martedì 26 luglio 2011

Un giorno di ordinaria follia in Norvegia.

Anders Breivik sconvolge la vita della Norvegia uccidendo decine di giovani inermi e giustifica il suo gesto invocando idee e principi che in buona parte condivido. Per questa ragione la strage mi tocca particolarmente e mi chiedo: la differenza tra noi due è solamente il fatto che lui è pazzo e io no? In generale, chi uccide un’altra persona ha qualche patologia comportamentale, oltretutto con il suo gesto non solo ha distrutto la propria vita e quella della propria famiglia, ma ha danneggiato enormemente quelle cause che sostiene di voler difendere. Forse aveva bisogno di una causa qualunque per mettere in pratica la propria ossessione omicida, in ogni caso c’è una differenza precisa e profonda in più e riguarda lo scopo profondo della difesa della Civiltà Occidentale. E’ qualcosa che va al di là del generico rifiuto dell’uso della violenza e del rispetto della vita umana, che pure sono una base sicura cui appoggiare il proprio modus operandi.
Ciò che Breivik non ha compreso è un’altra cosa: la nostra civiltà, faticosamente, nei secoli ha conquistato dei principi che non possono essere negati senza uccidere la civiltà stessa. Non c’è peggiore sconfitta che trasformarsi nel nemico, usare i suoi metodi terroristici significa rinunciare ai propri. Difendere l’Occidente significa combattere per non diventare così: spietati, disumani, estremisti. Se il prezzo da pagare per salvare la libertà è compiere la strage degli innocenti, allora questo prezzo non può essere pagato. Le civiltà a volte scompaiono, meglio scomparire con dignità che diventare come quelli che giustificano l’omicidio di bambini, meglio scomparire che diventare come quelli che deridono il dolore di un padre che da anni non ha notizia del proprio figlio prigioniero.
Achille dopo il furore, l’odio, la vendetta, riconsegna il corpo di Ettore a Priamo, perché anche con il nemico ci sono limiti che non vanno superati. Questa è la vera differenza tra lui e me.
C’è una differenza anche tra questo uomo delirante che compie una strage, in paese tranquillo, in un paese che ci immaginiamo sicuro e i deliranti terroristi del nostro più inquieto paese. Quell’uomo diventato mostro, assassino, criminale, verrà esecrato in ogni modo, con la stessa intransigenza che deve essere mostrata con tutti i terroristi; mentre con quelli di casa nostra troppo spesso viene praticata un’indulgenza pelosa. Ex terroristi vengono trattati da opinionisti, sarebbero ragazzi che hanno sbagliato e invece non è così: l’unica differenza con lui, è che loro avevano solo meno cartucce.

venerdì 22 luglio 2011

Abbiamo salvato la Grecia. Noi chi?

La Grecia non può pagare i suoi debiti e bisogna decidere chi deve pagare, perché non so se è chiaro a tutti ma alla fine qualcuno paga, sempre e comunque, volente o nolente.

Allora vediamo:
- se pagano quelli che hanno investito nei titoli greci lo chiamano FALLIMENTO,
- se invece paghiamo noi poveri cristi di contribuenti europei lo chiamano SALVATAGGIO.

Curioso fenomeno di pregiudizio antipopolare. Mi ricorda un po’ quando i politici sperperano i soldi dei contribuenti ampliando il peso dello Stato a dismisura e la crisi che ne consegue la chiamano crisi del mercato. Quale mercato? Quale capitalismo? Qui siamo al capolinea del dirigismo ma torniamo alla cronaca fresca di giornata.
I titoli trionfalistici che sprizzano ottimismo sul salvataggio greco evitano di dire che non è stato lanciato un salvagente, ma che stanno buttando dei soldi. I nostri. Mi si potrebbe obiettare: ma i poveri greci se pagano il 20% di interessi non ce la faranno mai. Quindi siccome nessuno è disposto a rischiare i propri soldi, allora prendono i nostri soldi (ma più che altro i soldi dei tedeschi…) e ci obbligano a prestarli ad un più abbordabile 3,5%.... E’ sempre così: con i soldi degli altri siamo tutti molto buoni, generosi e solidali. Soprattutto se si perseguono grandi disegni e alti fini, che anche in questo caso non mancano: con la Grecia salviamo l’Euro e addirittura l’Europa. Per la cronaca specifichiamo che:

- se la Grecia fallisce non è obbligata a uscire dall’Euro

- se la Grecia esce dall’Euro, la moneta unica e l’Europa possono continuare come prima

- se anche tutti gli Stati dell’Eurozona falliscono questo non implica che si debba rinunciare alla moneta unica, la moneta unica esiste con gli Stati indebitati, può esistere (molto meglio) anche con gli Stati che azzerano il proprio debito

Per inciso: non faccio il tifo per i default, solo che se non si cambia il sistema finanziario e gli Stati non smettono di indebitarsi, il default (o l’inflazione) sono le uniche vie d’uscita e siccome non ho Titoli di Stato ma faccio la spesa, se proprio devo scegliere a livello personale mi conviene il default.
Comunque va bene, dico io, facciamo pure così come hanno deciso i capi di Stato dell’Eurozona, tanto ci siamo promessi che ora basta si volta pagina, basta deficit. Però queste cose le abbiamo già sentite tanti anni fa, i politici sottoscrissero un patto del genere e poi non lo hanno rispettato.

Inoltre non è per essere scettico a tutti i costi ma nel maggio 2010 i giornali titolavano: varato piano di salvataggio da 100 miliardi! Se dopo un anno siamo daccapo mi sembra la prova che questi piani non stanno funzionando molto, anche perché le cause della grande crisi finanziaria che stiamo vivendo sono ancora tutte al loro posto.

La volta scorsa ci ho visto giusto, stavolta spero di essere smentito e non mi lancio in facili previsioni. Piuttosto vorrei che qualche giornalista facesse una semplice domanda a Mario Draghi, prossimo presidente della Banca Centrale Europea: quando i politici verranno a chiederle di emettere euro per acquistare i Titoli di Stato europei che nessuno compra più, lei dottor Draghi risponderà sì o no?

lunedì 11 luglio 2011

Attacchi speculativi, manovre urgenti e Televideo che casca


Televideo casca sull’argomento più importante della giornata: la trattativa tra Obama e la Camera sul debito americano. Secondo la RAI il piano di tagli alla spesa pubblica è di 4 milioni di dollari in 10 anni! In realtà i tagli richiesti dai Repubblicani a Obama sono 4.000 miliardi di dollari… una piccola differenza. Questo confronto tra presidenza e congresso è di capitale importanza per il futuro benessere degli USA e con loro di tutto il mondo libero. Per legge il debito pubblico americano non può superare i 14.300 miliardi di dollari, ormai la cifra è stata raggiunta e Obama chiede di alzare il tetto per evitare il default, ma nelle ultime elezioni molti deputati Repubblicani sono stati eletti con la missione precisa di fermare la spesa pubblica e tengono duro nonostante le pressioni dei media, della FED e di tutti quelli che non hanno ancora capito i danni che produce il debito pubblico.
Notare la differenza: gli elettori repubblicani si sono mobilitati (anche contro i vertici del proprio partito) dando vita al fenomeno dei Tea Party mandando in Parlamento dei rappresentanti intransigenti contro le tasse e la spesa pubblica, in Europa quando si spende nessuno protesta salvo poi inscenare manifestazioni di indignados quando arriva il conto da pagare. In questi decenni il peso dello Stato sulle economie sviluppate è cresciuto costantemente e parimenti sono cresciuti i debiti, sono state spese (quasi sempre sprecate…) le risorse di più generazioni, ma se la battaglia in corso negli USA vedrà prevalere chi si oppone ai deficit infiniti c’è speranza che si possa invertire il trend anche da noi.
Intanto al di qua dell’Atlantico si parla di attacchi speculativi all’Italia, all’Euro, all’Europa, borse che crollano, spread che schizzano. Ma siamo solo all’inizio di una presa di coscienza collettiva: i titoli di Stato non sono sicuri! Non quando rappresentano una montagna di insolvenze, la Grecia è fallita, l’Irlanda è fallita, il Portogallo è fallito, Spagna, Italia, Francia sono fallite o quasi. In Italia la discussione si incrocia con una deludente manovra presentata da Tremonti per raggiungere il pareggio di bilancio nel… 2014, improvvisamente però la manovra è diventata urgente da approvare subito per raggiungere il pareggio… adesso. Ma la manovra era urgente già tre anni fa, anzi era urgente 20 anni fa, scusate ci siamo beatamente addormentati in mezzo a dei binari e adesso il treno ci sta venendo addosso, non era meglio spostarsi prima? Bisognava proprio aspettare l’ultimo istante? E siamo sicuri che la manovra basterà per raggiungere il pareggio? La manovra prevede inasprimenti fiscali che debiliteranno ancora di più un’economia moribonda, nulla consente di pensare che in Italia aumentare le tasse possa far aumentare il gettito fiscale. Ma di cosa ci preoccupiamo in fondo se con 4 milioni di dollari in 10 anni si risolvono le cose negli Stati Uniti d’America in Italia basteranno un po’ di spiccioli….

lunedì 4 luglio 2011

Un anno senza Taricone

Perché ricordare Pietro Taricone ad un anno dalla sua morte? Non per la morte tragica, che spesso rende immortali e sempre giovani coloro che muoiono prematuramente. Di fronte alla morte si prova sempre dolore ed è fin troppo banale che la morte di un personaggio famoso valga quanto quella di ciascuno di noi; ma un personaggio pubblico, volente o nolente, rappresenta qualcosa, porta dei messaggi che raggiungono una moltitudine di persone.
Non è stato un attore da oscar, ma io credo che il personaggio di Pietro Taricone portasse con sé una positività rara tra la moltitudine delle figure che affollano tv e giornali. E per questo meriti di essere ricordato.
Intanto era una figura sana, sportiva, in un mondo dove si associa l’essere VIP con i privè dove ci si chiude a sniffare cocaina; lui provava emozioni vere volando in cielo, lui era ‘o guerriero, ed incarnava con la propria fisicità tutto un modo di essere.
Il suo fisico non era solo una cristalleria da esibizione, ma lo specchio di un uomo di carattere. In quella prima edizione, quando all’interno della “casa” non sapevano la risonanza profonda che avrebbe avuto il programma, Pietro era sempre in azione, sempre su di giri, carico come una molla, ironico e gagliardo, una persona positiva appunto, che spiccava nella tv dei casi umani, dove avere problemi ed essere depressi sembra essere un titolo di merito e non una situazione da superare.
Certo nella casa ha mostrato anche immaturità, quell’immaturità nel rapporto con le donne (da collezionare più che da amare), quell’immaturità fatta di esibizionismo, machismo, esaltazione, presunzione, quell’immaturità giusta in un giovane e che i giovani devono affrontare per poter diventare uomini e Pietro ha dimostrato che si può maturare.
Ha dimostrato anche cosa vuol dire avere carattere: vuol dire essere a proprio agio in tutte le situazioni, dentro la casa, sotto i riflettori, ma anche da soli lontano dal successo.
Forse per intelligente opportunismo, forse perché ne aveva bisogno, una volta uscito dalla “Casa del Grande Fratello” non si è messo in coda a mendicare un’ospitata in qualche trasmissione, dove lo scopo è fingere di litigare sul nulla. Si è preso il proprio tempo, ha percorso la propria strada. Che differenza con tutti questi personaggi maschili e femminili pronti a prostituirsi, insicuri, che seguono il primo viscido pigmalione che incontrano, che ripetono come degli automi la propria parte, o con le star che blandiscono l’opinione pubblica appiattendosi su tutti i luoghi comuni politically correct senza sapere di cosa parlano.
Anche nella vita privata è stato un simbolo che ho apprezzato, ha tenuto insieme la propria famiglia, e non è facile per nessuno, ma a maggior ragione in un ambiente dove ci sono mille trabocchetti e mille tentazioni.
Se n’è andato presto, ma nel poco tempo che ha avuto, ha detto molto; altri e altre possono starci secoli in tv senza riuscire a fare altrettanto.

venerdì 1 luglio 2011

Non si può fuggire dal futuro


Gli Italiani a dispetto della propria storia che li ha visti protagonisti di grandi scoperte scientifiche si mostrano spesso ostili verso le nuove tecnologie. OGM e nucleare sono gli esempi più noti, ma non sono gli unici.

Eppure non possiamo pensare di vivere in un guscio, isolati dal resto del mondo, prima o poi, volenti o nolenti le novità irromperanno anche a casa nostra. Certo va data sempre a tutti la possibilità di vivere secondo i propri gusti, magari in cima ad un monte senza elettricità.
Anzi questa possibilità di scelta deve essere difesa a spada tratta dalle sempre maggiori intrusioni che il potere statale fa nelle nostre vite, cercando di omologarci ai comportamenti “corretti”, cercando di obbligarci a parlare in un certo modo, persino imponendo di pensare cioè che è giusto e cosa non lo è.
Ma un intero Paese non si può cristallizzare, ci aveva provato il Giappone, ma fu bruscamente riportato alla realtà. E teniamo conto che loro sono un’isola, ai quei tempi (e nemmeno dopo) mai invasa da alcuna potenza straniera.

Il problema è che le frontiere della scienza si spostano sempre più avanti e se non si guida questo processo, si finirà per subirlo, diventando come quell’indigeno che guarda stupito e intimorito le diavolerie dell’esploratore arrivato nel villaggio.

Le nuove tecnologie che vedranno la luce saranno forse più pulite di quelle attuali ma non saranno mai meno pericolose. La scienza non ci può salvare, ci può dare nuove meravigliose opportunità che richiederanno sempre maggiore responsabilità e buon senso. Se fai lo sciocco correndo e saltando, magari ti rompi una gamba, in automobile muori, con il gas fai una strage! Tutto quello che l’uomo crea può essere impiegato per scopi malvagi e sarà sempre così.

Nanomacchine, nano materiali, DNA artificiale, manipolazioni genetiche sempre più sofisticate…. Tutte le nuove ricerche aprono la porta a scenari impensabili, la distinzione stessa tra essere vivente, cyborg e macchina si va annullando. Potremo immergerci in realtà virtuali sempre più realistiche, la mente verrà letta, manipolata, potenziata. L’intelligenza artificiale muove passi veloci e potremmo arrivare a macchine con capacità paragonabili o superiori a quelle umane. Del resto si diceva che un computer non poteva battere il campione del mondo di scacchi e poi è avvenuto.

Robotica, viaggi spaziali, medicina, energia, costruzioni, armi, tutto verrà permeato schiudendo nuove possibilità.
Molte di queste prospettive sono inquietanti ed avere paura è normale, ma mettere la testa sotto la sabbia non serve a fermare il corso degli eventi, meglio buttarsi e arrivare primi (non si mai…).