mercoledì 1 agosto 2007

L'armata nel deserto




“L’armata nel deserto” di Arrigo Petacco è la storia della guerra in Nordafrica durante il secondo conflitto mondiale.

La guerra che ci descrive Petacco è una guerra (forse l’ultima) combattuta tra nemici irriducibili ma rispettosi di quelle regole che, anche in un contesto terribile, cercano di non far perdere un barlume di umanità. A differenza degli altri scenari dove si combatte la Seconda Guerra Mondiale, in Norafrica gli Inglesi, gli Italiani ed i Tedeschi si combattono senza cedere alla crudeltà ed alla spietatezza gratuite.
La figura che domina soprattutto la prima parte del libro è quella di Rommel.
In una guerra fatta di macchine riesce ad imporsi come un condottiero all’antica, che grazie alle sue capacità riesce a dettare la trama agli avvenimenti. Usa la sorpresa, il morale, il movimento come elementi decisivi.

Come si intuisce dal sottotitolo del libro: “Il segreto di El Alamein”, la narrazione è spezzata tra un prima e un dopo la battaglia decisiva.
Il segreto di cui parla Petacco è quello legato al fatto che gli inglesi erano in grado di decriptare le comunicazioni tedesche, con effetti devastanti soprattutto a danno della nostra marina, i cui movimenti conosciuti in anticipo, consentivano alla marina inglese di colare a picco gran parte dei rifornimenti spediti verso l’Africa.
La battaglia di El Alamein in realtà è decisiva solo in quanto punto di svolta non più reversibile ma, a posteriori, appare chiaro che non ci sono segreti e che le sorti erano già decise. L’attimo fuggente in cui il destino è in bilico e basta poco per far pendere le sorti per una parte o l’altra era già passato. Gli eserciti arrivano all’appuntamento con la Storia di El Alamein in situazioni opposte: gli Italiani ed i Tedeschi, per quanto vincenti sono stremati e lontanissimi dai rifornimenti delle retrovie; gli Alleati, invece, anche se in fuga da mesi, hanno raggruppato forze ingenti. Montgomery dispone di più mezzi, più uomini, più munizioni, più carburante, più acqua: può solo vincere.
Ciononostante la battaglia entra giustamente nel mito, il senso del dovere mostrato dai militari italiani, quel senso del dovere, quello spirito di corpo, che ti fa resistere ad ogni costo e che sconfina nell’eroismo, rimarrà per sempre legato a quei luoghi.
I due paragrafi dedicati alle divisioni Ariete e Folgore sono imperdibili, sono due paginette ma valgono da soli l’acquisto del libro. Questo l’ultimo comunicato radio pervenuto dall’Ariete alle 15:30 del 4 novembre: “Carri nemici penetrati a sud dell’Ariete. Conseguentemente Ariete circondata, ma Ariete continua a combattere”.
Dal paragrafo “La morte della Folgore” il resoconto dell’appello del 6 novembre: “…alle 14, esaurite anche le cartucce, il colonnello Luigi Camosso decise di arrendersi…” “…il maggiore Zanninovich dopo avere dato l’attenti, presentò la forza al colonnello: “Ufficiali trentadue, truppa duecentosettantadue”. Erano partiti in cinquemila dall’Italia.”

Ci dicono che noi italiani siamo buoni solo a solo a fregare il prossimo, che non abbiamo amici e alleati, ma solo protettori da adulare e protetti sacrificabili, che siamo inaffidabili, voltafaccia, incapaci di concepire il bene comune; ma la memoria del passato serve a ricordarci che, se lo vogliamo, possiamo essere migliori di come ci descrivono.

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