superficie, io, con rispetto, educazione, in modo pacifico e tollerante, dissento dalle cose che ha detto in questi giorni, che ha detto in passato e dall’ideologia di fondo che porta avanti e dall’organizzazione per cui ha lavorato.

Partiamo dal discorso:

“Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri” la frase in sé ha poco senso se presa letteralmente: tutti siamo contro la povertà, per inciso, una delle ragioni che mi fanno diffidare di lei e del suo partito è che le loro idee ampliano la povertà, mentre io vorrei ridurla. Ma chi sarebbe contro i poveri? La frase ha un senso se ci ricolleghiamo a quanto affermato negli anni passati: secondo lei, le limitazioni all’ingresso di stranieri nel nostro paese sono una guerra contro i poveri. Dal mio punto di vista ogni Stato ha diritto di decidere quanti, come e chi sono coloro che possono entrare nel suo territorio. Quindi dissento. Conosco immigrati che si alzano al mattino, portano i figli a scuola, poi vanno a lavorare e sono persone oneste. Per me possono stare e nessuno deve dare loro fastidio. Poi invece ce ne sono tanti altri che non si comportano in modo corretto e quindi dovrebbero essere imbarcati su un aereo e rispediti a casa. Non esiste un diritto ad immigrare in Italia. Chi entra clandestinamente è un clandestino e non come ci vorrebbe imporre di dire la neopresidente un migrante. Quindi non condivido le sue idee sull’immigrazione e ancora meno la pretesa di tutti gli ex neo post quasi marxisti politically correct che vogliono imporre un nuovo linguaggio a tutti quanti.

“Costituzione, la più bella del mondo” su questo mi sono già espresso altrove, i principi sono belli ma vanno messi in pratica e la nostra Costituzione non lo consente. Proprio l’impantanamento istituzionale di questi giorni dimostra che va cambiata, che va dato più potere agli elettori, i quali dovrebbero avere la possibilità di scegliersi il Governo.

 “Questa Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia.” Le idee del partito che l’ha candidata, rendono l’Italia un posto poco amichevole per chi vuole lavorare, assumere, avviare un’attività.

“Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore” trovo meschino quando giornaliste in crisi di idee, per farsi pubblicità, speculano sulle vittime, in questo caso donne che subiscono violenza e che vengono uccise. Se lo fa il Presidente della Camera allora è un’operazione politica, quindi è anche peggio. La violenza travestita da amore non esiste. Esiste la violenza. Esiste l’amore. Una è il contrario dell’altra. Ci sono uomini che praticano la violenza e ci sono quelli che non la praticano: due categorie distinte; mescolarle, incolpare presunti climi culturali, manipolare le statistiche non aiuta nessuno, tantomeno le vittime.

“ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante, come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo” al di là del merito della questione e del fatto che la prima condizione degradante è quella di dover aspettare anni per avere una sentenza e stare in carcere senza avere subito una condanna, la cosa che non mi piace è soprattutto la seconda parte, quella che fa riferimento alla Corte Europea. Per essere chiaro non mi piace la mentalità per cui una cosa è vera, o ingiusta, se lo certifica un ente sovranazionale. Se le carceri fanno schifo, lo possiamo verificare da soli, senza bisogno che qualcuno da fuori ce lo venga a dire.

Parto da qui per passare dal discorso di insediamento  alla sua cultura politica in generale, allargando la mia critica a tutti gli entusiasti che ne hanno salutato l’elezione. Io sostengo la sovranità e l’indipendenza nazionale, e la sovranità dei cittadini. Non mi piacciono gli organismi sovranazionali che senza alcuna legittimazione vanno oltre i propri compiti interferendo nella vita politica degli Stati, soprattutto quando vogliono imporre dei punti di vista del tutto soggettivi.

Sono contro i reati d’opinione, sia che vengano imposti da organi sovranazionali sia che vengano imposti dallo Stato.

Soprattutto non mi piace l’ONU, perché nonostante la situazione sia migliorata rispetto agli anni Ottanta, resta comunque un’assemblea dominata da dittatori, spesso e volentieri anche criminali e assassini.

L’ONU si occupa dei rifugiati? Incarico svolto in passato dalla Boldrini. Bene, ma chi è che causa i rifugiati? Gli stessi Stati che ne fanno parte. Chi è responsabile dei rifugiati del Darfur? Il Sudan. E in Siria le armi piovono dal cielo come la manna, o sono gli stati arabi da una parte e l’Iran dall’altra ad alimentare la guerra civile? E i bambini che muoiono di fame non sono vittima delle politiche demenziali dei dittatori che hanno diritto di voto all’ONU. Quindi è come se Riina nominasse qualcuno Alto Commissario per aiutare le vittime della mafia.

Oltre a questo l’ONU è un buco nero che si mangia una quantità enorme di risorse a fronte di quanto eroga in servizi. Fa vaccinare i bambini? Bene, bravi. Ma se io dono due milione di euro a un’organizzazione per fare le vaccinazioni e l’organizzazione se ne tiene uno per le spese varie, come la devo giudicare? Con i soldi che costa l’ONU chiunque farebbe meglio.

Oltre all’economia, l’immigrazione, la concezione di Europa, di pace, di solidarietà, di famiglia, ci saranno altre cose che mi dividono dalla neopresidente della Camera, non so, non la conosco così bene, ma ce n’è una che sicuramente mi divide dalla schiera dei suoi fans: è la tolleranza. Io rispetto le idee altrui, loro no. La presidente Boldrini si è ridotta lo stipendio e mangia in mensa con i dipendenti. Le dico brava. Sono misure del tutto simboliche, ma le approvo. Perché io, se uno fa una cosa giusta non ho problemi a riconoscerlo, di chiunque si tratti, qualunque idee abbia, di qualunque partito sia. Se invece uno fa o dice stupidate, balle, insulti e così via sono pronto a censurarlo anche se, per ipotesi,  l’avesse votato. Questo mi distingue nettamente da tutti coloro che ripieni di pregiudizi, arroganza e presunzione, non tollerano idee diverse dalle proprie.

Quindi siccome ella ha dichiarato che: “Sarò la Presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato”, pacatamente, rispettosamente, pacificamente, educatamente, le dico che non l’ho votata, che rappresenta più o meno tutto ciò contro cui mi batto, ma che se vuole essere Presidente di tutti si adoperi perché venga archiviato l’atteggiamento da guerra civile; non c’è un’Italia giusta, onesta, colta, moralmente superiore che ha il diritto di giudicare, rieducare, mettere a tacere gli altri. Io sono onesto, non sono mafioso, piduista, corrotto, leggo, mi informo e non la penso come voi.  Buon lavoro Presidente.

giovedì 24 gennaio 2013

L'assurda polemica sui caccia F35


Tra tutte le polemiche buttate in pasto all’opinione pubblica per distrarre, rimbambire e distogliere, quella sull’acquisto dei nuovi cacciabombardieri F35 è una delle più assurde e nello stesso tempo delle più durature.
La tesi portata avanti da politici in cerca di facile popolarità è che questi caccia costano troppo e sono una spesa inutile. Quando sentite questa tesi sappiate che il politico di turno o non sa di cosa parla o vi sta prendendo in giro. Intanto perché gli F35 sono già stati tagliati: infatti ne sono stati cancellati 41, per cui dei 131 previsti ne restano solo 90.

Ma vediamo i fatti che spiegano l’assurdità della polemica:

1-      Per la difesa l’Italia spende circa l’1% del proprio PIL, valore tra i più bassi al mondo. (nel 2011 questo valore corrispondeva a 14 miliardi di euro, su un totale di spesa pubblica di oltre 700 miliardi). Alcune fonti indicano 19 miliardi, perché includono anche i Carabinieri, che sono una forza armata, ma, com’è noto, prevalentemente usata per la sicurezza interna. Ci sono poi alcuni fondi del Ministero dell’Economia destinati a specifici programmi di acquisizione e per le missioni all’estero, in tutto altri 3 miliardi.I valori di cui sopra comprendono tutto: stipendi, spese di esercizio e investimenti (sostanzialmente acquisizione di sistemi d’arma come appunto i famigerati F35). E’ logico che arruolare un soldato serve solo se è ben addestrato ed equipaggiato. Perché è inutile pagare qualcuno per  fare il soldato se poi non gli dai le attrezzature e non gli insegni ad usarle. E’ per questa ragione che gli eserciti più avanzati hanno una suddivisione di spesa per cui l’ammontare degli stipendi è circa la metà del costo totale della difesa. Nel caso italiano invece il monte stipendi supera il 70%!. Quindi, al di là degli spechi sicuramente presenti anche nelle Forze Armate, è evidente che la spesa è sbilanciata verso il personale ed è quindi lì che bisogna intervenire se si vuole razionalizzare e non spendere a casaccio. Infatti il ministro Di Paola, unico di tutto il Governo Monti a meritare il posto che occupa, si è mosso in quella direzione. E’ come se avessimo 2 pullman e 20 autisti a bilancio e qualcuno venisse fuori dicendo che bisogna tagliare i pullman. Come lo giudichereste?

       Quanto detto sopra sarebbe già sufficiente a liquidare la questione, ma approfondiamo ulteriormente la cosa. Vediamo nel merito perché vengono acquistati gli F35. L’Aeronautica Militare e l’Aviazione Navale hanno una serie di velivoli obsoleti che vanno sostituiti: Tornado, AMX, Harrier, sono tutti a fine del ciclo operativo. Quindi: o rimaniamo senza aerei capaci di attaccare al suolo, oppure compriamo qualcos’altro. Acquistare un unico modello è già di per sé un risparmio ed una scelta logica in quanto si ha un’unica catena logistica, di ricambi…. E ovviamente (viste le qualità) il numero degli F35 previsti è molto inferiore a quello degli aerei che verranno sostituiti.

       Restiamo sulla questione soldi: certamente l’F35 è molto caro, però per impressionare vengono sparate cifre che comprendono tutto il programma trentennale di acquisizione e talvolta anche i costi di manutenzione! E’ come se a uno che guadagna 800 euro al mese si rinfacciasse di costare 1 milione di euro: sì in 100 anni!

       Grottesco sentir dire “tengo ai posti di lavoro e rinuncio ai cacciabombardieri”. Guardate che sono fatti da operai, anche italiani e io, francamente, preferirei salvaguardare dei posti lavoro che richiedono competenze di altissimo livello tecnologico e taglierei invece i portaborse di quelli che dormono in Parlamento. Però è una questione di gusti, evidentemente questi politici ritengono più utile per il futuro del paese mantenere i portaborse invece degli operai dell’’Alenia. Con la stessa logica lasciamo la Marina Militare senza prima linea, rinunciamo alle FREMM, che costano anche quelle un botto e agli operai di Fincantieri diciamo: “scusate dobbiamo dare il buon esempio al mondo  trovatevi un altro lavoro”…mah…


        Ultima considerazione sul risparmio e i costi: l’Italia ha una portaerei nuova di zecca, sulla quale gli aerei possono atterrare solo verticalmente e l’unico aereo nuovo in grado di farlo è l’F35 (la versione B). Non ne esistono altri. Ovviamente l’alternativa era fare una portaerei, con catapulte e ganci di arresto, che si poteva combinare con altri aerei già esistenti e meno cari dell’F35, ma questa combinazione sarebbe risultata complessivamente più cara di quella scelta! Perché quel tipo di portaerei sono più grosse e costose (e anche sproporzionate per le nostre forze armate) della Cavour.

Mi sono fermato alle considerazioni economiche, perché sono quelle tirate in ballo dai politici. Se parliamo di questioni tecniche, ovviamente è diverso. Tutti i progetti fortemente innovativi hanno un grande margine di rischio, le prestazioni promesse potrebbero non essere conseguite, ci sono molti problemi di sviluppo. In questo senso la decisione è discutibile, anche se personalmente la trovo comunque condivisibile: meglio spendere qualcosa in più in un progetto nuovo, per fare qualcosa di nettamente superiore, che prendere  un aereo più vecchio (il Rafale, l’Eurofighter riadattato, l’F18 o addirittura il Saab) che costa meno, ma che comunque non viene certo regalato. In ogni caso chi propone di rinunciare all’F35, per essere credibile, dovrebbe far sapere cosa propone in alternativa.

Detto tutto questo, se l’intento è tagliare gli “sprechi” annidati nella spesa pubblica, ben vengano, purché la cosa valga per tutti. Se tagliamo del 15% la spesa per investimenti delle Forze Armate, dovremmo fare altrettanto su tutte le voci presenti nel bilancio dello Stato.


Se invece il motivo è che le Forze Armate non servono, allora abbiate il coraggio di chiederne l’abolizione totale, perché rinunciare solo alla componente aerea è del tutto insensato.

venerdì 18 gennaio 2013

Il miglior discorso politico... del mese, in Italia

Cosa volete, magari il titolo è sbagliato, ma mica ho ascoltato tutti i comizi del mondo! Ne ho sentito qualcuno e tra quelli vince Oscar.


sabato 5 gennaio 2013

Il miglior discorso politico del mondo... però illogico


E’ saggio giudicare le persone più dai fatti che dalle parole, soprattutto perché un abile oratore può suscitare emozioni e applausi anche con discorsi senza contenuto. Anzi, è soprattutto gettando in pasto alla folla le illusioni delle quali essa si vuole nutrire, che si ottiene il consenso.

Va di moda sul web un intervento del Presidente uruguayano Mujica, intervento definito addirittura il discorso politico più bello del mondo.

Mujica compie alcuni errori logici, abilmente mascherati da una retorica accattivante, o perlomeno non coglie il nesso logico delle proprie premesse:

 
1 – L’incoerenza più grossa del pensiero di Mujica si esprime nel concetto che i “compagni” lavoratori dovrebbero lavorare meno, produrre meno e quindi guadagnare meno. Invece alcuni vogliono lavorare di più e guadagnare di più. Intanto è inaccettabile che qualcuno obblighi qualcun altro a lavorare o non lavorare. Ogni essere umano dovrebbe essere libero di lavorare se desidera farlo e non può essere il politico di turno ad impedirglielo e tantomeno può essere il politico a decidere cosa è giusto acquistare oppure no. Anche perché il concetto di superfluo è del tutto personale, anzi spesso si vedono manifestanti, che hanno a cuore le sorti del mondo, fare uso di prodotti (o meglio dire sostanze) inutili e dannose per l’ambiente.


2 – Parte con un presupposto Malthusiano: siamo 7 miliardi, il pianeta non può nutrirci tutti. Ora è curioso che uno che ha basato la propria carriera sulle idee del più acerrimo nemico di Malthus, cioè Karl Marx, svolti a 180° senza spiegare cosa c’era di sbagliato in quello che ha professato fino a ieri. Magari lo ha spiegato in altra sede. Comunque il numero di abitanti del pianeta è sempre stato quello che le tecniche dell’epoca permettevano che fosse: poche migliaia quando eravamo cacciatori-raccoglitori, meno di un miliardo all’alba della Rivoluzione Industriale, oltre 7 miliardo adesso. Certamente le materie prime sono sempre più difficili e costose da reperire, perché ovviamente dove era “facile” prenderle sono già state prese e ciò ha delle conseguenze economiche negative, ma questa difficoltà non viene in alcun modo modificata dai nostri stili di vita o dal numero di abitanti del pianeta, è un dato di fatto con cui fare i conti, anche se domani un’epidemia cancellasse metà degli esseri umani.

 
3 – Cosa succede se tutti gli Hindu si comprano l’automobile? Beh ci saranno tanti metalmeccanici che lavorano, invece di essere licenziati. L’idea che molti nel mondo non hanno le auto (o reddito) perché alcuni ce l’hanno è priva di senso, infatti se in Europa (o in Giappone, o in Cina) tutti smettessero di comprare auto, nel Terzo Mondo non starebbe meglio nessuno; semplicemente da qualche parte ci sarebbero molti operai disoccupati (e che dovrebbero imparare a costruire biciclette, o scarpe, o coltivare patate). Poi, da un punto di vista filosofico si può essere contro le auto e pensare che, senza auto, mille anni fa vivessero tutti più felici. Infatti ognuno è libero di andare a piedi se preferisce, su questo non discuto e, come sempre, rispetto qualsiasi opinione. Sarebbe bello che tutti quelli che sono d’accordo con Mujica cominciassero a non usare auto, aereo, telefono, riscaldamento….

 
4 – L’eccesso di consumo e di debito ha creato la crisi: questo è giusto e condivisibile, ma Mujica dovrebbe sapere e spiegare che lo stimolo a consumare (anche indebitandosi) è la politica preferita da tutti i governi del mondo, perché seguono le idee di Keynes, con le quali giustificano la politica del tassa e spendi. Secondo Keynes le crisi economiche (e la povertà) derivano dalla scarsa propensione al consumo e quindi lo Stato deve intervenire con la spesa pubblica per colmare l’insufficiente domanda. Dire che questo deriva dalla concorrenza o dal mercato è un controsenso: chi produce beni deve accumulare capitale se vuole aumentare la propria produttività e quindi deve risparmiare. E se vogliamo che la gente non si indebiti, smettiamo di manipolare i tassi di interesse, invece di invocare ogni momento il tasso zero e il prestatore di ultima istanza infinito. Anche qui, comunque, il cortocircuito logico appare in tutta la sua chiarezza, se si riflette un attimo: se l’eccesso dei consumi provoca la crisi e quindi la caduta dei consumi, allora per consumare meno… dobbiamo consumare di più!!!

 
5 - Anch’io sono uno sfegatato ammiratore di Seneca, ma non mi risulta che Seneca volesse obbligare l’umanità a non desiderare! Ogni persona segue il proprio percorso in cui impara (oppure no) ciò che è importante nella vita e non è certo un Stato totalitario che può “governare” questo processo individuale imponendolo a tutti in forza di legge!


6 – Esistono lampadine che durano 100.000 ore ma nessuno le produce. Può darsi che gli imprenditori si sbaglino e che producendo lampadine che durano 100.000 ore si possa guadagnare bene. Ma per dimostrarlo è necessario che qualcuno (tipo lui) mettano su la fabbrica e comincino a venderle e così scoprirebbe l’estrema democraticità del mercato: quando ciascuno di noi, anche lui, andiamo in un negozio e decidiamo di acquistare qualcosa, decretiamo il successo per qualcuno e l’insuccesso per altri, decidiamo chi sarà ricco e chi povero. Se usi il contante o la carta di credito fai guadagnare le banche o no, se compri mobili svedesi, se guardi il calcio in tv, se telefoni… stai rendendo miliardario qualcuno e facendo fallire qualcun altro. Poi, se vuole essere lui a sostituirsi, con le proprie personali preferenze, a quelle di milioni di individui, perché ritiene di sapere meglio di loro ciò che è bene  e ciò che è male per loro, allora è un altro discorso. Mi può anche andar bene a una condizione: che sia io quello al vertice che decide per tutti (in realtà scherzo, questo sistema non mi piacerebbe nemmeno in quel caso, la gente è già abbastanza brava a sbagliare da sola senza il mio e il suo aiuto). Perché una concetto che sfugge a Mujica è che, se una cosa è fattibile dal punto di vista tecnico, non è detto che lo sia da quello economico. Esempio: è tecnicamente possibile andare sulla Luna, se però provi a mettere in vendita una vacanza lunare probabilmente farai fallimento, perché non avrai abbastanza clienti che possono permettersi quella spesa.

 
7 – La crisi attuale ha dimostrato una volta in più che ridurre la ricchezza da una parte non fa diminuire la povertà dall’altra: il reddito reale dei paesi industrializzati è calato pesantemente, ma questo non ha alleviato minimamente le dure condizioni di vita dei paesi sottosviluppati.

 
Come sempre di buone intenzioni è lastricata la via che conduce all’inferno… e al socialismo reale.

sabato 29 dicembre 2012

Perchè Monti è "invotabile"


Premesso che la situazione in cui ci troviamo non è colpa di Monti, ma deriva da decenni di malgoverno, vediamo perché il suo Governo è stato pessimo e lui non è credibile.


-        Ha goduto di condizioni favorevoli senza precedenti: stampa e telegiornali pronti a lodarlo; il sostegno di una maggioranza schiacciante, sostenuta da PD, UDC e PDL; una situazione di emergenza per la quale il Parlamento avrebbe votato qualunque provvedimento presentato; l’aiuto della BCE che ha evitato la bancarotta dello Stato.

 
-        Nonostante tutto questo, non ha realizzato quanto promesso all’inizio del suo mandato, ha inasprito il prelievo fiscale, distruggendo il tessuto economico italiano; il mercato del lavoro resta iniquo e inefficiente; la lotta all’evasione non è servita a diminuire le tasse e i provvedimenti presi favoriscono gli evasori a discapito dei contribuenti onesti; le ingiustizie sociali non sono state minimamente intaccate. I privilegi delle caste sono rimasti tali e quali. In definitiva la bugia più grossa raccontata dai giornalisti di regime è che ha salvato i conti dello Stato. NON HA SALVATO NULLA, i conti dello Stato sono peggiorati drammaticamente, ha garantito solo che la crisi non danneggiasse i potenti, i politici, i banchieri (e i bancarottieri). Per il resto i dipendenti pubblici si sono sentiti tutelati dal fatto che lo spauracchio del fallimento si sia allontanato, ma è solo un’illusione ottica e se non invertiamo la rotta della politica economica, non solo sarà a rischio il loro stipendio e la loro pensione, ma anche il loro posto di lavoro.

 

AGENDA MONTI. Chiarito il passato, vediamo il futuro: nella sua agenda promette di ridurre le tasse “quando le condizioni lo consentiranno”, cioè MAI, che poi è la stessa scusa accampata da Tremonti per anni. A parte gli errori grammaticali che, come scrive giustamente qualcun altro, fanno capire che l’agenda non l’ha scritta Monti, c’è anche una castroneria contabile clamorosa, che spero non sia farina del suo sacco: “con l’avanzo primario il sentiero è tracciato” e il debito si riduce automaticamente. FALSO: se l’avanzo primario è inferiore agli interessi che si pagano sul debito, ovviamente la situazione debitoria continua a peggiorare.

Il resto è fuffa, i soliti buoni propositi che si possono trovare nei programmi di tutti i partiti: liberalizzazioni (quali?), attirare investimenti (come?), velocizzare la giustizia (avete chiesti ai magistrati?), decentrare la contrattazione (senza modificare la Costituzione?) e tutta una serie di altre finalità, condivisibili, che nei decenni sono state proposte da molti e che nessuno ha mai portato a termine per 2 motivi:

1- il funzionamento stesso delle istituzioni lo rende impossibile. Senza una riforma costituzionale, il Parlamento sarà sempre il luogo dove minoranze organizzate difendono i propri privilegi, impedendo qualunque cambiamento.

2 – il sistema fiscale e normativo uccide le imprese, le risorse con cui realizzare i buoni propositi diminuiscono e i risultati diventano irraggiungibili.


La parte che riguarda l’Unione Europea è inquietante. C’è l’accenno alla necessità di maggiore democrazia e vicinanza ai cittadini, ma tutto quello che è scritto dopo smentisce clamorosamente queste premesse. Si delinea un’Unione Europea sempre più sovietica e verticistica:

l’UE e la BCE aiuteranno solo i Governi credibili, cioè quelli che ubbidiscono ai loro diktat, ma allora cosa votiamo a fare? Aboliamo le elezioni così ci risparmiamo la farsa. In realtà se le cose stanno così (e in effetti stanno proprio così!) siamo nelle mani di Mario Draghi, che purtroppo non mi sembra voglia usare il suo grande potere di ricatto a favore dei cittadini europei e dell’Europa.

La sua impostazione non è liberista, come ha dimostrato peraltro quando era commissario. Ripete i mantra eterni degli statalisti: usare bene i soldi pubblici e i fondi europei, ma non ha nessuna intenzione di lasciare i soldi ai contribuenti. Vuole che i partiti usino i soldi in modo trasparente, invece di dire che quei soldi non li devono proprio ricevere.

La sua concezione è elitaria e verticista: ci sono i potenti che decidono cosa è giusto, le quote di mercato, cosa produrre. Poche persone che siedono nei posti che contano: nelle istituzione, nelle banche, nelle cattedre universitarie, nei media; il suo obiettivo è concentrare sempre più potere in queste mani, restringendo sempre più gli spazi di libertà delle persone. Non crede alla società che si crea dal basso, non ha fiducia nelle persone.

Viene sempre lodato come persona bene accetta nei posti che contano all’estero, ma è semplicemente uno che mette il proprio Paese dietro agli interessi esterni (delle corporazioni, del Vaticano, degli altri Paesi). Esegue ordini per questo è bene accetto. Non è credibilità, è accondiscendenza. In Europa, le persone che credono alla libertà, lo hanno duramente criticato, anche se ciò non ha avuto risalto nei media italiani.

Al di là di tutto quello che può essere scritto nell’Agenda, quello che Monti deve chiarire è perché quelle cose non le ha fatte subito. Scrive, giustamente, che non si esce da una crisi di debito facendo nuovi debiti, ma allora perché li ha fatti? Perché dovremmo credere che farà domani quello che non ha voluto fare oggi? Non sono credibili quelli che l’hanno sostenuto ripetutamente in Parlamento durante questo anno. Tra questi i meno credibili di tutti sono quelli che lo candidano, come Casini e Fini, personaggi che galleggiano da trent’anni in Parlamento! Se in trent’anni non hanno avuto un’idea per migliorare l’Italia, diventeranno ora i grandi riformatori e rifondatori della Patria? Pensate davvero che un calciatore che ha giocato tutta la carriera in serie B possa diventare, da vecchio, meglio di Messi?

martedì 18 dicembre 2012

La Costituzione più bella del mondo e il comico dei luoghi comuni


La RAI è l’emblema di uno Stato che non è al servizio dei cittadini, ma che ha l’unico scopo di depredarli in tutte le maniere possibili. La RAI è da sempre uno dei feudi inattaccabili dei partiti dominanti e un luogo dove piazzare clientele e servitori vari, meglio se con laute ricompense. La RAI deriva da quell’EIAR che aveva come scopo principale la propaganda per il regime fascista e siccome la Repubblica nata dalla Resistenza ha mantenuto tutto quello che poteva fare comodo del vecchio regime, è ovvio che non si può essere ospiti assidui in prima serata se non si dice qualcosa di gradito ai potenti. 

E’ necessario chiarire meglio alcuni aspetti della Costituzione più bella del mondo, che non emergono abbastanza chiaramente nelle dotte omelie dei telepredicatori.

Un aspetto interessante è che la Costituzione non prevede le primarie. Io sono favorevole in linea di principio alle primarie, che nascono nel sistema presidenziale americano. La nostra Costituzione non le prevede, perché non prevede che i cittadini italiani possano eleggere il Governo. Capisco i costituenti: c’era appena stato un referendum vinto per il rotto della cuffia (e forse qualcosa meno…) per cui il rischio che gli italiani votassero in modo sgradito metteva paura. Si scelse di dare vita ad una democrazia il più possibile blindata dall’alto e quindi anche oggi i fantomatici candidati premier sono una finzione: il Capo dello Stato può nominare chi gli pare, anche uno che non si è presentato, anzi lo può fare contemporaneamente Presidente del Consiglio e Senatore a Vita. Può persino nominare uno come Monti che agli occhi di molti italiani ha un marchio d’infamia indelebile, deve infatti la sua carriera nelle istituzioni europee al demonio in persona, Silvio Berlusconi, che lo nominò Commissario Europeo nel 1995.

Sempre al demonio Berlusconi dobbiamo il fatto di poter mettere addirittura il nome del candidato premier sul simbolo elettorale, anche se, come chiarito è una finzione, questa innovazione è piaciuta molto a tutti i partiti che l’hanno adottata con entusiasmo per diverso tempo, anche se forse al prossimo giro qualche nome sparirà, forse per non sembrare troppo ripetitivi con i nomi.

A molti non piace che ci si possa candidare in eterno, sia per sedere in Parlamento, sia a governare, però è la Costituzione più bella del mondo che lo prevede, mentre ad esempio quella americana pone il limite dei due mandati presidenziali.

Ma le cose sulle quali gli italiani dovrebbero riflettere a proposito della propria Costituzione sono tante, capire come mai i partiti politici e i sindacati si sono sempre rifiutati di applicare la parte che li riguarda, forse perché avrebbero dovuto stilare dei bilanci, spiegare come mai si sono impossessati di migliaia di immobili del passato regime, che dovevano essere restituiti agli italiani.

Si dovrebbe spiegare agli ultras delle procure che la Costituzione più bella del mondo prevedeva l’immunità parlamentare.

Spiegare agli irriducibili avversari del clero cattolico che la Costituzione riconosce le prerogative dello Stato Vaticano, che è nato, dall’accordo con Mussolini del 1929.

Il problema è che un comico deve far ridere e finché fa le battute sui lecca lecca e le ostriche pagati con i soldi pubblici, ci si indigna, giustamente, ma si sorride, ma evidentemente non può dire che 4 miliardi di soldi pubblici vengono versati per salvare il Monte dei Paschi di Siena, la banca dei suoi amici di sinistra, perché allora più che da ridere verrebbe da piangere.

martedì 11 dicembre 2012

La redistribuzione del reddito è un'illusione


La ricetta magica per risolvere i problemi del mondo è la redistribuzione del reddito. Purtroppo chi propone questa ricetta non considera un particolare: la redistribuzione è impossibile. Basta un semplice esempio: abbiamo un ricco che guadagna 1 milione di euro, lo tassiamo, gli prendiamo € 750.000 e li diamo ai poveri. Tutto risolto? Purtroppo nella realtà non si creano le cose dal nulla e a meno di non essere eccezionalmente dotati, non si moltiplicano pani e pesci, quindi quello che si mette da una parte manca dall’altra. Quei soldi presi dallo Stato non sono solo soldi in meno nel portafoglio del ricco, sono a loro volta reddito in meno per coloro che avrebbero venduto qualcosa al ricco. Il ricco comprandosi una Ferrari, una albero di Natale luccicante, un camper o quello che volete voi, consente agli operai che producono quei beni di avere uno stipendio, gli stessi operai portano la fidanzata a cena fuori, così il ristoratore può pagare il cameriere e così via…. Per uno che prende il sussidio, c’è un altro che perde il posto di lavoro. Quindi quella che normalmente si chiama redistribuzione è solo uno spostamento che non migliora affatto la situazione complessiva di chi è indigente e questa è la ragione per cui nessun Paese ha mai migliorato la situazione dei propri poveri attraverso la redistribuzione.

Negli ultimi decenni, alcuni Paesi in cui si moriva di fame, come la Corea del Sud, sono diventati Paesi con benessere diffuso, ma il numero dei ricchi non è diminuito in quei Paes, è aumentato!

Notare bene: il meccanismo che ho spiegato non tiene conto che nella realtà ci sono almeno altri due effetti che amplificano questa creazione di povertà:

 

-         nel passaggio dal portafoglio del ricco a quello del povero i soldi restano a disposizione dei politici, di strutture burocratiche e di tutta una serie di soggetti che non producono nulla, per cui quello che arriva a destinazione è una frazione di quanto è partito.

-         chi spende i soldi degli altri non ha quasi mai la stessa cura che ha per propri e quindi rendono meno

-         dopo un po’ il ricco pensa che tutto sommato guadagnare 1 milione per darne ¾ ai politici non ne vale molto la pena e così spariscono anche i soldi da distribuire ai poveri

 

Quelli che vogliono spartire la torta non si pongono mai il problema di farla la torta.

Bisogna saper distinguere tra le cose belle e le cose brutte, le cose possibili e le cose impossibili. Se una cosa è bella o brutta è una questione di gusti, se è possibile o impossibile invece è un dato di fatto.

Le ricette semplici, o meglio ancora le ricette magiche, hanno sempre molto successo presso il pubblico, la dura realtà invece non piace, ma quando raccontare favole non basta, allora si inventano dei nomi per celare la vera natura delle cose: lo chiamano Stato Sociale, ma è solo un modo per creare nuovi poveri e per prendere a chi ha poco e dare a chi ha troppo.
Esistono politiche sociali efficaci, non certo quelle attuate in Italia, dove esistono solo di nome come alibi per mantenere clientele.

giovedì 6 dicembre 2012

Stanno risolvendo la crisi???




PS ...e scommettiamo che per salvare il Monte dei Paschi di Siena non faranno come consigliato nel video?

giovedì 15 novembre 2012

I sindacati dovrebbero scioperare contro se stessi



I sindacati dovrebbero fare uno sciopero contro se stessi e i giovani pure. Il problema più grande è che non lo sanno. Perché sono convinto che la Camusso e gli altri quando dicono certe cose ci credono veramente, sono le stesse cose che scrivono i giornali, che dicono i politici e manco a dirlo la stragrande maggioranza dei professori italiani. Eppure sono bugie puerili. L’ultimo esempio sono le manifestazioni contro “l’austerità” che, ironia della storia, fu uno slogan di Enrico Berlinguer.

Per capirlo è sufficiente ragionare 5 minuti.  Come ho spiegato in questi anni è impossibile uscire da una crisi di debito senza recessione. A maggior ragione da questa crisi che a livello mondiale è una crisi di debiti pubblici e privati, rapporto incestuoso dal quale come ovvio di solito non nasce nulla di buono. Su questo non c’è scelta o via d’uscita. E mi sembra da sola una buona ragione per evitare di continuare a fare nuovi debiti.

Esempio che può capire anche un ‘ggiovane laureato italiano (quindi uno che, non per colpa sua, quando va bene sa poco di tutto): se io presto 1 milione di euro alla Camusso, ella vive da milionaria per 1 anno, al termine del quale si accorge che non può restituirmelo, di conseguenza decido che è meglio non prestargli altri soldi. Il suo livello di vita cala drasticamente (leggi recessione) e io perdo 1 milione.

Lezione n.1: siamo tutti finocchi ecc…. se si vive al di sopra delle proprie possibilità prima o poi si scende e qualcun altro rimane scottato.

Ma la realtà che viviamo è peggio dell’esempio. Perché in un’economia sana c’è uno che risparmia e che presta i propri risparmi a qualcun altro. Mal che vada perde i propri soldi e si riparte. Nella realtà hanno distrutto non solo i risparmi passati ma il futuro stesso, perché i soldi prestati non sono risparmi reali, sono liquidità generata dal sistema finanziario o dalle banche centrali. Di questo ho già scritto in passato a sufficienza. A proposito di questo ribadisco solo una cosa che i politici, i capi dei sindacati e i ‘ggiovani evidentemente ignorano: la Germania non ha dei surplus di bilancio del passato messi da parte che si rifiuta di prestare ai poveri Greci che ne farebbero sicuramente buon uso (questa era ironica, lo dico per i ‘ggiovani). La Germania è piena di debiti, è un sistema un po’ più solido degli altri, ma ampiamente vulnerabile e traballante; pensiamo che un sistema traballante possa puntellare un sistema fallito?

Lezione n.2: L’austerity. Quindi se avete rimosso i paraocchi dovreste aver capito che le cose andranno male. Purtroppo credo che non andranno solo male, andranno peggio, soprattutto in Italia, perché?  Ma perché si persevera nelle vecchie ricette! Ebbene sì signore e signori, tutti parlano di austerità e indovinate un po’ nel 2012 lo Stato italiano avrà….. più debiti!! Esattamente come con Berlusconi, Prodi, Craxi e Andreotti, cambiano i cuochi ma la ricetta è sempre quella! Tutti questi vanno in piazza a manifestare contro qualcosa che non c’è! Tutti a manifestare per chiedere le politiche che sono già state ampiamente attuate: più spesa pubblica, più tasse, più debiti!  Quando dico che se le raccontano e se le credono.

Lezione n.3: perché il governo Monti merita voto zero? Perché sta uccidendo l’unica risorsa alla quale possiamo aggrapparci in Italia mentre affondiamo: i lavoratori e le aziende che producono. Già moribondi in un Paese ostile, stanno ricevendo i colpi di grazia. Monti insegue il miraggio del pareggio di bilancio a colpi di tasse, ma se chiudono 1000 imprese al giorno come può lo Stato sopravvivere? Arriverà comunque al fallimento, solo che anche del settore privato non saranno rimaste che le briciole e ripartire sarà molto più difficile. Bisognerebbe cambiare strada in fretta, perché quando i miraggi e le illusioni che si raccontano questi signori svaniranno, vedremo la realtà per quello che è: un deserto desolato.