venerdì 10 febbraio 2012

W gli Anni Ottanta. Atto terzo.

C’è ancora qualcosa da dire sugli Anni Ottanta? Sì, ancora
una cosa: vengono rappresentati come un miscuglio di edonismo egoista,
consumismo, disimpegno, ma tutto ciò fu semplicemente una reazione immunitaria
alla grottesca caricatura che della parola “impegno” fu data nel decennio
precedente.
Tutte le epoche, i decenni, i periodi portano con sé novità
positive e negative e questo vale per gli Anni Settanta, Ottanta e tutti gli
altri. Quello che rigetto è il luogo comune sull’impegno degli Anni Settanta,
successivamente dimenticato e tradito.
Impegnarsi di per sé implica fare qualcosa di concreto,
mentre il cosiddetto impegno politico era diventato un blaterare vuoto su
sistemi che non possono stare in piedi nemmeno nel mondo dei fumetti. Parlare
di valori, come alcuni fanno ancora oggi, ricorrendo a quella voce triste e
grave, condendoli con tutti gli stereotipi e i luoghi comuni possibili, con
l’ipocrisia di chi li usa come arma di propaganda a senso unico, ecco così
facendo i valori si svuotano, perdono di significato. Un po’ come quando senti
parlare Fabio Fazio di legalità e ti viene voglia di violare qualche legge.
L’impegno degli anni Settanta, che tanti rimpiangono, è stato seppellito da
Fantozzi quando decreta che la Corazzata Potionki è una cagata pazzesca, è stato
seppellito dalla noia mortale di personaggi che si prendono troppo sul serio,
che parlano di lavoro e non hanno mai lavorato, parlano di contratti e non
hanno mai assunto nessuno, ma soprattutto da quel tono da salvatori del mondo,
da moralizzatori, educatori del popolo. Anch’io parlo di cose noiose, leggo,
scrivo, guardo cose noiose, ma mica per questo mi sento il Mosè della
situazione che guida il popolo verso la terra promessa ed infatti appena ho
l’occasione alleggerisco, sdrammatizzo. Quell’impegno è stato seppellito
dall’intolleranza, dalla violenza, dalla pretesa di uniformare tutti e tutto
alle verità comode preconfezionate, di presumere di essere sempre dalla parte
di chi ha ragione e mai del torto.
Quell’impegno si è addormentato per non aver saputo distinguere
tra cosa significa essere persone serie e la seriosità di chi non è capace di
ridere, di scherzare, di divertirsi. Perché la seriosità e la pallosità è
giustificabile se uno lavora, fa qualcosa di utile, allora lo sopporto, ma la
seriosità unita alle chiacchiere, è inutile, è dannosa, è deprimente, è una
perdita di tempo.
Chi denigra gli Anni Ottanta dice che prima si voleva
cambiare il mondo! Sì ma come? In peggio forse. Grazie al Sessantotto adesso ci
si può sposare anche se non si è vergini, d’accordo, ma a parte questo che cosa
c’è da celebrare? Il rito di andare a tirare sassi alla polizia e poi
propinarci il vittimismo se la polizia s’incazza?
Non si può sempre associare il bene con la mortificazione,
la privazione, il mondo migliora anche sprigionando l’entusiasmo, l’energia, la
positività, dissacrante, ironica, dinamica, divertente, che cova dentro ogni
essere umano! I sacrifici vanno bene per migliorare sé stessi, non come ricetta
da propinare al prossimo. E poi all’epoca persino a sinistra si divertivano e
ridevano, i miei amici “sinistri” leggevano avidamente Cuore e si davano da
fare per sostenere che un sogno legittimo nella vita è “farsi praticare sesso
orale da una nota (e bona) showgirl”*.
Non sono gli Anni di Plastica contro gli Anni di Piombo,
semmai sono gli anni delle patatine
fritte, contro gli anni dell’aria fritta. Per questo li apprezzo… anche se non mangio
patatine fritte!


*La locuzione originale era po’ più esplicita.

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