lunedì 6 dicembre 2010

Afghanistan. Anche le armi biologiche vanno inserite in una strategia coerente.

Le armi e le azioni intraprese in una guerra devono essere coerentemente inserite nella strategia prescelta e funzionali al conseguimento degli obiettivi finali, altrimenti è un inutile spreco di risorse.

Le cronache di questi ultimi mesi segnalano un crollo della produzione afghana di oppio, le stime per il 2010 parlano di un calo interno al 50% rispetto all’anno precedente. Sulle cause non c’è univocità ma molte fonti riferiscono di una malattia che ha attaccato le piante facendo diminuire la resa per ettaro. Sappiamo che da anni vengono portate avanti ricerche per mettere a punto armi biologiche (nello specifico funghi) che possano distruggere le colture dalle quali si ricava droga.
Le malattie che colpiscono le piante sono spesso molto difficili da contrastare e con le tecnologie oggi disponibili dovrebbe essere possibile creare microorganismi in grado colpire selettivamente alcune colture. C’è quindi il sospetto che questo calo possa essere dovuto all’impiego di qualcuno di questi agenti patogeni. Già gli antichi sapevano che affamare il nemico è la forma più efficace di combattimento e, come è noto, una delle più importanti fonti di finanziamento dei Talebani sono gli introiti derivanti dalla coltivazione e dal commercio dell’oppio, di cui l’Afghanistan è il principale produttore mondiale.
Ogni arma però va inserita e coordinata nella strategia globale che si intende perseguire ed in questo caso la scelta di annientare i raccolti deve essere accompagnata da altre mosse, per non risultare controproducente.

Lo scarso raccolto sta facendo impennare i prezzi e questo potrebbe indurre quegli agricoltori che hanno abbandonato la produzione di oppio a tornare sui propri passi. In alcune province le forze occidentali hanno finanziato il passaggio ad altre colture comunque remunerative (ad esempio lo zafferano), per non vanificare questi sforzi la percentuale di distruzione deve essere mantenuta molto alta, perché è ovvio che nessun coltivatore punterebbe sull’oppio se sapesse che corre il rischio di perdere il 90% del raccolto.

Veniamo da anni in cui la produzione era cresciuta moltissimo.
I grandi raccolti delle ultime stagioni avranno provocato un aumento delle scorte da parte dei trafficanti, scorte che ora possono essere rivendute ad un prezzo maggiore. Quindi una strategia volta a soffocare le fonti di finanziamento dei Talebani deve per forza di cose avere una durata pluriennale, solo con l’esaurirsi delle scorte gli introiti crolleranno. Un solo anno non avrebbe invece un impatto significativo.

Il problema fondamentale poi è che la strategia perseguita dalla coalizione prevede un approccio che cerca il consenso della popolazione, mentre la distruzione dell’economia del nemico si accompagnerebbe (in teoria) meglio ad una strategia più simile alle guerre balcaniche, con pulizia etnica e annientamento in massa, (cosa che ovviamente la NATO non può fare). Bisogna mettere in conto quindi delle azioni per gestire la fase di transizione nelle aree controllate dai Talebani, soprattutto per evitare che il tracollo economico spinga frange della popolazione verso la lotta armata.
Parte delle forze talebane sono persone che si arruolano per denaro, prosciugare le fonti di finanziamento nemiche è funzionale al tentativo di far cambiare campo a queste forze, sapendo però che gli elementi irriducibili non cesseranno comunque di opporsi con ogni mezzo disponibile alla normalizzazione del paese.

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