L’Italia sembra un paese immutabile, come qualcuno dei suoi
vecchi monumenti resta sempre lì ad osservare impassibile il mondo che cambia, trasmettendo
però sospetto che un bel giorno, all’improvviso, il monumento crollerà e in un
solo botto si trascinerà con sé tutte le proprie contraddizioni.
Nell’immobile panorama politico c’è però una novità: Berlusconi
non controlla il proprio partito.
Una novità che ci dà la misura della pochezza
dell’informazione e dei commentatori politici: infatti dei tre schieramenti
maggiori usciti dalle elezioni, prima sembrava che si dovesse spaccare il
Movimento 5 Stelle, per governare con il PD; poi sembrava che si spaccasse il
PD, causa la contromossa di candidare Rodotà al Quirinale e invece si è diviso
il PDL, tutti a dire che non è un partito, che c’è un padrone che decide per
tutti ecc… e invece proprio nel PDL è emersa la spaccatura.
Il tramonto di Berlusconi si è palesato in questi giorni, ma
nasce da lontano: dai milioni di voti persi nelle ultime elezioni, dai guai
giudiziari, nell’incapacità di dar vita ad un movimento vitale. L’ultimo
episodio è stato solo l’inevitabile conclusione: ha minacciato il Governo, ha
fatto dimettere i ministri, ma al momento di votare la fiducia un numero
consistente di parlamentari ha detto no.
A quel punto Berlusconi avrebbe fatto meglio a dividere il
partito, andare all’opposizione e sperare di raccogliere un po’ di voti al
prossimo giro. Del resto, di solito, gli elettori, almeno a livello nazionale
puniscono chi governa (mentre a livello locale, soprattutto in alcune regioni,
il clientelismo blocca ogni ricambio democratico).
Invece Berlusconi ha ceduto, ha rivestito rapidamente i
panni dello statista responsabile e ha
votato la fiducia a Letta. Quest’ultimo da parte sua, ha fatto un bel discorso,
elencando diligentemente tutte le riforme di cui l’Italia avrebbe bisogno.
Arriveranno questa volta? Diciamo che lo scetticismo è d’obbligo.
Sono anni e anni che si sente parlare di ridurre il cuneo
fiscale, ridurre la burocrazia, gli sprechi, che la giustizia è lenta, le tasse
sono troppe, l’evasione pure, la corruzione neanche a dirlo, le carceri sono
piene, i clandestini sbarcano, legge elettorale non va bene, c’è il precariato,
il finanziamento pubblico dei partiti è da abolire; un mantra interminabile, se
mandassero in onda qualche replica di Santoro di vent’anni fa nessuno si
accorgerebbe della differenza: stesse facce, stessi discorsi, tanta propaganda,
parecchia disinformazione.
In realtà sono vent’anni che una volta elencati i problemi
noti, si passa all’argomento del giorno, l’evergreen: Berlusconi. Per qualcuno
il problema principale dell’Italia, per altri l’unico salvatore. La verità è
che i problemi dell’Italia erano gli stessi prima di lui, sono gli stessi oggi
e saranno gli stessi quando non ci sarà più. Tolto lui non è risolto un bel
nulla.
I nodi sono economici e politici. Tutto il resto è fuffa: le
sentenze, il conflitto di interessi, tutte le storie sulle quali si inscena la
zuffa quotidiana sono fuffa. La crisi non è congiunturale, è strutturale, dopo
cinque anni dovrebbero prenderne atto. Se non si cambia profondamente il
sistema economico, finanziario e statale, il paese non ne uscirà vivo. Qui lo
scrivo e spero di sbagliarmi, come sempre.
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