sabato 29 dicembre 2012

Perchè Monti è "invotabile"


Premesso che la situazione in cui ci troviamo non è colpa di Monti, ma deriva da decenni di malgoverno, vediamo perché il suo Governo è stato pessimo e lui non è credibile.


-        Ha goduto di condizioni favorevoli senza precedenti: stampa e telegiornali pronti a lodarlo; il sostegno di una maggioranza schiacciante, sostenuta da PD, UDC e PDL; una situazione di emergenza per la quale il Parlamento avrebbe votato qualunque provvedimento presentato; l’aiuto della BCE che ha evitato la bancarotta dello Stato.

 
-        Nonostante tutto questo, non ha realizzato quanto promesso all’inizio del suo mandato, ha inasprito il prelievo fiscale, distruggendo il tessuto economico italiano; il mercato del lavoro resta iniquo e inefficiente; la lotta all’evasione non è servita a diminuire le tasse e i provvedimenti presi favoriscono gli evasori a discapito dei contribuenti onesti; le ingiustizie sociali non sono state minimamente intaccate. I privilegi delle caste sono rimasti tali e quali. In definitiva la bugia più grossa raccontata dai giornalisti di regime è che ha salvato i conti dello Stato. NON HA SALVATO NULLA, i conti dello Stato sono peggiorati drammaticamente, ha garantito solo che la crisi non danneggiasse i potenti, i politici, i banchieri (e i bancarottieri). Per il resto i dipendenti pubblici si sono sentiti tutelati dal fatto che lo spauracchio del fallimento si sia allontanato, ma è solo un’illusione ottica e se non invertiamo la rotta della politica economica, non solo sarà a rischio il loro stipendio e la loro pensione, ma anche il loro posto di lavoro.

 

AGENDA MONTI. Chiarito il passato, vediamo il futuro: nella sua agenda promette di ridurre le tasse “quando le condizioni lo consentiranno”, cioè MAI, che poi è la stessa scusa accampata da Tremonti per anni. A parte gli errori grammaticali che, come scrive giustamente qualcun altro, fanno capire che l’agenda non l’ha scritta Monti, c’è anche una castroneria contabile clamorosa, che spero non sia farina del suo sacco: “con l’avanzo primario il sentiero è tracciato” e il debito si riduce automaticamente. FALSO: se l’avanzo primario è inferiore agli interessi che si pagano sul debito, ovviamente la situazione debitoria continua a peggiorare.

Il resto è fuffa, i soliti buoni propositi che si possono trovare nei programmi di tutti i partiti: liberalizzazioni (quali?), attirare investimenti (come?), velocizzare la giustizia (avete chiesti ai magistrati?), decentrare la contrattazione (senza modificare la Costituzione?) e tutta una serie di altre finalità, condivisibili, che nei decenni sono state proposte da molti e che nessuno ha mai portato a termine per 2 motivi:

1- il funzionamento stesso delle istituzioni lo rende impossibile. Senza una riforma costituzionale, il Parlamento sarà sempre il luogo dove minoranze organizzate difendono i propri privilegi, impedendo qualunque cambiamento.

2 – il sistema fiscale e normativo uccide le imprese, le risorse con cui realizzare i buoni propositi diminuiscono e i risultati diventano irraggiungibili.


La parte che riguarda l’Unione Europea è inquietante. C’è l’accenno alla necessità di maggiore democrazia e vicinanza ai cittadini, ma tutto quello che è scritto dopo smentisce clamorosamente queste premesse. Si delinea un’Unione Europea sempre più sovietica e verticistica:

l’UE e la BCE aiuteranno solo i Governi credibili, cioè quelli che ubbidiscono ai loro diktat, ma allora cosa votiamo a fare? Aboliamo le elezioni così ci risparmiamo la farsa. In realtà se le cose stanno così (e in effetti stanno proprio così!) siamo nelle mani di Mario Draghi, che purtroppo non mi sembra voglia usare il suo grande potere di ricatto a favore dei cittadini europei e dell’Europa.

La sua impostazione non è liberista, come ha dimostrato peraltro quando era commissario. Ripete i mantra eterni degli statalisti: usare bene i soldi pubblici e i fondi europei, ma non ha nessuna intenzione di lasciare i soldi ai contribuenti. Vuole che i partiti usino i soldi in modo trasparente, invece di dire che quei soldi non li devono proprio ricevere.

La sua concezione è elitaria e verticista: ci sono i potenti che decidono cosa è giusto, le quote di mercato, cosa produrre. Poche persone che siedono nei posti che contano: nelle istituzione, nelle banche, nelle cattedre universitarie, nei media; il suo obiettivo è concentrare sempre più potere in queste mani, restringendo sempre più gli spazi di libertà delle persone. Non crede alla società che si crea dal basso, non ha fiducia nelle persone.

Viene sempre lodato come persona bene accetta nei posti che contano all’estero, ma è semplicemente uno che mette il proprio Paese dietro agli interessi esterni (delle corporazioni, del Vaticano, degli altri Paesi). Esegue ordini per questo è bene accetto. Non è credibilità, è accondiscendenza. In Europa, le persone che credono alla libertà, lo hanno duramente criticato, anche se ciò non ha avuto risalto nei media italiani.

Al di là di tutto quello che può essere scritto nell’Agenda, quello che Monti deve chiarire è perché quelle cose non le ha fatte subito. Scrive, giustamente, che non si esce da una crisi di debito facendo nuovi debiti, ma allora perché li ha fatti? Perché dovremmo credere che farà domani quello che non ha voluto fare oggi? Non sono credibili quelli che l’hanno sostenuto ripetutamente in Parlamento durante questo anno. Tra questi i meno credibili di tutti sono quelli che lo candidano, come Casini e Fini, personaggi che galleggiano da trent’anni in Parlamento! Se in trent’anni non hanno avuto un’idea per migliorare l’Italia, diventeranno ora i grandi riformatori e rifondatori della Patria? Pensate davvero che un calciatore che ha giocato tutta la carriera in serie B possa diventare, da vecchio, meglio di Messi?

martedì 18 dicembre 2012

La Costituzione più bella del mondo e il comico dei luoghi comuni


La RAI è l’emblema di uno Stato che non è al servizio dei cittadini, ma che ha l’unico scopo di depredarli in tutte le maniere possibili. La RAI è da sempre uno dei feudi inattaccabili dei partiti dominanti e un luogo dove piazzare clientele e servitori vari, meglio se con laute ricompense. La RAI deriva da quell’EIAR che aveva come scopo principale la propaganda per il regime fascista e siccome la Repubblica nata dalla Resistenza ha mantenuto tutto quello che poteva fare comodo del vecchio regime, è ovvio che non si può essere ospiti assidui in prima serata se non si dice qualcosa di gradito ai potenti. 

E’ necessario chiarire meglio alcuni aspetti della Costituzione più bella del mondo, che non emergono abbastanza chiaramente nelle dotte omelie dei telepredicatori.

Un aspetto interessante è che la Costituzione non prevede le primarie. Io sono favorevole in linea di principio alle primarie, che nascono nel sistema presidenziale americano. La nostra Costituzione non le prevede, perché non prevede che i cittadini italiani possano eleggere il Governo. Capisco i costituenti: c’era appena stato un referendum vinto per il rotto della cuffia (e forse qualcosa meno…) per cui il rischio che gli italiani votassero in modo sgradito metteva paura. Si scelse di dare vita ad una democrazia il più possibile blindata dall’alto e quindi anche oggi i fantomatici candidati premier sono una finzione: il Capo dello Stato può nominare chi gli pare, anche uno che non si è presentato, anzi lo può fare contemporaneamente Presidente del Consiglio e Senatore a Vita. Può persino nominare uno come Monti che agli occhi di molti italiani ha un marchio d’infamia indelebile, deve infatti la sua carriera nelle istituzioni europee al demonio in persona, Silvio Berlusconi, che lo nominò Commissario Europeo nel 1995.

Sempre al demonio Berlusconi dobbiamo il fatto di poter mettere addirittura il nome del candidato premier sul simbolo elettorale, anche se, come chiarito è una finzione, questa innovazione è piaciuta molto a tutti i partiti che l’hanno adottata con entusiasmo per diverso tempo, anche se forse al prossimo giro qualche nome sparirà, forse per non sembrare troppo ripetitivi con i nomi.

A molti non piace che ci si possa candidare in eterno, sia per sedere in Parlamento, sia a governare, però è la Costituzione più bella del mondo che lo prevede, mentre ad esempio quella americana pone il limite dei due mandati presidenziali.

Ma le cose sulle quali gli italiani dovrebbero riflettere a proposito della propria Costituzione sono tante, capire come mai i partiti politici e i sindacati si sono sempre rifiutati di applicare la parte che li riguarda, forse perché avrebbero dovuto stilare dei bilanci, spiegare come mai si sono impossessati di migliaia di immobili del passato regime, che dovevano essere restituiti agli italiani.

Si dovrebbe spiegare agli ultras delle procure che la Costituzione più bella del mondo prevedeva l’immunità parlamentare.

Spiegare agli irriducibili avversari del clero cattolico che la Costituzione riconosce le prerogative dello Stato Vaticano, che è nato, dall’accordo con Mussolini del 1929.

Il problema è che un comico deve far ridere e finché fa le battute sui lecca lecca e le ostriche pagati con i soldi pubblici, ci si indigna, giustamente, ma si sorride, ma evidentemente non può dire che 4 miliardi di soldi pubblici vengono versati per salvare il Monte dei Paschi di Siena, la banca dei suoi amici di sinistra, perché allora più che da ridere verrebbe da piangere.

martedì 11 dicembre 2012

La redistribuzione del reddito è un'illusione


La ricetta magica per risolvere i problemi del mondo è la redistribuzione del reddito. Purtroppo chi propone questa ricetta non considera un particolare: la redistribuzione è impossibile. Basta un semplice esempio: abbiamo un ricco che guadagna 1 milione di euro, lo tassiamo, gli prendiamo € 750.000 e li diamo ai poveri. Tutto risolto? Purtroppo nella realtà non si creano le cose dal nulla e a meno di non essere eccezionalmente dotati, non si moltiplicano pani e pesci, quindi quello che si mette da una parte manca dall’altra. Quei soldi presi dallo Stato non sono solo soldi in meno nel portafoglio del ricco, sono a loro volta reddito in meno per coloro che avrebbero venduto qualcosa al ricco. Il ricco comprandosi una Ferrari, una albero di Natale luccicante, un camper o quello che volete voi, consente agli operai che producono quei beni di avere uno stipendio, gli stessi operai portano la fidanzata a cena fuori, così il ristoratore può pagare il cameriere e così via…. Per uno che prende il sussidio, c’è un altro che perde il posto di lavoro. Quindi quella che normalmente si chiama redistribuzione è solo uno spostamento che non migliora affatto la situazione complessiva di chi è indigente e questa è la ragione per cui nessun Paese ha mai migliorato la situazione dei propri poveri attraverso la redistribuzione.

Negli ultimi decenni, alcuni Paesi in cui si moriva di fame, come la Corea del Sud, sono diventati Paesi con benessere diffuso, ma il numero dei ricchi non è diminuito in quei Paes, è aumentato!

Notare bene: il meccanismo che ho spiegato non tiene conto che nella realtà ci sono almeno altri due effetti che amplificano questa creazione di povertà:

 

-         nel passaggio dal portafoglio del ricco a quello del povero i soldi restano a disposizione dei politici, di strutture burocratiche e di tutta una serie di soggetti che non producono nulla, per cui quello che arriva a destinazione è una frazione di quanto è partito.

-         chi spende i soldi degli altri non ha quasi mai la stessa cura che ha per propri e quindi rendono meno

-         dopo un po’ il ricco pensa che tutto sommato guadagnare 1 milione per darne ¾ ai politici non ne vale molto la pena e così spariscono anche i soldi da distribuire ai poveri

 

Quelli che vogliono spartire la torta non si pongono mai il problema di farla la torta.

Bisogna saper distinguere tra le cose belle e le cose brutte, le cose possibili e le cose impossibili. Se una cosa è bella o brutta è una questione di gusti, se è possibile o impossibile invece è un dato di fatto.

Le ricette semplici, o meglio ancora le ricette magiche, hanno sempre molto successo presso il pubblico, la dura realtà invece non piace, ma quando raccontare favole non basta, allora si inventano dei nomi per celare la vera natura delle cose: lo chiamano Stato Sociale, ma è solo un modo per creare nuovi poveri e per prendere a chi ha poco e dare a chi ha troppo.
Esistono politiche sociali efficaci, non certo quelle attuate in Italia, dove esistono solo di nome come alibi per mantenere clientele.

giovedì 6 dicembre 2012

Stanno risolvendo la crisi???




PS ...e scommettiamo che per salvare il Monte dei Paschi di Siena non faranno come consigliato nel video?

giovedì 15 novembre 2012

I sindacati dovrebbero scioperare contro se stessi



I sindacati dovrebbero fare uno sciopero contro se stessi e i giovani pure. Il problema più grande è che non lo sanno. Perché sono convinto che la Camusso e gli altri quando dicono certe cose ci credono veramente, sono le stesse cose che scrivono i giornali, che dicono i politici e manco a dirlo la stragrande maggioranza dei professori italiani. Eppure sono bugie puerili. L’ultimo esempio sono le manifestazioni contro “l’austerità” che, ironia della storia, fu uno slogan di Enrico Berlinguer.

Per capirlo è sufficiente ragionare 5 minuti.  Come ho spiegato in questi anni è impossibile uscire da una crisi di debito senza recessione. A maggior ragione da questa crisi che a livello mondiale è una crisi di debiti pubblici e privati, rapporto incestuoso dal quale come ovvio di solito non nasce nulla di buono. Su questo non c’è scelta o via d’uscita. E mi sembra da sola una buona ragione per evitare di continuare a fare nuovi debiti.

Esempio che può capire anche un ‘ggiovane laureato italiano (quindi uno che, non per colpa sua, quando va bene sa poco di tutto): se io presto 1 milione di euro alla Camusso, ella vive da milionaria per 1 anno, al termine del quale si accorge che non può restituirmelo, di conseguenza decido che è meglio non prestargli altri soldi. Il suo livello di vita cala drasticamente (leggi recessione) e io perdo 1 milione.

Lezione n.1: siamo tutti finocchi ecc…. se si vive al di sopra delle proprie possibilità prima o poi si scende e qualcun altro rimane scottato.

Ma la realtà che viviamo è peggio dell’esempio. Perché in un’economia sana c’è uno che risparmia e che presta i propri risparmi a qualcun altro. Mal che vada perde i propri soldi e si riparte. Nella realtà hanno distrutto non solo i risparmi passati ma il futuro stesso, perché i soldi prestati non sono risparmi reali, sono liquidità generata dal sistema finanziario o dalle banche centrali. Di questo ho già scritto in passato a sufficienza. A proposito di questo ribadisco solo una cosa che i politici, i capi dei sindacati e i ‘ggiovani evidentemente ignorano: la Germania non ha dei surplus di bilancio del passato messi da parte che si rifiuta di prestare ai poveri Greci che ne farebbero sicuramente buon uso (questa era ironica, lo dico per i ‘ggiovani). La Germania è piena di debiti, è un sistema un po’ più solido degli altri, ma ampiamente vulnerabile e traballante; pensiamo che un sistema traballante possa puntellare un sistema fallito?

Lezione n.2: L’austerity. Quindi se avete rimosso i paraocchi dovreste aver capito che le cose andranno male. Purtroppo credo che non andranno solo male, andranno peggio, soprattutto in Italia, perché?  Ma perché si persevera nelle vecchie ricette! Ebbene sì signore e signori, tutti parlano di austerità e indovinate un po’ nel 2012 lo Stato italiano avrà….. più debiti!! Esattamente come con Berlusconi, Prodi, Craxi e Andreotti, cambiano i cuochi ma la ricetta è sempre quella! Tutti questi vanno in piazza a manifestare contro qualcosa che non c’è! Tutti a manifestare per chiedere le politiche che sono già state ampiamente attuate: più spesa pubblica, più tasse, più debiti!  Quando dico che se le raccontano e se le credono.

Lezione n.3: perché il governo Monti merita voto zero? Perché sta uccidendo l’unica risorsa alla quale possiamo aggrapparci in Italia mentre affondiamo: i lavoratori e le aziende che producono. Già moribondi in un Paese ostile, stanno ricevendo i colpi di grazia. Monti insegue il miraggio del pareggio di bilancio a colpi di tasse, ma se chiudono 1000 imprese al giorno come può lo Stato sopravvivere? Arriverà comunque al fallimento, solo che anche del settore privato non saranno rimaste che le briciole e ripartire sarà molto più difficile. Bisognerebbe cambiare strada in fretta, perché quando i miraggi e le illusioni che si raccontano questi signori svaniranno, vedremo la realtà per quello che è: un deserto desolato.

lunedì 29 ottobre 2012

Voto ai libri

I miei voti a questi libri, tra i quali ci sono: "Il potere del cane" prestato da un amico e "Legionario in Algeria" e "Otel Bruni" consigliati da due lettori del blog


Don Winslow – Il potere del cane ★★★★

Vegezio – L’arte della guerra romana ★★★★

Rupert Smith – L’arte della guerra nel mondo contemporaneo ★★★★

Sebastiano Veneziano – Legionario in Algeria ★★★

Fabio Mini – La guerra dopo la guerra ★★

Epicuro – Piccolo breviario della felicità ★★

Paul Davis – Le 100 battaglie che hanno cambiato la Storia ★★

Jared Diamond – Armi, acciaio e malattie ★★★★

Christian Sighinolfi – I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica ★★★★

Salvatore Tufano – Miti e leggende nordiche ★★★

Sergio Ricossa – Maledetti economisti ★★★★★

Carlo Carboni – Elite e classi dirigenti in Italia ★★

Christopher Hill – La formazione della potenza inglese ★★

Adam Zamoyski – La battaglia di Varsavia ★★★

Roger Scruton – Manifesto dei conservatori ★★★★

Alberto Angela – Una giornata nell’antica Roma ★★★

Hubert Houben – Federico II ★★

Valerio Massimo Manfredi – Otel bruni ★★★★

lunedì 8 ottobre 2012

Perchè Confindustria è contro il libero mercato


Credo la maggioranza degli italiani non si renda conto di come Confindustria sia complice, assieme ai politici nella creazione, di un ambiente economico italiano fortemente ostile al lavoro, all’impresa, all’iniziativa individuale e in definitiva alla creazione di ricchezza.

Di solito si sente dare per scontata l’equazione: privato = liberista e pubblico = statalista, perché allora Confindustria è così ostile al libero mercato?

La domanda sorge spontanea soprattutto ascoltando Radio 24, l’emittente di Confindustria, dove troviamo un’unica trasmissione schierata apertamente per il libero mercato, quella di Oscar Giannino, dove peraltro vengono spesso invitati ospiti di ogni orientamento economico e tutte le altre trasmissioni che, con varie sfumature, portano avanti idee antiliberiste, stataliste e inflazioniste (queste ultime stampella indispensabile su cui si reggono le prime due).

In realtà il quesito non è nuovo, già alcuni tra i primi economisti avanzavano una spiegazione logica: quando uno è piccolo e deve emergere ha convenienza ad avere la massima libertà di azione e le condizioni più favorevoli, quando invece uno è grande (o lo è diventato), vuole mantenere la propria posizione e trae vantaggio dal fatto che vi siano dei paletti o difficoltà nell’attività di impresa, così non emergeranno concorrenti.

Questo schema spiega solo parzialmente la situazione italiana. In effetti bisogna dire che il panorama dell’establishment economico italiano è eccezionalmente stabile nei decenni, nel “salotto buono” ci sono sempre le stesse facce, le stesse famiglie. Il sistema economico italiano iperstatalista funziona bene nel mantenimento dello status quo, ma c’è dell’altro.

I big riescono attraverso sussidi, commesse, concessioni, appalti, ammortizzatori sociali e soprattutto conoscenze con chi conta ad appropriarsi di una parte dell’abnorme fiume di denaro che passa nelle mani dello Stato. Il potere politico in Italia non solo controlla metà di tutta la ricchezza prodotta, ma decide che cosa si fa, chi lo fa, dispone di miriadi di poltrone da assegnare, anche in società che formalmente vengono conteggiate come private, ma in realtà sono controllate dal potere pubblico.

Ma, a mio avviso, il vero fortino che difendono accanitamente sono le banche. Il sistema bancario italiano, che molti credono “privato”, è per buona parte posseduto da fondazioni a loro volta controllate gelosamente dai partiti politici. I grandi industriali italiani devono la loro ricchezza dal fatto di avere un canale privilegiato di accesso al credito. Quando si legge che il tal gruppo “investirà 100 milioni di euro”, non sono soldi suoi, non sono capitali, sono prestiti che qualche banca concederà ed è ovvio che quando ballano certe cifre il rapporto industriale – politico è decisivo.

Non c’è quindi da stupirsi se gli industriali propongono addirittura una patrimoniale pur di salvare lo Stato dal fallimento e il sistema come lo conosciamo oggi.

Confindustria potrebbe ottenere facilmente meno tasse e leggi meno punitive per le imprese, basterebbe mettere in busta paga ai loro dipendenti il lordo dello stipendio, invece di versarlo al fisco e in 3 mesi il Ministro del Tesoro dovrebbe fare una revisione della spesa vera, non quella finta che stanno facendo adesso. Ma sarebbe una Rivoluzione! Molto meglio per loro che tutto cambi affinché tutto resti immutato. Ogni tanto qualcuno becca un ladro di galline un po’ patetico che con i soldi del partito si fa i festini, lo gettano in pasto all’opinione pubblica e fanno credere che quelli sono gli sprechi. Sì quelli sono sprechi, ma sono briciole di un’enorme torta che i più furbi si mangiano senza farsi beccare, magari senza violare alcuna legge, ma sicuramente a danno di tutti gli altri.

lunedì 2 luglio 2012

2 luglio 1993 attacco agli italiani


La Somalia, allora come oggi, era un paese letteralmente distrutto dalla guerra civile e dalla fame e fin dal 1992 si susseguirono missioni ONU per cercare di portare sollievo alla popolazione. La Prima Guerra del Golfo era finita da poco e ci si cullava nell’illusione che la superiorità militare dell’Occidente rendesse possibile e addirittura facile risolvere ogni situazione. La Somalia dimostrò che non eravamo pronti, soprattutto i politici non erano pronti, ad affrontare le nuove minacce e le nuove guerre. Finalità delle missioni, regole di ingaggio, modalità operative, catena di comando,  tutto andava ripensato per evitare, come accadde,  che il fallimento fosse già scritto prima di iniziare.
Il contingente italiano, il secondo per consistenza dopo quello americano, presidiava, tra l’altro, la zona della Via Imperiale che collega Mogadiscio a Balad, lungo questa strada i nostri soldati avevano allestito diversi check point, tra i quali il cosiddetto check point pasta, perché situato nei pressi di un pastificio dismesso. Nei pressi di questo check point avverrà la battaglia. La prima da decenni per dei soldati italiani.
All’alba del 2 luglio alcune centinaia di uomini divisi in due colonne di mezzi iniziarono un rastrellamento in cerca di armi; altre operazioni analoghe erano state compiute in precedenza, senza che ciò portasse a reazioni da parte dei miliziani presenti in città, i rapporti con la popolazione erano buoni, ma quel giorno le cose andarono diversamente, i poliziotti somali che facevano da tramite e da interpreti con la popolazione iniziarono a defilarsi e gli abitanti del quartiere iniziarono ad innalzare barricate, lanciare sassi e poi a sparare. Il comandante della missione preferisce ritirarsi, ma la retroguardia  della colonna viene bloccata. Il fuoco si fa intenso, i somali sparano nascosti nelle case e riparandosi dietro la folla di manifestanti, composta da donne e bambini. Una delle colonne quasi rientrata alla base torna indietro, per salvare i propri commilitoni, i mezzi vengono bersagliati da RPG, si registrano i primi caduti. L’arrivo degli elicotteri Mangusta e dei blindati Centauro, anche se non possono usare le armi pesanti per ragioni politiche, permette agli italiani di mettersi in salvo, il check point viene abbandonato.  
La giornata termina per gli italiani con 3 morti e numerosi feriti, tra i quali il sottotenente Gianfranco Paglia che riceve la medaglia d’oro al valor militare. Il comandante della missione decide di “riconquistare” il check point nei giorni successivi con un’azione diplomatica con i capiclan della zona.
Le ragioni della violenta reazione somala non sono mai state accertate con sicurezza, si ritiene che i nostri soldati si stessero avvicinando troppo a qualche obiettivo importante per i miliziani, forse al capo stesso, il generale Aidid, altri parlano di un vero e proprio agguato premeditato, quel che è certo è che non ci si aspettava un attacco ostile di quel livello e di quella portata.
La disastrosa Seconda Guerra Mondiale portò con la sconfitta anche l’ombra del sospetto sulle nostre Forze Armate e sull’inaffidabilità degli italiani in quanto tali. Il 2 luglio del 1993 i nostri soldati dimostrarono di saper combattere, di saper fare il proprio dovere fino al limite dell’eroismo. 

mercoledì 23 maggio 2012

La memoria tradita di Falcone e Borsellino


E’ difficile pensare che sono passati 20 anni dal giorno in cui Giovanni Falcone venne ucciso facendo saltare letteralmente in aria l’autostrada. 57 giorni dopo sempre con una potente bomba fu ucciso anche Paolo Borsellino. E’ difficile anche spiegare cosa significarono per me e per la maggior parte degli italiani quegli omicidi. La mafia aveva già ucciso in passato molti uomini delle istituzioni, giudici, forze dell’ordine, ma Falcone e Borsellino avevano dimostrato che la mafia poteva essere battuta, avevano portato i mafiosi alla sbarra e li avevano fatti condannare, per questo la loro morte sembrò la fine perfino della speranza di poter cambiare le cose.
Oggi bisogna ricordare questi uomini coraggiosi e bisogna ricordare anche che da vivi dovettero operare in mezzo a mille difficoltà e ostilità anche di chi avrebbe dovuto stare al loro fianco.
Gli ostacoli che vennero frapposti alla loro attività e gli attacchi che dovettero subire, non erano solo invidia per l’autorevolezza che si erano conquistati nell’opinione pubblica, ma l’eterno vizio italiano del dividersi per appartenenze politiche e in guerre fratricide. Falcone vicino al partito socialista e Borsellino vicino alla destra missina, collaboravano perché non facevano politica, non si approfittavano del proprio ruolo per farlo e perciò erano fuori dal giro che conta della magistratura.
Il CSM gli negò a Falcone la guida del pool antimafia di Palermo, poi non venne ritenuto idoneo a guidare l’appena costituito Alto Commissariato per la lotta alla mafia. Il clima intorno a lui si fece sempre più pesante, fu persino accusato di aver inscenato da solo l’attentato alla sua abitazione all’Addaura. Come ebbe a dire Ilda Boccassini, una delle poche ad avere il coraggio di esprimersi in questi termini, anche contro i propri compagni di corrente: “Non c'è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Falcone. E' stato sempre "trombatissimo". Bocciato come consigliere istruttore. Bocciato come procuratore di Palermo. Bocciato come candidato al Csm, e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia, se non fosse stato ucciso”
Ma non erano solo i suoi colleghi magistrati a contrastarlo, anche i media davano risalto a figure come Leoluca Orlando che non perdevano occasione di infangarlo, inventandosi accuse come quella di proteggere i politici collusi con la mafia, di “tenere chiuse le carte nel cassetto”.
Ma semplicemente Falcone era troppo serio per mettere in piedi un processo senza avere in mano le prove per inchiodare gli accusati. Falcone utilizzava i pentiti per raccogliere elementi di prova, coloro che sono venuti dopo di lui li hanno utilizzati per altri scopi, mandandoli davanti alle telecamere e facendosi a volte strumentalizzare da loro, da questi mafiosi cosiddetti “pentiti”, che hanno fatto mettere sotto processo persino gli esponenti più in vista dei ROS dei carabinieri, che tanti successi hanno riportato contro la mafia.
Nell’ultima parte della sua vita Falcone andò a lavorare presso il Ministero di Giustizia retto all’epoca dal socialista Claudio Martelli, un’aggravante e una conferma agli occhi dei suoi accusatori.
Anche gli americani, di solito avari di riconoscimenti verso gli stranieri, oggi ricordano solennemente quest’uomo che aveva collaborato proficuamente con loro contro la mafia. Grazie a quell’esperienza Falcone portò in Italia nuove idee per migliorare la giustizia, per il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale e per la separazione delle carriere, naturale compimento del nuovo rito accusatorio introdotto nell’ordinamento. Ma anche questo fece di lui un uomo sempre più isolato.
Gli accusatori di un tempo, senza la minima autocritica, si sono repentinamente messi in prima fila nelle commemorazioni, grazie anche al silenzio degli organi di (dis)informazione. Anche la morte di Falcone e Borsellino, come altri tragici eventi italiani, è servita come scusa per cercare di riscrivere la storia a loro piacimento. La più chiara conseguenza politica fu l’elezione a sorpresa di Scalfaro alla Presidenza della Repubblica, sicuramente non c’è un nesso ma è un fatto. Alcuni filoni di indagini di Falcone e Borsellino furono immediatamente chiusi dopo la lor uccisione, tra cui quello che vedeva la mafia siciliana, grande esperta di riciclaggio di capitali provenienti dal traffico di droga, contattata dal KGB che stava facendo uscire enormi capitali dall’URSS che collassava e che avevano necessità di essere ripuliti. Tutti notano che le modalità degli attentati di Capaci e di via D’Amelio sono anomale rispetto alle abitudini della mafia e che sembrano più simili alle operazioni condotte dai servizi segreti, nessuno ricorda quale servizio segreto beneficiò di più da quelle morti.
Eppure in qualche modo la società italiana riuscì a reagire ed oggi rispetto ad allora si sono registrati dei successi significativi. Le organizzazioni criminali più potenti esercitano ancora un controllo notevole sul territorio e sull’economia, però il fenomeno dei latitanti imprendibili sta scomparendo, molti capi non riescono più a sfuggire per decenni come avveniva prima. La memoria sfugge invece ancora troppo spesso.

martedì 8 maggio 2012

Qualcosa è cambiato. Tutto è possibile.


Con queste elezioni amministrative la politica entra in una fase nuova. Non so dove condurrà ma di certo nulla sarà come prima, perché il Movimento Cinque Stelle senza soldi, senza giornali, senza RAI conquista tanti, tantissimi voti, il PDL tracolla, la Lega è in mezzo al guado, la sinistra resiste ma non dorme sonni tranquilli. Per vincere deve unire forze che oggi sono divise in Parlamento, non c’è più l’antiberlusconismo a fare da collante, forse ci sarà la paura di perdere le prossime politiche che pensavano di avere già in tasca. Per il centrodestra è una situazione che viene da lontano, le sconfitte di Milano e Napoli erano state una mazzata ma non avevano provocato significative reazioni. Si  sono cullati nell’illusione che Beppe Grillo portasse via i voti a sinistra, come avvenuto in altre occasioni, ma al PDL hanno la memoria corta, si sono dimenticati che nel 2008 il trionfo alle politiche era figlio anche di una campagna di antipolitica che aveva come obiettivo il governo Prodi, c’era il libro di Stella e Rizzo, “La casta”, c’erano le polemiche sulle auto blu ed il governo di centrosinistra, con tutti quei ministri e sottosegretari inventati per far posto alla miriade di partiti che componevano l’alleanza, sembrava fatto apposta per tirarsi addosso le ire del popolo. Peccato che una volta al Governo il centrodestra non ha mostrato alcuna discontinuità, la politica economica è stata indistinguibile dai predecessori, tassa e spendi, tassa e spendi, ma nel frattempo è arrivata la crisi mondiale a far saltare il banco. Eppure in questi anni sarebbe bastato fare un giro su internet, leggere qualche blog per rendersi conto dell’insoddisfazione della base, oppure sarebbe bastato parlare con qualche elettore di quella maggioranza silenziosa che li ha portato in Parlamento per sapere che la pazienza è finita, il tempo è scaduto. Troppo tempo sprecato senza dare un segnale di apertura, non serve cambiare nome al partito, è il contenuto che non funziona. Ci vogliono idee e far seguire i fatti alle idee, ma ormai è tardi e indietro non si torna. Oggi è l’ora di Grillo, il quale tra una sparata e qualche sciocchezza, pone anche delle questioni concrete di fronte alle quali la politica è sorda e in torto marcio. La situazione è fluida, è possibile che i vincitori di oggi siano scavalcati da altri nuovi volti oppure che il quadro si ricomponga in modo del tutto imprevedibile. Mentre accade tutto questo, sotto la pessima guida del Governo dei tecnici, il sistema delle imprese italiane sta collassando, c’è qualcuno gli eletti passati e futuri che ci sta pensando?

venerdì 4 maggio 2012

Scuola Diaz, il massacro degli utili idioti


E ci hanno fatto un film. C’era da aspettarselo. Forse un film denuncia? Denuncia di cosa? I fatti sono chiarissimi: come disse Fantozzi, alla fine la polizia si incazzò veramente. Diciamo le cose come stanno: gli abusi di coloro che indossano una divisa sono tra le forme più odiose di sopruso e su questo un film si potrebbe anche fare, ma non su un episodio dove tutti sanno cosa è successo: dopo una giornata intera a prenderle, a rincorrere black block e teppisti vari che colpivano, scappavano e si confondevano nella folla, la polizia è entrata nella scuola Diaz e ha pestato per bene quelli che ha trovato. Sbagliato? Certo, ma sbagliano anche quelli che si lamentano. E come se vai in una moschea a distribuire vignette su Maometto e poi ti stupisci se ti appendono per le palle! Questi fanno i rivoluzionari e poi piagnucolano come dei bambini dell’asilo se ne subiscono le conseguenze. Ancora peggio sono quelli che dicono: ma noi manifestavamo pacificamente, non c’entriamo con gli sfasciavetrine. Bravi, venite a spiegarci che volete fare un mondo diverso e non sapete nemmeno come funziona il mondo reale! Beh funziona così: se ti fai trovare in mezzo al casino è facile che ti arrivi qualche pestone nei denti.
Quello che è avvenuto non è degno di uno Stato di Diritto, ma non ci voleva il G8 per sapere che lo Stato di Dirito è un po’ zoppicante in Italia e non per colpa delle forze dell’ordine, dove ci sarà anche qualcuno che è contento se ha l’occasione di menare, ma dove tante brave persone svolgono un lavoro difficilissimo. E la dimostrazione che non sono quei mostri che vengono dipinti è proprio la goffaggine con cui hanno fabbricato le prove farlocche che dovevano giustificare l’uso della forza!
E comunque in uno Stato di Diritto chi organizza guerriglia urbana sta in carcere e siccome sono sempre gli stessi che passano da una manifestazione all’altra dovrebbero ringraziare il fatto che siamo in uno Stato che consente loro di violare ripetutamente la legge senza conseguenze.
Ma in fondo anche le denunce e le lamentele fanno parte del loro gioco, quello che invece è più assurdo è che sono utili e complementari a quei potenti che dicono di contestare. Utili in principalmente in due modi:
1 – distolgono l’attenzione sui contenuti, in quel caso specifico sui contenuti del G8. Spesso io accuso i giornalisti per la carenza di informazione, ma devo ammettere che i lanci di molotov fanno più audience piuttosto che ragionare sui problemi che ci affliggono
2 – quasi sempre con le loro richieste non fanno altro che richiedere più regolamenti, più tasse, più Stato, in definitiva ancora più potere in mano ai già potenti di turno
Per questo, alla scuola Diaz non è stata una strage degli innocenti, ma un massacro degli utili idioti.

domenica 29 aprile 2012

Il mio voto a questi libri


Antony Beevor - D-DAY La battaglia che salvò l'Europa ★★★
Alesina – Giavazzi - Goodbye Europa ★★★
Arthur Koestler - La tredicesima tribù ★★★
Qiao Liang - Wang Xiangsui - Guerra senza limiti  ★★★★★
Tom Clancy - Debito d'onore            ★★★★
Renato Del Ponte - I Liguri ★★★
Herman Schreiber - I Goti ★★★   
Alessandro Barbero - Federico il Grande ★★★
JRR Tolkien - Il signore degli anelli  ★★★★★
JRR Tolkien - Lo hobbit ★★★★
Robert Greene - Le 33 strategie della guerra            ★★★★
Procopio - La guerra gotica ★★★★
Carl Von Clasewitz - Della guerra  ★★
Georges Dumezil - Matrimoni indoeuropei   ★★★
Georges Dumezil - La religione romana arcaica ★★★
Seneca - Opere morali ★★★★★
Joseph Schumpeter - Teoria dello sviluppo economico ★★
Andrea Frediani - 300 guerrieri ★★★
Cormac McCarthy - Figlio di Dio ★★
Bryan Sykes - Le sette figlie di Eva ★★
David Abulafia - I regni del Mediterraneo Occidentale dal 1200 al 1500 ★★★★

domenica 22 aprile 2012

22 aprile 1970 Operazione Okean

Il 22 aprile 1970 in occasione del centenario della nascita di Lenin iniziò l’operazione Okean, che si concluderà il mese successivo.

L’operazione Okean fu la più grande esercitazione navale mai condotta dall’Unione Sovietica e la più grande mobilitazione di una marina militare dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Si svolse contemporaneamente nell’Atlantico, nel Baltico, nel Mediterraneo e nel Pacifico coinvolgendo oltre 200 navi, sottomarini e forze aeree partite dalle basi terrestri. Furono simulati attacchi a flotte nemiche, dispiegamento di forze, operazioni anti sommergibili, sbarchi.

L’URSS pur avendo ben cinque flotte ed essendo attivamente presente nei Caraibi e nell’Oceano Indiano, resterà sempre una potenza più orientata sulle forze terrestri e corazzate in particolare. La politica di espansione che vedeva nel Terzo Mondo il nuovo campo di confronto con gli USA imponeva però l’ampliamento delle capacità navali. Ma forse c’erano altre ragioni, come sempre le dimostrazioni di forza possono essere lette in molti modi: era diretta ad impressionare la NATO? O forse doveva rassicurare i nuovi alleati, oppure minacciare i vecchi. In Europa gli alleati del Patto di Varsavia non potevano sfuggire alla forza dell’Armata Rossa, tra l’altro eccetto la Bulgaria e la DDR erano tutti direttamente confinanti con l’URSS, mentre dove non vi era continuità territoriale le cose erano un po’ diverse e ci poteva essere la tentazione di avere una politica più autonoma.

Al contrario gli Stati Uniti, non avendo nemici ai confini terrestri, hanno sempre dato la priorità alle forze navali che dovevano difendere il paese, mantenere libere le rotte di comunicazione con gli alleati durante i conflitti mondiali e proiettarne la potenza.

Uno scontro convenzionale e nello stesso tempo asimmetrico: preponderanza di forze terrestri da una parte, navale dall’altra, che non vide mai la luce, bloccato dall’equilibrio del terrore atomico.

lunedì 16 aprile 2012

L'ha scritto wikipedia... però è sbagliato




La rubrica sugli errori di wikipedia è tra le preferite dei miei lettori e quindi colgo l’occasione per aggiungere un altro capitolo. Questa volta la voce incriminata è “San Bernardo”, non il santo, ma il cane. Come si vede nell’immagine scrivono testualmente: “nessun altra razza canina può raggiungere il peso del San Bernardo (fino a 90/100 kg nei grandi maschi)”. Appena finito di leggere la frase mi sono subito venute in mente 3 o 4 razze che sicuramente possono arrivare a quel peso. La cosa buffa è che la stessa wikipedia si autosmentisce perché nella scheda del Mastiff scrive: “peso ideale maschio: 90/115 kg” e descrive il Mastino Spagnolo così: “con un peso che supera i 110 kg” !!!

Secondo me anche nel Mastino dei Pirenei non è raro che si possa arrivare al quintale di peso.

Ci sono poi altre razze che normalmente pesano meno, ma che in qualche raro soggetto possono arrivare ai 90 kg: il Mastino Napoletano, il Leonberger, il Cane da Montagna dei Pirenei, l’Alano….

giovedì 12 aprile 2012

Corruzione, inchieste...bla, bla, bla: questo è il sistema

I migliori alleati dei corrotti spesso sono proprio quelli che si scandalizzano e poi lottano per non cambiare niente. Facciamo un semplice conto della serva: lo Stato spende circa 700 miliardi di euro all’anno, sono soldi sostanzialmente gestiti dai politici. Supponiamo di vivere in un paese estremamente virtuoso dove il 99% delle operazioni avviene onestamente, significa che ogni anno 7 miliardi vanno in tasca ai corrotti. 7 miliardi di euro!!! Una cifra comunque spaventosa e pensare che la realtà è certamente peggiore: secondo le stime della Corte dei Conti la cifra si aggira sui 60 miliardi. Sia come sia da questo si capiscono già alcune cose:

- Quello che è emerso dalle inchieste degli ultimi vent’anni è una piccolissima parte del fenomeno, praticamente ne beccano uno su mille se va bene. Quindi di cosa ci indigniamo? Non so quale sia il criterio con cui i magistrati beccano quell’uno su mille, oppure lo so e sorvolo, ma cambia poco: per come è concepito, il sistema produce corruzione. Piercamillo Davigo, uno dei magistrati del pool di Milano che fece Mani Pulite ha dichiarato che nelle regioni italiane dove non ci sono condanne per corruzione vuol dire che la corruzione è molto più diffusa! Infatti significa che il sistema è talmente condiviso a tutti i livelli da risultare chiuso alle inchieste, un funzionamento senza sbavature. E’ evidente, aggiungo io, che anche parte della magistratura è connivente e quindi possiamo fare tutte le leggi che vogliamo senza che le cose cambino.

- La spesa pubblica va ridotta, ma soprattutto va concepita in modo diverso, sono ripetitivo, ma il cuore dei problemi italiani è quello. La spesa dello Stato per la scuola è 80 miliardi? Bene quei soldi vanno dati agli studenti che li spenderanno per istruirsi. La scuola pubblica continua ad esistere, ma invece di mantenersi con i trasferimenti si mantiene con i buoni studio che incassa dagli studenti. Sono 80 miliardi immediatamente sottratti al gioco delle tangenti. Il funzionario onesto che non prende tangenti dai fornitori finalmente vedrà riconosciuti i suoi meriti, perché la sua scuola pagherà meno gli acquisti e avrà più soldi per erogare i propri servizi, pagare di più gli insegnanti e così via. Operando in questo modo su scuola e sanità una grossa fetta di corruzione verrebbe meno e si potrebbero concentrare i controlli sulle opere pubbliche.

Eppure nonostante tutta l’antipolitica che dilaga, spesso gli italiani scelgono di continuare ad aumentare il potere dei partiti. Io non sono contro lo Stato, ma lo Stato per essere forte, utile e autorevole e per assolvere la sua funzione fondamentale, che è quella di tutelare i diritti dei cittadini, non ha bisogno di depredare metà dei loro stipendi come avviene oggi.

giovedì 5 aprile 2012

Meglio 40 anni da leone che un giorno da pecora

Ma chi non è stato pecora, o coniglio, per un giorno? Quarant’anni sono un capitolo che si chiude e ti inducono a ripensare a ciò che è stato e qualche volta sì, anch’io sono stato pecora o coniglio, ma tutto sommato sono soddisfatto per come ho sempre cercato di vivere invece da leone o meglio da guerriero. Per questo per i miei primi quarant’anni mi sono regalato un drago. Il drago è simbolo della sfida, delle forze oscure e della saggezza. Perché è entrando nella grotta e combattendo il drago che si può conquistare il tesoro, cioè raggiungere la saggezza, la consapevolezza di sé. Il drago è il nemico più pericoloso perché è il nemico che si cela dentro di noi: sono le nostre paure, i nostri difetti, le nostre debolezze. Il drago mi ricorda le mie virtù, il mio valore e le volte che non sono stato all’altezza, mi ricorda le vittorie e le sconfitte. Mi ricorda ciò per cui bisogna lottare: i valori e le persone care.

mercoledì 28 marzo 2012

Gesù era comunista?

Il marketing politico della sinistra, soprattutto quella italiana, è insuperato e insuperabile. Ti martellano con dei concetti seducenti, cui è bello e rassicurante credere.

Gesù è stato il primo comunista! E’ una di quelle frasi che viene buttata lì per spiazzare l’uditorio e che fa facilmente breccia. A quel punto, soprattutto se chi ascolta è un credente, c’è poco da replicare: se era comunista il figlio di Dio, chi sono io per non esserlo?

Pensandoci un attimo qualche obiezione mi sorge spontanea:

Parlare di socialismo e comunismo prima della rivoluzione industriale, ha lo stesso senso di dire che Gesù è stato il primo Juventino. Le regole del calcio non erano state ancora codificate credo, quindi fate voi. Peraltro è probabile che avrebbe seguito maggiormente il basket, che mi sembra più popolare da quelle parti.

L’atteggiamento di Gesù verso la ricchezza è di distacco. Non mette mai l’avanzamento materiale dei poveri come l’obiettivo della sua azione, la frase ambigua al ricco è uno dei pochissimi accenni sul tema. Del resto già i filosofi greci vedevano nell’eccessivo attaccamento agli oggetti terreni un ostacolo per la crescita spirituale.

Il suo messaggio non ha una dimensione politica, Gesù parla alle persone. E’ ovvio che se sommiamo i singoli comportamenti si hanno grandi cambiamenti a livello sociale e politico ed anche il politico che prende decisioni è una persona. Ma Gesù non prende mai in considerazione il modello sociale o politico; il cristiano può e deve muoversi all’interno di un impero, come di una repubblica, in uno stato libero o totalitario, del resto è significativo che Gesù non aspirasse al trono. Sicuramente nella società ebraica dell’epoca il suo messaggio era rivoluzionario. Nel momento in cui mette in discussione l’autorità del clero e degli scribi, e la loro interpretazione della legge biblica, ad esempio opponendosi alla lapidazione dell’adultera, o al riposo del sabato, pone in essere un atto rivoluzionario, che non a caso suscita una reazione che lo porterà sulla croce. Però mi sembra decisamente un atteggiamento più libertario che statalista, infatti quando la Chiesa diventerà potente tenderà ad accantonare quella parte del messaggio evangelico.

L’uguaglianza di cui parla Gesù non è materiale, proprio perché non è quello che ha importanza nella vita. E’ ovvio che se ami il prossimo lo aiuti, anche economicamente, ma questo non significa certo organizzare la società attraverso l’esproprio, anzi una cosa esclude l’altra. Se è altruismo si agisce in prima persona, nel caso del comunismo o del socialismo si vuole che sia un altro ad agire al nostro posto. Cioè è una solidarietà fatta con i soldi degli altri.

Le prime comunità cristiane mettevano in comune i propri beni: questa è una facoltà pienamente riconosciuta all’interno di una economia libera. Gli uomini spontaneamente si associano, creano strutture sociali, cooperano. Più lo Stato invade, imponendo la sua azione coercitiva, prelevando, tassando, espropriando, meno le comunità possono cercare la propria strada, né hanno lo stimolo o le risorse per farlo.

venerdì 16 marzo 2012

Lavoro, lavoro... o disoccupazione

Il progresso economico avviene con il cambiamento. I capitali investiti lasciano settori non più profittevoli o superati e si dirigono verso nuovi settori o vecchi settori tornati interessanti. Gli investimenti sbagliati producono perdite e contrazione nel volume di prodotti e servizi erogati, i capitali investiti con profitto producono espansione della produzione. Un sistema dove i lavoratori passano dalle vecchie produzioni alle nuove è un sistema in evoluzione. Le politiche per l’occupazione più efficaci sono quelle che agevolano questa transizione, quelle che aiutano i lavoratori a cambiare, a riqualificarsi, a superare senza traumi il periodo di riallocazione. Che effetti avrebbe avuto una politica economica statale anticiclica volta a mantenere in vita le fabbriche di carrozze trainate dai cavalli, quando nel mondo si cominciava a vendere automobili?

La chiusura delle imprese inefficienti, non significa la sparizione dei relativi fattori di produzione, ragion per cui l’analogia con la selezione naturale non è corretta: un animale morto è fuori dal gioco. Invece le persone e i macchinari coinvolti nella precedente esperienza potranno essere reimpiegati in nuove attività economiche. Sicuramente questo processo di riconversione ha dei costi, talvolta elevati, talvolta in grado di bloccare il sistema economico per lungo tempo.

Spesso questa ovvia constatazione viene fraintesa, deducendo che la disoccupazione sia un elemento necessario al capitalismo o all’economia di mercato. Tale fraintendimento nasce anche dal concetto marxista di “esercito di riserva”. Ma si tratta in entrambi i casi di un’inversione tra causa ed effetto. Lo sviluppo economico non necessita di disoccupati da cui attingere, ma lo sviluppo economico produce disoccupati che sono temporanei a meno che politiche sbagliate non li facciano diventare di lungo corso.

La remunerazione del lavoro dipende dalla saggio di profitto del capitale, detto in parole povere, se un’attività, ad esempio una pizzeria, consegue molti utili, potrà pagare buoni stipendi a tanti dipendenti, in caso contrario bassi stipendi a pochi o nessuno. E’ vero che tutto ciò dipende anche dal numero di pizzaioli e camerieri disponibili. Ma se tutti smettono di mangiare pizza e mangiano sushi, così come se tutti comprano automobili invece di calesse, la presenza di un esercito di riserva di pizzaioli ed ebanisti non è di alcun giovamento al sistema economico, sia che questo sia capitalista o meno, e indipendentemente dal fatto che il capitale sia privato o pubblico. E’ ovvio anche che se lo Stato interviene prendendo soldi dal settore automobilistico per tenere aperte le fabbriche di calesse, sta riducendo la profittabilità del primo settore a vantaggio del secondo e… a svantaggio di tutti. Il lavoro non si può inventare, se per abbassare la disoccupazione una Regione assume cento persone per contare i gabbiani che volano, si capisce che in realtà sta distruggendo occupazione e che le risorse di quel posto di lavoro ne avrebbero potuto creare un numero maggiore se inserite in un’attività di mercato. Del resto si può confrontare il dato sull’occupazione di alcune regioni del sud Italia con quelle del nord per averne la riprova (anche se questa non è ovviamente l’unica causa della disoccupazione al sud).

La disoccupazione in Italia non nasce purtroppo da un eccesso di innovazione o dalla robotizzazione delle fabbriche. E’ piuttosto dovuta al peso fiscale, alle leggi sul lavoro, alla formazione inadeguata e chi ne fa le spese sono le categorie più deboli, quelle che a parole tutti difendono, ma poi nella sostanza non si fa nulla per migliorarne la condizione.

venerdì 2 marzo 2012

2 marzo 1969 guerra tra URSS e Cina


Cina e URSS formalmente alleate in nome del comunismo, avevano profonde differenze culturali e ideologiche. L’URSS aveva impostato la propria politica estera imponendo una sorta di vassallaggio a tutti i paesi comunisti. La Cina però era semplicemente troppo grande, ambiziosa e nazionalista per poter restare in quella posizione a lungo. Dopo la morte di Stalin, le critiche di Mao all’imperialismo sovietico e al revisionismo di Krusciov furono il segnale che tra i due giganti era cominciata una rivalità e la posta in palio era la supremazia sui movimenti comunisti in tutto il mondo. In questo clima sorsero dispute territoriali e incidenti di frontiera.

Per i cinesi i trattati che fissarono i confini tra Russia zarista e Cina durante il XIX secolo furono delle annessioni subite con la forza.

A partire dagli anni ’60 quindi quei “quegli iniqui trattati” furono la causa, o il pretesto, per alimentare tensioni crescenti con i sovietici.

Già nel 1964 un vasto territorio nel Pamir sovietivo fu reclamato dalla Cina, che in negli anni precedenti era stata impegnata a riscrivere, con la forza delle armi, il confine verso l’India.

L’URSS aveva uno strapotere bellico indiscutibile nei confronti del vicino, ma la Guerra Fredda era la sua priorità, inoltre anche la Cina era diventata una potenza nucleare, rendendo impraticabile l’opzione militare come soluzione della disputa.

Lo scenario dove si svolse lo scontro più grave fu l’isola di Zenbao (o Damansky) in mezzo al fiume Ussuri che fa da confine tra i due paesi.

Il 2 marzo 1969 truppe cinesi attaccarono, o meglio tesero una trappola, alle guardie di confine sovietiche sull’isola di Zhenbao, provocando decine di morti e molti feriti. La reazione sovietica respinse l’incursione e nei giorni successivi i sovietici bombardarono la sponda opposta dell’Amur fino ad espellere le truppe nemiche e riprendere il possesso dell’isola.

Nessuno dei contendenti mostrò la volontà di estendere il conflitto, l’anno precedente l’URSS era intervenuta in Cecoslovacchia stroncando con la forza la Primavera di Praga ed era impegnata a sostenere il Vietnam del Nord contro gli Stati Uniti. La Cina, dove imperversava la Rivoluzione Culturale che la porterà allo sfascio, sembrava appagata dall’azione dimostrativa.

Secondo l’interpretazione più comune questi scontri furono la causa dello storico e clamoroso riavvicinamento tra Cina e USA che sfocerà nel viaggio di Nixon del 1972.

Secondo altri fu invece proprio il desiderio cinese di cambiare la politica estera ed appoggiarsi agli USA, la causa che li spinse a cercare questi incidenti di confine con l’URSS.

La questione dei confini settentrionali cinesi è stata chiusa solo nel 2004 con un accordo con la Russia che ha stabilito la linea di confine.

Restano sul tappeto molte altre rivendicazioni e questioni aperte con India, Giappone, Vietnam, Filippine, Malaysia, Taiwan… che Pechino non sembra né voler dimenticare, né tantomeno mostrarsi accomodante, soprattutto oggi che sta diventando sempre più potente.

mercoledì 29 febbraio 2012

5 anni da blogger

Sono passati cinque anni da quando iniziai a scrivere questo blog. Mi sembra incredibile ma è così. Di solito si inizia un blog spiegando i perché e i percome nel primo post, io invece ho aspettato che arrivasse il momento giusto, ed è arrivato.

Innanzitutto scrivo perché mi piace scrivere, mi aiuta a mettere in ordine i pensieri, a mettere alla prova le mie convinzioni, perché un conto è avere un’idea, un altro è metterla per iscritto, spiegarla.

Che tipo di blog ho voluto creare? Il mio blog è la versione moderna del messaggio nella bottiglia, viene lanciato nel mare di internet e prima o poi, in qualche posto, chissà quando qualcuno si imbatterà nel messaggio e ci troverà qualcosa di interessante.

Non è un blog facile. Non è un blog leggero. I pochi che si avventurano nella lettura devono essere molto motivati! Non è fatto di slogan, non è fatto di copia e incolla, non ripete i titoli dei giornali. Anzi uno degli scopi del blog è instillare dubbi, mostrare l’altra faccia della medaglia, ribaltare i luoghi comuni, quando non proprio sbugiardare le verità che vengono passate dall’informazione ufficiale. La quale vive in uno stato di conformismo deprimente e di monopolio culturale. Nei talk show vanno sempre le stesse persone che ripetono stancamente la propria parte da anni, dicendo le stesse cose e non c’è mai spazio per una visione diversa, alternativa, quella che invece si può trovare qui.

Spesso il mondo dei blogger viene descritto come una massa di frustrati, egocentrici, maniaci, creduloni, turpiloquianti, poco colti che sfogano con gli insulti la propria rabbia.

A volte è così.

Ma, se si cerca, tra i blog si può trovare anche tanta buona informazione, persone che pensano, ragionano e scrivono in modo non banale. E’ un modo diverso, un modo in più, per imparare e per riflettere. Spesso inoltre il blogger ha dei vantaggi decisivi nei confronti del giornalista: può parlare solo di ciò che conosce bene, non deve vendere il proprio prodotto, non deve vendere sé stesso.

E quindi può riportare i fatti anche se sono scomodi, o impopolari.

Per chiudere, ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito fino ad oggi, gli affezionati che tornano e gli occasionali.

Se intuite qualcosa che non riuscite a spiegarvi, sentite solo che c’è; se è tutta la vita che avete la sensazione che c’è qualcosa che non quadra nel mondo, non sapete bene di che si tratta ma l’avvertite… bene, anche in futuro potete tornare e vedere che, spesso, le cose non si riescono a capire perché le spiegazioni che ci danno sono sbagliate, scriverò ancora per esplorare insieme quanto è profonda la tana del bianconiglio.

domenica 19 febbraio 2012

19 febbraio 1942. Attacco all'Australia.

L’avanzata del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale è una delle più strabilianti guerre di conquista di tutta la storia militare. Il Giappone, già in guerra da alcuni anni con il paese più popoloso del mondo, la Cina, di cui occupa praticamente tutta la parte costiera, scatena un’offensiva che porta all’attacco di Pearl Harbour ed alla conquista in pochi giorni di Singapore (perno della presenza militare britannica nell’area) e nei mesi successivi di Malesia, Indonesia, Filippine, Birmania. Sotto controllo giapponese è anche, con il “consenso” del governo di Vichy, l’Indocina francese.

In questo contesto il 19 febbraio 1942 una squadra navale giapponese composta da quattro portaerei sferra un attacco aereo contra la città australiana di Darwin. Il bombardamento si concentra sulla zona portuale e le infrastrutture, provocando molti danni ed alcune centinaia tra morti e feriti. Sembra il preludio ad un’invasione, del resto la città di Darwin, unico grande centro del nord dell’Australia dista migliaia di chilometri dalle città principali del paese, situate nella zona sudorientale.

L’invasione però non si concretizzò. Il fronte su cui erano impegnate le forze del Sol Levante era diventato immenso e la forza propulsiva dell’espansione si esaurì. Nel frattempo le forze armate americane, sottodimensionate rispetto alle esigenze della guerra, riducevano di mese in mese il gap con i propri avversari, arrivando ben presto a sovrastarli con una produzione bellica irraggiungibile per il resto del mondo.

Le incursioni aeree giapponesi sull’Australia settentrionale continuarono fino alla fine del 1943, quando il riflusso dell’Impero Nipponico mise l’Australia fuori dalla portata delle sue forze aeronavali.

venerdì 10 febbraio 2012

W gli Anni Ottanta. Atto terzo.

C’è ancora qualcosa da dire sugli Anni Ottanta? Sì, ancora
una cosa: vengono rappresentati come un miscuglio di edonismo egoista,
consumismo, disimpegno, ma tutto ciò fu semplicemente una reazione immunitaria
alla grottesca caricatura che della parola “impegno” fu data nel decennio
precedente.
Tutte le epoche, i decenni, i periodi portano con sé novità
positive e negative e questo vale per gli Anni Settanta, Ottanta e tutti gli
altri. Quello che rigetto è il luogo comune sull’impegno degli Anni Settanta,
successivamente dimenticato e tradito.
Impegnarsi di per sé implica fare qualcosa di concreto,
mentre il cosiddetto impegno politico era diventato un blaterare vuoto su
sistemi che non possono stare in piedi nemmeno nel mondo dei fumetti. Parlare
di valori, come alcuni fanno ancora oggi, ricorrendo a quella voce triste e
grave, condendoli con tutti gli stereotipi e i luoghi comuni possibili, con
l’ipocrisia di chi li usa come arma di propaganda a senso unico, ecco così
facendo i valori si svuotano, perdono di significato. Un po’ come quando senti
parlare Fabio Fazio di legalità e ti viene voglia di violare qualche legge.
L’impegno degli anni Settanta, che tanti rimpiangono, è stato seppellito da
Fantozzi quando decreta che la Corazzata Potionki è una cagata pazzesca, è stato
seppellito dalla noia mortale di personaggi che si prendono troppo sul serio,
che parlano di lavoro e non hanno mai lavorato, parlano di contratti e non
hanno mai assunto nessuno, ma soprattutto da quel tono da salvatori del mondo,
da moralizzatori, educatori del popolo. Anch’io parlo di cose noiose, leggo,
scrivo, guardo cose noiose, ma mica per questo mi sento il Mosè della
situazione che guida il popolo verso la terra promessa ed infatti appena ho
l’occasione alleggerisco, sdrammatizzo. Quell’impegno è stato seppellito
dall’intolleranza, dalla violenza, dalla pretesa di uniformare tutti e tutto
alle verità comode preconfezionate, di presumere di essere sempre dalla parte
di chi ha ragione e mai del torto.
Quell’impegno si è addormentato per non aver saputo distinguere
tra cosa significa essere persone serie e la seriosità di chi non è capace di
ridere, di scherzare, di divertirsi. Perché la seriosità e la pallosità è
giustificabile se uno lavora, fa qualcosa di utile, allora lo sopporto, ma la
seriosità unita alle chiacchiere, è inutile, è dannosa, è deprimente, è una
perdita di tempo.
Chi denigra gli Anni Ottanta dice che prima si voleva
cambiare il mondo! Sì ma come? In peggio forse. Grazie al Sessantotto adesso ci
si può sposare anche se non si è vergini, d’accordo, ma a parte questo che cosa
c’è da celebrare? Il rito di andare a tirare sassi alla polizia e poi
propinarci il vittimismo se la polizia s’incazza?
Non si può sempre associare il bene con la mortificazione,
la privazione, il mondo migliora anche sprigionando l’entusiasmo, l’energia, la
positività, dissacrante, ironica, dinamica, divertente, che cova dentro ogni
essere umano! I sacrifici vanno bene per migliorare sé stessi, non come ricetta
da propinare al prossimo. E poi all’epoca persino a sinistra si divertivano e
ridevano, i miei amici “sinistri” leggevano avidamente Cuore e si davano da
fare per sostenere che un sogno legittimo nella vita è “farsi praticare sesso
orale da una nota (e bona) showgirl”*.
Non sono gli Anni di Plastica contro gli Anni di Piombo,
semmai sono gli anni delle patatine
fritte, contro gli anni dell’aria fritta. Per questo li apprezzo… anche se non mangio
patatine fritte!


*La locuzione originale era po’ più esplicita.

mercoledì 1 febbraio 2012

La crisi è finita. Comprate BTP.

La crisi è finita: comincia la stagnazione.

Arrivati a un passo dal baratro la politica ha preso la (non) decisione più scontata: nessun Stato europeo deve fallire. Tutti i buoni propositi con cui era nata la BCE sono stati rinnegati ed è chiaro che la BCE interverrà in modo sempre più massiccio per cui non mancheranno compratori per i Titoli di Stato. Questo è quello che è accaduto negli ultimi mesi e sarà così anche in futuro.

Senza l’intervento della BCE, l’Italia e gli altri Stati più deboli sarebbero già falliti e con loro molte banche.

Tutto sommato potrebbe essere anche la scelta giusta, soprattutto se veramente si rinuncerà anche alla politica dei deficit di bilancio perenni e dei debiti statali in costante aumento.

Restano però due problemi principali:

1 – La creazione di liquidità da parte della BCE ha salvato la situazione ma è un frutto avvelenato, porterà a scompensi futuri e comunque è un impoverimento generale. Basta fare benzina per accorgersene. Eppure non basta mai, un coro incessante chiede a Draghi di allargare sempre più i cordoni, fare il prestatore di ultima istanza (cosa che in pratica già fa), stimolare la crescita come la FED (i soldi che “presta” all’1% alle banche non rientrano nella categoria?) , salvo poi piangere pensando a quanto costavano le cose prima dell’Euro (peraltro anche qui dimenticandosi che con la lira il potere d’acquisto diminuiva ancora più velocemente). Comunque non si può prevendere la portata di questi scompensi e delle bolle future, poniamo che questi danni collaterali potrebbero anche essere limitati, resta il secondo fardello da sopportare:

2 – Ancora più preoccupante è infatti il secondo problema: anche se l’Italia e gli altri paesi europei riusciranno a giungere al pareggio di bilancio, stabilizzando la situazione sui mercati finanziari e scongiurando per il momento guai peggiori al sistema bancario, lo faranno con un livello di pressione fiscale e di spesa pubblica elevatissimo. Un livello tale da risultare incompatibile con uno sviluppo economico che possa portare a benefici diffusi. Soprattutto in uno scenario mondiale che si va complicando e con le materie prime sempre più costose.

La nostra Italia ne è l’esempio più eclatante. Occorre ripensare il modello economico e creare uno Stato sociale che sia tale non solo di nome come quello attuale. Per adesso non vedo segnali in questo senso, anzi proprio i più accaniti critici della casta dei partiti, sono quelli che ne chiedono ad ogni occasione l’ampliamento dei poteri.

martedì 24 gennaio 2012

Liberalizzazioni inutili, alternative mancanti

Puoi lubrificare il motore quanto vuoi, ma con una cinquecento non puoi trainare il rimorchio di un camion.

Sono favorevole in generale a tutto ciò che rimuove gli ostacoli a chi vuole intraprendere un’attività, ma applicare all’Italia le liberalizzazioni appena varate, non sortirà effettivi tangibili fino a quando permane il peso insostenibile di uno Stato che occupa metà dell’economia italiana. Non entro nel merito dei singoli provvedimenti, alcuni dei quali discutibili, altri liberalizzano solo di nome, in coerenza con un’impostazione dirigista, la stessa che viene applicata ad esempio dalle autorità antitrust italiane ed europee; l’impostazione per cui si dice di voler salvaguardare la concorrenza ma in realtà si vuole stabilire chi, cosa, quando e come produrre.

Ma questo ha poca importanza, ciò che conta è che il sistema italiano non regge la struttura statale che si è dato.

Chi invece osteggia per principio le liberalizzazioni e vaneggia circa la necessità di nuovi New Deal dovrebbe riflettere su due fatti:

1 – L’unico vero successo del New Deal fu di immagine, o di marketing se preferite, cioè far credere che abbia funzionato, cosa non vera.

2 – Tornare a quel modello sarebbe in effetti un successo, sapete perché? Perché all’epoca lo Stato pesava molto meno di oggi! Sia in Europa che negli Stati Uniti.

In realtà è lo stesso sviluppo tecnologico ed economico a consentire l’espansione della spesa pubblica. Oggi un lavoratore italiano lavora fino al 24 giugno per lo Stato e poi per sé e la propria famiglia. Nei tempi antichi i signori non potevano pretendere tanto dai propri sudditi e servi perché altrimenti li avrebbero condannati a morire di fame. I compenso i signori erano pochi e i servi tanti, quindi i padroni potevano contare comunque su ottime entrate, oggi la platea di coloro che vivono di spesa pubblica è molto più estesa e questo pone problemi di riforma ben maggiori.

Detto ciò i gusti individuali sono insindacabili. Comprendo bene che si possa desiderare un ruolo ancora maggiore dello Stato a prescindere da qualunque controindicazione, magari arrivando fino all’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e stipendi uguali per tutti. Legittimo desiderarlo, auspicabile però trovare nuovi mezzi, nuove idee per conseguire il fine. Rimanere ancorati alle partecipazioni statali pentapartitiche, all’IRI fascista, ai soviet, alla lotta di classe di ottocentesca memoria, come ispirazioni per il ruolo dello Stato nell’economia nel XXI secolo, mi sembra una mancanza sconcertante di idee innovative.

lunedì 16 gennaio 2012

La vera colpa delle agenzie di rating

Dallo scoppio della crisi si fa un gran parlare delle agenzie di rating, ma di tutte le accuse che vengono mosse a Standard & Poor’s e simili, manca la più importante: non aver fatto l’abbassamento del rating prima e con prima intendo anni fa. Molti economisti denunciavano l’insostenibilità dei debiti e del sistema finanziario, eppure le agenzie di rating confermavano l’affidabilità assoluta degli emittenti. L’hanno fatto per incapacità o per interesse? Probabilmente per entrambe le ragioni. Sia come sia, non sono state in grado di fare il proprio lavoro, così come ampiamente dimostrato in passato (caso Lehman Brothers su tutti), declassare oggi è come fare un pronostico su una partita durante i minuti di recupero: sono capaci tutti e ci si azzecca quasi sempre.

Queste agenzie operano in regime di oligopolio, sancito talvolta dalla legge, operano in conflitto di interessi, perché non possono essere chiaramente indipendenti da coloro che ne sono proprietari e arrivano sempre in ritardo. Però tutto ciò non può essere una scusa per dire che i paesi dell’euro meritino voti migliori! Si può affermare semmai che i voti riferiti ad altri sono ancora troppo generosi.

C’è un altro aspetto dell’ultimo declassamento che non viene colto: potrebbe anche essere un segnale che il peggio è passato. Supponiamo che chi può influenzare i rating, in questi mesi si sia alleggerito il portafoglio titoli vendendo bond italiani, spagnoli, francesi. Se questi grandi investitori ritengono che tutto sommato non si arriverà al default, quale mossa migliore che un doppio declassamento per ricomprarsi i titoli a prezzo più basso e (in tempi di tassi vicini allo zero!) incamerare ricche cedole.

E’ una ricostruzione di fantasia, ma più logica di tanti improbabili complotti che si celerebbero dietro la crisi. I ricchi e potenti hanno uno scopo principale: guadagnare. Altre finalità, come distruggere l’Euro o cambiare governi sono tuttalpiù effetti collaterali, magari a volte graditi e auspicati, ma sui quali non credo qualcuno sia disposto a rischiare il proprio (ingente) patrimonio.

Intendiamoci, è ovvio che i complotti esistano, ma di solito operano cogliendo le occasioni che si presentano. Sicuramente il governo Berlusconi dava fastidio a qualcuno, ma pensare che si possa creare dal nulla la crisi finanziaria o la rivolta libica per abbatterlo non è credibile, che si sia approfittato degli eventi per dargli una spinta, fa parte del gioco.

Viene spesso riportata la Rivoluzione Arancione come esempio di rivoluzione creata a tavolino, ma le Rivoluzioni non si creano a tavolino, ci devono essere delle precondizioni e poi si possono appoggiare, incoraggiare, alimentare ma non inventare.

Comunque, complotti o no, le agenzie di rating non sono credibili. Purtroppo, i politici che le criticano, nemmeno.

venerdì 13 gennaio 2012

La sovrapproduzione (di minchiate) all'origine della crisi


La crisi che stiamo vivendo viene interpretata da ciascuno secondo il proprio credo, per cui ci troviamo di fronte a spiegazioni tra loro opposte: ad esempio c’è chi dice che quando le Banche Centrali obbedivano alla politica e stampavano soldi a tutto spiano le cose andavano meglio, c’è chi dice che proprio l’abuso nell’offerta di moneta abbia generato la crisi (io propendo più per la seconda ipotesi ma non è di questo che tratto oggi). C’è chi invece si concentra sugli aspetti produttivi e quindi afferma che la scarsità delle risorse sta alla base del declino, chi invece afferma che la crisi nasce perché si produce troppo. Mi voglio soffermare su quest’ultimo aspetto. Produrre troppo è un concetto vago: che cosa significa troppo? Che nessuno vuole un certo prodotto o che il prodotto è troppo caro e quindi non lo si può comprare? In ogni caso se c’è un eccesso di produzione vuol dire che ci sono stati investimenti sbagliati e questo è insito nella natura del capitalismo: c’è chi azzecca le previsioni e chi no. Piuttosto sono discutibili le cure che di solito vengono consigliate in questi casi.

Faccio un esempio concreto: apro una macelleria, ma lo stesso giorno tutti, eccetto uno, diventano vegetariani. C’è una sovrapproduzione di carne, a questo punto devo cambiare e vendere zucchine fritte, a meno che l’unico mangiatore di carne non sia un riccone ed allora posso provare a far diventare la carne un bene di lusso e vendere le fettine al prezzo di un Cartier. Se però lo Stato mi incentiva a tenere aperto, la sovrapproduzione continua. E’ quello che accade nel settore dell’automobile. L’intervento dello Stato è come l’irrigazione del deserto, se il flusso si interrompe la pianta muore. C’è anche un altro problema: le risorse che eroga sono prese da un’altra parte, che viene impoverita. In pratica si penalizza ciò che funziona e si perpetua quello che non funziona.

Questa ricetta che potremmo chiamare Keynesiana (o se preferite del “dai la cera togli la cera”) cerca di rimediare alla presunta carenza di consumi (peraltro dovrei essere io a decidere quando cambiare macchina e non il Ministero dello Sviluppo) “stimolandoli” in vario modo. Ma paradossalmente quando lo Stato esce dai propri compiti naturali ed interviene nell’economia induce sistematicamente sovrapproduzione perché fornisce beni e servizi non richiesti e dei quali non si sa quale sia il reale livello di domanda.

Un’altra ricetta era molto in voga negli anni passati ma ha ancora molti estimatori ed è la soluzione di Marx. Lui si concentra non tanto sui consumatori, quanto sui produttori, i quali non sanno prevedere correttamente il futuro e quindi creano le crisi economiche. Su questo potrei anche essere d’accordo, solo che la sua soluzione non mi convince molto. In pratica si dovrebbe fare così: un gruppo di persone molto dotate, chiamate avanguardia, oppure dirigenti del partito dei proletari, o con altri sinonimi del genere, sono così bravi che riescono a decidere meglio degli imprenditori cosa e quanto produrre, così non ci sono più crisi.

Non mi convincono due cose: se uno è così bravo a indovinare il futuro potrebbe fare direttamente l’imprenditore di successo e diventare ricco (e poi siccome è comunista divide con gli altri tutto quello che ha guadagnato). In questo modo non perde tempo a discutere con gli altri dell’ufficio politico, che magari non sono tutti geniali come lui.

L’altra cosa che non mi convince è questa: i personaggi superdotati dell’ufficio politico sanno che cosa è bene per tutta la popolazione e provvedono a soddisfarla, ma se per ipotesi sbagliassero qualcosa? Chi glielo dice, chi li fa smettere? Cioè: il macellaio di cui sopra deve cambiare mestiere altrimenti muore di fame, questi invece anche se sbagliano possono tranquillamente andare avanti, soprattutto se, assieme a tutte le attività economiche, queste supermenti collettiviste controllano anche polizia, esercito, sistema giudiziario…. In pratica: se alzi la mano e dici: ehi, secondo me si dovrebbe fare in un altro modo e ti becchi una pallottola….

Insomma la sovrapproduzione ha delle responsabilità nella crisi attuale, ma più che la sovrapproduzione di beni, la sovrapproduzione di idee contorte e convinzioni che non reggono alla prova dei fatti.