sabato 7 febbraio 2009

Eva, Pandora e le donne portatrici di guai

Mi hanno sempre incuriosito le analogie tra la storia biblica di Eva e quella mitologica di Pandora. Due culture diverse raccontano due storie simili, nelle quali la femmina è l’elemento che distrugge l’armonia del mondo.
Passi il fatto che la storia l’hanno scritta i maschi, però i turbamenti che inducono le donne nel mondo maschile sono anche piacevoli, danno vitalità alla paciosa semplicità dell’universo virile, quindi mi sembra interessante indagare i motivi di questa visione della pericolosità femminile.

La storia di Adamo ed Eva è una metafora straordinaria del distacco dell’Uomo dalla Natura, della sua presa di coscienza. In modo inconsapevole gli Antichi hanno descritto bene il passaggio evolutivo per cui l’uomo, immerso totalmente nella sua dimensione animale, come gli animali appunto vive, nutrendosi, senza porsi domande, senza che le proprie azioni siano sottoposte ad un giudizio morale, è eterno perché non sa che esiste la morte; poi prende coscienza della propria esistenza, della propria nudità, prende coscienza del fatto che le sue azioni non sono ineluttabili ma espressioni di una volontà. L’uomo può scegliere, l’uomo ora conosce la propria diversità, conosce il dolore, conosce la vita e la morte. Desidera tornare a quell’Eden dove, come per gli uomini di Ulisse tra mangiatori di Loto, non esiste il tempo, ma non vi può tornare. Una volta passato il confine indietro non si torna, ci si può solo addentrare sempre più in profondità nel mistero della propria esistenza.

Tutto questo però è merito e colpa della donna, è lei a spingere l’uomo. Qui forse sta la prima chiave per risolvere il problema. Le azioni degli uomini sono spesso guidate dalle donne, perlomeno le donne sono l’obiettivo finale. I soldi, il potere, il prestigio: tutte cose ammalianti in se stesse, ma spesso e volentieri associate all’idea che si tratta di mezzi attraverso i quali giungere al fine ultimo, cioè avere tante femmine disponibili.
Tuttavia i racconti mitologici affondano nella preistoria, i soldi non erano stati ancora inventati, il potere era più consensuale ed allora forse tutto dipende dal fatto che l’uomo, quando si innamora, perde la testa, diventa diverso, fa cose che non farebbe mai in uno stato normale. A questo tassello dobbiamo aggiungere una considerazione importante: nelle società primitive il tasso di omicidi è sempre stato molto più alto che nelle società civilizzate; immagino quindi come spesso e volentieri il possesso di qualche donna fosse la scintilla per esplosioni di violenza che, seguite da prevedibili vendette, finivano per provocare veri e propri scontri di intere tribù. Anche di questo in effetti i racconti mitici abbondano: pensiamo al rapimento di Elena o a quello delle Sabine.

Questa fenomenologia deve avere indotto delle riflessioni un pochino misogine agli antichi pensatori, anche perché la femmina, un essere più debole fisicamente del maschio e dipendente da quest’ultimo per la propria difesa, dovrà essere sembrata dotata di qualche arte magica, in grado di infatuare, ammaliare o semplicemente sedurre il proprio compagno e potersene così servire.

Quello che ho citato è solo metà del mistero inerente l’essere femminile. Perché a turbare definitivamente il maschio, ed in particolare quegli uomini che per primi si posero delle domande, c’è tutta la sfera della maternità.
Se ci pensiamo un attimo la scena di un corpo che esce da un altro corpo è veramente potente, una vita che non c’era viene alla luce. Se non è un miracolo questo…. Cioè la donna è letteralmente un vaso di Pandora, perché ogni donna racchiude una nuova esistenza, per sua natura portatrice di gioie e dolori.

La duplice natura della donna: oggetto di desiderio e madre, complica maledettamente le cose per gli uomini, perché la propria madre è la prima donna con cui si ha a che fare ed è anche l’ultima che non vuole niente in cambio!
Spero mi si passi la battuta, ma c’era necessità di alleggerire un po’ il tono che si stava facendo troppo serioso.

Per quanto mi riguarda sono scevro da ogni misoginia, qualche volta sono giudicato maschilista, ma unicamente per il mio modo di scherzare, non credo certo che le donne portino solo danni al prossimo, sostanzialmente penso che l’unica cosa che rende il mondo femminile alieno da quello maschile sia la difficoltà di comprenderlo, mi sembra in effetti che sia un mondo complicato da capire, perlomeno lo è per me. Mi risulta difficile capire quello che le donne pensano, ho spesso la sensazione che dicano una cosa intendendone un’altra, che ricerchino in continuazione dei meta motivi ai comportamenti altrui, credo ma non so… appunto!

Ma anche gli antichi assieme alla diffidenza sapevano discernere il bene e su alcune donne così si esprimevano:



“L’uomo che l’ottiene è fortunato, solo su di lei non si posa biasimo.
Fa prosperare la sua proprietà, l’accudisce ed invecchia con un uomo che l’ama e che lei ama, madre di una bella famiglia. E si distingue fra tutte le donne, circonfusa di un fascino divino. Non le piace di stare con le amiche
se l’argomento dei discorsi è il sesso. Donne come lei sono le migliori che Zeus ha concesso agli uomini.”

5 commenti:

Anonimo ha detto...

a me sembra che nei miti che riporti il dramma nasca dalla ricerca della conoscenza, dalla "curiosità", tipicamente femminile. è la donna che vuole sapere, capire, conoscere. per l'uomo sarebbe sufficiente il possesso, il "fatto", non la sua spiegazione (i meta-motivi a cui accenni), spiegazione che l'uomo percepisce come portatrice di pericolo. ecco perchè nei miti, nati dagli uomini, la conoscenza viene punita. è curioso come la ricerca della conoscenza sia pericolosa se voluta dalla donna, ma invece fondante e segno di evoluzione e libertà quando viene portata avanti dall'uomo, vedi prometeo, ad esempio.
mah... comunque l'incomprensione è reciproca :-)
cat

Freeman ha detto...

cara Cat, diciamo che l'uomo smonta la macchinina che gli è stata regalata per vedere come funziona, la donna cerca di capire se il regalo vuol significare che quando torna a casa dal parrucchiere il vento le scompiglia i capelli ed allora dovrebbe andare in macchina perchè la vicina di banco che ci va lo stesso giorno fa così e poi la guarda con uno sguardo strano che vuole sottointendere questa cosa soprattutto in riferimento ecc..... (piccolo esempio di umorismo maschilista, depurato in questo caso dalla componente sessuale di solito presente in via orale confidenziale, al quale mi lascio andare, del quale accenno nel post). Detto in modo serio riconosco assolutamente fondato il tuo commento, del resto io stesso ho scritto che bisogna tener presente che i miti li hanno scritti gli uomini. Comunque la cosa bella è che si può amare anche ciò che non si comprende.

Anonimo ha detto...

vero, l'uomo smonta la macchina per capire come funziona... però, diciamolo, quando la rimonta dimentica tre viti, lascia stracci unti dovunque, si macchia completamente i pantaloni nuovi che lei gli aveva regalato per quando ha le riunioni in ufficio, e poi chiede "dove sono le chiavi? dov'è il portafoglio? ho una camicia? dove hai messo i calzini? dovevo andare a prendere il bambino a scuola? ehm, scusa, ma in che classe è? " (beccati l'umorismo femminile di ritorsione :-)
a parte gli scherzi gli uomini guardano le cose, le donne le relazioni non per altro dovrebbero essere complementari.
concludo con una punta di cinismo femminile: si ama finchè non si comprende, poi si chiedono gli alimenti.
ciao
cat

Anonimo ha detto...

concordo con te cara cat: infatti gli uomini non saprebbero nemmeno dove hanno messo il vaso di pandora!!!!! e poi aprirlo costa fatica!
proprio per questo ritengo che semplicemnte il mito introduca una figura femminile per motivi pratici perchè la donna è sempre stata legata per tradizione alla casa, mentre l'uomo ad altre faccende esterne. nei miti greci la conoscenza era "uomo" perchè era l'uomo che la perseguiva.....
kleine Frosch

Freeman ha detto...

a me capita anche di non trovare le mutande... sì ma perchè sono tutte cose poco utili!