domenica 19 dicembre 2010

Tommaso Padoa Schioppa. Preferisco ricordarlo così.

Tommaso Padoa Schioppa resterà nella memoria collettiva per la sua breve parentesi di Governo, che molti, me incluso, considerano infelice e per alcune ben note e discutibili esternazioni giornalistiche. Ma la realtà è sempre molto più complessa delle banali e interessate semplificazioni dei media e siccome in questo blog si va sempre contro corrente e si mette in luce quello che i professionisti dell’informazione nascondono sotto il tappeto, io lo ricordo per un’intervista del 2005 che cito testualmente e di cui condivido in gran parte il contenuto: “«Se noi avessimo difeso Kodak e Ford, la Microsoft sarebbe sorta non in America ma in un altro Paese», osservava qualche settimana fa un amico economista americano. Si limitava a ricordare quel carattere del mercato concorrenziale, che si chiama distruzione creativa. Carattere, a vero dire, non del solo mercato ma della vita stessa. «Muori e diventa» (stirb und werde) dice un verso di Goethe; per non ricordare il passaggio delle Scritture sulla necessità che il seme muoia perché la pianta nasca. In astratto è una legge che conosciamo, ma ogni giorno vediamo quanto sia difficile accettarla per la nostra impresa, il nostro posto di lavoro.
L’ economia italiana non riprenderà vigore senza un combinarsi di costruzione e distruzione: imprese o settori che declinano e scompaiono, altri che nascono e prosperano. Le periodiche statistiche de Il Sole 24 Ore mostrano che mobile, scarpa, macchine utensili crescono in certe regioni o distretti, calano in altri. L’ impresa più capace di indovinare il prodotto che piacerà, di contenerne il costo, di organizzarne la vendita porta via clienti all’ impresa meno capace; se confrontiamo le due, vediamo che nella prima gli operai di solito non sono più meritevoli che nella seconda, ma sono più bravi il padrone, il sindacalista, il progettista.
È quasi impossibile che la costruzione proceda tanto in fretta da evitare la pena della distruzione: posti di lavoro perduti, aziende che chiudono. L’ avvio del nuovo difficilmente comincia prima che morda il bisogno. La necessità aguzza l’ ingegno. La straordinaria crescita industriale della provincia di Reggio Emilia iniziò, oltre quaranta anni fa, dalla riconversione in imprenditori di maestranze rese senza lavoro dalla chiusura delle Officine meccaniche reggiane.

Chi stabilisce che cosa distruggere e che cosa costruire? Noi, non lo Stato o il sindacato; noi, quando scegliamo tra un volo Easy Jet e un volo Alitalia, tra un Cd Naxos e uno Sony. A Stato e sindacato, invece, compete di organizzare quella solidarietà sociale pubblica che è vanto della civiltà europea contemporanea e che permette alla distruzione creativa di compiersi col minore sacrificio.”

sabato 18 dicembre 2010

Camminata fino al Kuhleiten

Con qualche mese di ritardo propongo questa camminata: partenza dalla Malga Taser (mt 1450) nel comune di Scena, dove si può arrivare con una funivia. Dopo circa un’ora di strada senza particolari dislivelli si arriva alla baita Streitweider (mt 1560), da qui comincia una salita praticamente ininterrotta che dopo un’ora e mezza conduce al rifugio Kuhleiten (mt 2360).








lunedì 6 dicembre 2010

Afghanistan. Anche le armi biologiche vanno inserite in una strategia coerente.

Le armi e le azioni intraprese in una guerra devono essere coerentemente inserite nella strategia prescelta e funzionali al conseguimento degli obiettivi finali, altrimenti è un inutile spreco di risorse.

Le cronache di questi ultimi mesi segnalano un crollo della produzione afghana di oppio, le stime per il 2010 parlano di un calo interno al 50% rispetto all’anno precedente. Sulle cause non c’è univocità ma molte fonti riferiscono di una malattia che ha attaccato le piante facendo diminuire la resa per ettaro. Sappiamo che da anni vengono portate avanti ricerche per mettere a punto armi biologiche (nello specifico funghi) che possano distruggere le colture dalle quali si ricava droga.
Le malattie che colpiscono le piante sono spesso molto difficili da contrastare e con le tecnologie oggi disponibili dovrebbe essere possibile creare microorganismi in grado colpire selettivamente alcune colture. C’è quindi il sospetto che questo calo possa essere dovuto all’impiego di qualcuno di questi agenti patogeni. Già gli antichi sapevano che affamare il nemico è la forma più efficace di combattimento e, come è noto, una delle più importanti fonti di finanziamento dei Talebani sono gli introiti derivanti dalla coltivazione e dal commercio dell’oppio, di cui l’Afghanistan è il principale produttore mondiale.
Ogni arma però va inserita e coordinata nella strategia globale che si intende perseguire ed in questo caso la scelta di annientare i raccolti deve essere accompagnata da altre mosse, per non risultare controproducente.

Lo scarso raccolto sta facendo impennare i prezzi e questo potrebbe indurre quegli agricoltori che hanno abbandonato la produzione di oppio a tornare sui propri passi. In alcune province le forze occidentali hanno finanziato il passaggio ad altre colture comunque remunerative (ad esempio lo zafferano), per non vanificare questi sforzi la percentuale di distruzione deve essere mantenuta molto alta, perché è ovvio che nessun coltivatore punterebbe sull’oppio se sapesse che corre il rischio di perdere il 90% del raccolto.

Veniamo da anni in cui la produzione era cresciuta moltissimo.
I grandi raccolti delle ultime stagioni avranno provocato un aumento delle scorte da parte dei trafficanti, scorte che ora possono essere rivendute ad un prezzo maggiore. Quindi una strategia volta a soffocare le fonti di finanziamento dei Talebani deve per forza di cose avere una durata pluriennale, solo con l’esaurirsi delle scorte gli introiti crolleranno. Un solo anno non avrebbe invece un impatto significativo.

Il problema fondamentale poi è che la strategia perseguita dalla coalizione prevede un approccio che cerca il consenso della popolazione, mentre la distruzione dell’economia del nemico si accompagnerebbe (in teoria) meglio ad una strategia più simile alle guerre balcaniche, con pulizia etnica e annientamento in massa, (cosa che ovviamente la NATO non può fare). Bisogna mettere in conto quindi delle azioni per gestire la fase di transizione nelle aree controllate dai Talebani, soprattutto per evitare che il tracollo economico spinga frange della popolazione verso la lotta armata.
Parte delle forze talebane sono persone che si arruolano per denaro, prosciugare le fonti di finanziamento nemiche è funzionale al tentativo di far cambiare campo a queste forze, sapendo però che gli elementi irriducibili non cesseranno comunque di opporsi con ogni mezzo disponibile alla normalizzazione del paese.

mercoledì 1 dicembre 2010

il Manifesto dei Conservatori

Il libro “Manifesto dei Conservatori” di Roger Scruton, ha lo scopo di fare il punto su che cosa significa e cosa dovrebbe significare oggi essere Conservatore, naturalmente inteso nel senso anglosassone del termine.
Il primo spunto che merita di essere citato testualmente è una definizione di lealtà nazionale, alla quale ognuno può arrivare riflettendo autonomamente, ma che oggi sembra volutamente ignorata dai media: “noi in qualità di cittadini di stati-nazione siamo vincolati da obblighi reciproci a tutti coloro che possono vantare la nostra nazionalità, indipendentemente da famiglia o religione” “la nostra legge si applica ad un territorio definito, i nostri legislatori sono scelti fra coloro che l’abitano…” “I simboli di lealtà nazionale non sono né aggressivamente attivi, né ideologici: sono immagini pacifiche di madrepatria, del luogo al quale apparteniamo”…”non si trova alcuno di questi elementi positivi in quegli stati che siano fondati sul noi tribale o sul noi della fede” “sin da quando il poeta latino Terenzio Afro ha posto la domanda semiseria: Quis custodiet illos custodes? Il problema della responsabilità è sempre stato primario…per quanto un monarca, la classe dirigente o il partito di avanguardia possano essere benevoli non è probabile che lui o lei o loro lo rimangano a lungo se possono permettersi di rendere conto solo a se stessi… ciò significa saper mobilitare la pubblica opinione contro i governanti al punto da arrivare ad esautorarli, ma questo può accadere solo se i cittadini sono pronti a difendere il diritto di tutti alla protesta” (e all’opinione aggiungo io). “la lealtà nazionale è la roccia su cui si fondano queste posizioni… permette alla gente di vivere in una società depoliticizzata in cui gli individui hanno sovranità sulle loro vite ma, al tempo stesso, sanno che vi sarà unità nel difendere le loro libertà, anche se perseguono politiche opposte”, tutto questo è chiaramente ben applicabile all’Inghilterra, forse anche agli USA, meno alle esperienze del nostro Paese, da secoli terreno di battaglia per potenze ed ideologie provenienti dall’esterno, però suggerisce un’idea di stato-nazione svincolata dall’etnia, ma non dalla cultura, ponendo paletti molto concreti: quando la fedeltà alla tribù, alla religione o all’ideologia supera quello alla patria, la convivenza e la pace sono in pericolo.
Merita un plauso il capitolo sull’Oicofobia, termine che l’autore usa nel senso di paura della propria cultura: “nessuno….può permettersi il lusso di non essere consapevole della compiaciuta derisione rivolta alla nostra lealtà nazionale da parte di chi non avrebbe nemmeno la libertà di critica se gli inglesi, anni fa, non fossero stati pronti a morire per il proprio paese” “il ripudio dell’idea nazionale è il risultato di un particolare stato d’animo che si è sviluppato nel mondo occidentale a partire dalla Seconda Guerra Mondiale e che prevale tra le élite intellettuali e politiche….la tendenza in qualunque situazione conflittuale a schierarli con loro contro di noi e il bisogno irrefrenabile di denigrare usi e costumi , cultura istituzioni che siano tipicamente nostri” “da un punto di vista psicologico l’oicofobia è una fase tipica e normale della mente degli adolescenti, mentre negli intellettuali tende a divenire permanente”: non avrei saputo descrivere meglio, quell’odio per la nostra cultura che nel mondo dei media ci invade quotidianamente e ossessivamente, tutti i mali del mondo discendono in ordine di importanza: dagli USA, dal nostro modo di vivere, dall’Occidente in genere; la cosa buffa è che questi professionisti dell’autoinfangamento non si rendono nemmeno conto di usare tutte categorie di pensiero nate e tipiche dell’Occidente, il terzomondismo, il bolivarismo ecc. sono tutte categorie di pensiero occidentali ed inculcate altrove.
Immancabile il passo sul Relativismo: Scruton non fa altro che mettere in luce quella contraddizione che chiunque può verificare, cioè il Relativismo culturale dovrebbe mettere tutti sullo stesso piano ed invece diventa il più intollerante degli approcci, cerca in ogni modo di convincerci che la cultura occidentale è razzista, patriarcale, etnocentrica, prevaricatrice e chi non si allinea al pensiero dominante su famiglia, immigrazione, guerra e pace è un criminale. Dopo aver eliminato la religione dalle proprie vite e dalla vita pubblica, aver negato qualunque valore al sacro, al magico, i movimenti “progressisti” ne hanno assunto la forma mentis diventando intransigenti, con uno zelo missionario ed una fede nelle proprie convinzioni che non ammette prove contrarie per quanto razionali: che la battaglia sia contro il consumo di carne o riguardi temi economici oppure etici, lo zelo è da setta religiosa, infatti le tesi contrarie sono eresie o frutto di qualche potere malvagio e occulto che compra e corrompe le coscienze. Invece il senso di umorismo, autoironia o scetticismo risulta assolutamente assente, del resto in ballo c’è la salvezza dei giusti e del mondo! (peraltro secondo costoro la specie umana è responsabile di ogni male quindi non si capisce perché la vogliano salvare dai disastri e dalle apocalissi prossime venture, insomma in questo almeno San Giovanni era più coerente).

Mi sono dilungato abbastanza sugli aspetti più condivisibili del libro e da agnostico, paganeggiante e razionalista lascio l’ultima citazione a questa massima che mi è piaciuta molto, su cui ognuno farà la sua riflessione notturna: “le menzogne della fede religiosa ci consentono di percepire le verità che contano, le verità della scienza, investite di autorità assoluta, nascondono quelle che contano e rendono impercettibile la realtà umana”.