venerdì 13 gennaio 2012

La sovrapproduzione (di minchiate) all'origine della crisi


La crisi che stiamo vivendo viene interpretata da ciascuno secondo il proprio credo, per cui ci troviamo di fronte a spiegazioni tra loro opposte: ad esempio c’è chi dice che quando le Banche Centrali obbedivano alla politica e stampavano soldi a tutto spiano le cose andavano meglio, c’è chi dice che proprio l’abuso nell’offerta di moneta abbia generato la crisi (io propendo più per la seconda ipotesi ma non è di questo che tratto oggi). C’è chi invece si concentra sugli aspetti produttivi e quindi afferma che la scarsità delle risorse sta alla base del declino, chi invece afferma che la crisi nasce perché si produce troppo. Mi voglio soffermare su quest’ultimo aspetto. Produrre troppo è un concetto vago: che cosa significa troppo? Che nessuno vuole un certo prodotto o che il prodotto è troppo caro e quindi non lo si può comprare? In ogni caso se c’è un eccesso di produzione vuol dire che ci sono stati investimenti sbagliati e questo è insito nella natura del capitalismo: c’è chi azzecca le previsioni e chi no. Piuttosto sono discutibili le cure che di solito vengono consigliate in questi casi.

Faccio un esempio concreto: apro una macelleria, ma lo stesso giorno tutti, eccetto uno, diventano vegetariani. C’è una sovrapproduzione di carne, a questo punto devo cambiare e vendere zucchine fritte, a meno che l’unico mangiatore di carne non sia un riccone ed allora posso provare a far diventare la carne un bene di lusso e vendere le fettine al prezzo di un Cartier. Se però lo Stato mi incentiva a tenere aperto, la sovrapproduzione continua. E’ quello che accade nel settore dell’automobile. L’intervento dello Stato è come l’irrigazione del deserto, se il flusso si interrompe la pianta muore. C’è anche un altro problema: le risorse che eroga sono prese da un’altra parte, che viene impoverita. In pratica si penalizza ciò che funziona e si perpetua quello che non funziona.

Questa ricetta che potremmo chiamare Keynesiana (o se preferite del “dai la cera togli la cera”) cerca di rimediare alla presunta carenza di consumi (peraltro dovrei essere io a decidere quando cambiare macchina e non il Ministero dello Sviluppo) “stimolandoli” in vario modo. Ma paradossalmente quando lo Stato esce dai propri compiti naturali ed interviene nell’economia induce sistematicamente sovrapproduzione perché fornisce beni e servizi non richiesti e dei quali non si sa quale sia il reale livello di domanda.

Un’altra ricetta era molto in voga negli anni passati ma ha ancora molti estimatori ed è la soluzione di Marx. Lui si concentra non tanto sui consumatori, quanto sui produttori, i quali non sanno prevedere correttamente il futuro e quindi creano le crisi economiche. Su questo potrei anche essere d’accordo, solo che la sua soluzione non mi convince molto. In pratica si dovrebbe fare così: un gruppo di persone molto dotate, chiamate avanguardia, oppure dirigenti del partito dei proletari, o con altri sinonimi del genere, sono così bravi che riescono a decidere meglio degli imprenditori cosa e quanto produrre, così non ci sono più crisi.

Non mi convincono due cose: se uno è così bravo a indovinare il futuro potrebbe fare direttamente l’imprenditore di successo e diventare ricco (e poi siccome è comunista divide con gli altri tutto quello che ha guadagnato). In questo modo non perde tempo a discutere con gli altri dell’ufficio politico, che magari non sono tutti geniali come lui.

L’altra cosa che non mi convince è questa: i personaggi superdotati dell’ufficio politico sanno che cosa è bene per tutta la popolazione e provvedono a soddisfarla, ma se per ipotesi sbagliassero qualcosa? Chi glielo dice, chi li fa smettere? Cioè: il macellaio di cui sopra deve cambiare mestiere altrimenti muore di fame, questi invece anche se sbagliano possono tranquillamente andare avanti, soprattutto se, assieme a tutte le attività economiche, queste supermenti collettiviste controllano anche polizia, esercito, sistema giudiziario…. In pratica: se alzi la mano e dici: ehi, secondo me si dovrebbe fare in un altro modo e ti becchi una pallottola….

Insomma la sovrapproduzione ha delle responsabilità nella crisi attuale, ma più che la sovrapproduzione di beni, la sovrapproduzione di idee contorte e convinzioni che non reggono alla prova dei fatti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Io sono convinto che si tratti di sovra-produzione in questi termini: l'Europa non cresce demograficamente a fronte di un avanzamento tecnologico senza precedenti. I paesi orientali producono per sé e per tutto il mondo. Inoltre essi, come anche l'Europa si limitano nel produrre (quindi potrebbero produrre di più a costo zero o quasi, ma non lo fanno perché le leggi non lo consentono, dove ci sono le leggi, oppure è il mercato a dissuadere, i paesi senza leggi, come la Cina, dal farlo ). Questo limitarsi si traduce in mancanza di occupazione o perdita di lavoro. Il paradosso è che, malgrado la suddetta "autolimitazione" nell'offerta dei beni, da parte di chi produce, ci ritroviamo con un mercato saturo di beni (senza contare quelli che potenzialmente potrebbero essere, come dicevo poc'anzi, prodotti impiegando i fattori di produzione in modo ordinario...cioè senza cassa integrazione, orari ridotti, eccetera) e una fetta, di contro, di persone che non trovano accesso a questi beni ( e questo è il vero problema, sennò non staremmo qui a discutere di crisi). La crisi non dovrebbe esistere perché finché la terra da i suoi frutti, l'energia non manca (e non manca), finché la tecnologia non manca (e non manca), le persone (nemmeno queste...la popolazione mondiale aumenta per fortuna) e la moneta (che, ahimè, manca ma si può far fronte benissimo) nemmeno, quello che resta è solo coordinare le cose e pensare a un nuovo modo produzione/accesso ai beni che non può più basarsi su teorie settecentesche o del periodo di Zaratustra in cui il lavoro dell'uomo era indispensabile e, anzi, mancavano proprio risorse umane sufficienti. Siamo nel 2012...per i nostri antenati dovremmo riuscire a vivere a gambe accavallate lavorando tutti 2-3 ore ciascuno anziché fare lavorare 2-3 persone sole a 40 ore al giorno (scusate se un giorno è di 24h) e gli altri a guardare. O mandarle in pensione a 70 anni (se va bene). La disoccupazione è, e sarà sempre, fisiologicamente in aumento, a meno che non si aprano settori diversi dal terziario avanzato o informatico (la tecnologia in molti settori si auto - aggiorna con programmi propri, quindi non richiede un grosso apporto di capitale umano e comunque non tutti sono Steve Jobs) che possano occupare una gran fetta di persone inattiva. Settori come il sociale, che, si spera possano crescere di più e meno male che almeno c’è questo perché sennò eravamo finiti!Quanto alla fiat… potrebbe benissimo impiegare la tecnologia nella catena di montaggio e mandare a casa quel poco capitale umano rimasto (non lo fa perché non gli conviene..è un problema di soldi quindi non di necessità di avere la forza lavoro umana), il che confermerebbe la mia tesi secondo cui non è la tecnologia che manca o questa che toglie lavoro, bensì è la concezione sbagliata, ancora in auge, secondo cui l’attività di ogni uomo è ancora indispensabile e, di conseguenza, senza attività niente salario o stipendio! Ma senza salario o stipendio perché si produce se poi non si può comprare? Finché prevarrà questa idea, domanda e offerta anziché avvicinarsi si allontaneranno sempre di più. E non perché lo dico io, ma perché è quello che si vede ogni giorno!

Freeman ha detto...

Non ho capito esattamente cosa intendi per autolimitazione. Di solito si produce tutto quello che si ritiene di poter vendere, le previsioni di vendita ovviamente sono sempre sbagliate, o per eccesso o per difetto. Nel post mi sono concentrato sulla critica ad alcune soluzioni per la sovrapproduzione, perché sono soluzioni che aggravano il problema.
Sono d’accordo con te che l’attuale modello in cui qualcuno lavora tutto il giorno e altri sono disoccupati sia assurdo. Bisogna capirne bene i motivi: il numero effettivo di persone che creano ricchezza è molto ristretto, molti hanno un “lavoro” ma non creano nulla e sono mantenuti dagli altri, se questi che hanno un lavoro finto si impiegassero in un lavoro vero, la ricchezza totale sarebbe molto maggiore e si potrebbe lavorare tutti meno a parità di reddito. Sul passaggio della pensione a 70 anni non sono invece d’accordo, proprio per il ragionamento appena fatto: più persone lavorano e producono, più occasioni di impiego ci sono. Mi spiego: se io lavoro e creo qualcosa, ho qualcosa da scambiare, quindi quel prodotto che prima era invenduto ora può essere comprato da me; questo è vero a maggior ragione nel nostro sistema dove le pensioni erogate non sono frutto del risparmio passato ma vengono pagate da chi sta lavorando.