venerdì 5 settembre 2008

"Le radici pagane dell'Europa" di Luciano Pellicani

Partiamo dal difetto principale del libro: non affronta mai il tema richiamato nel titolo, cioè cosa rimane nell’Europa di oggi dell’eredità culturale, delle idee, dei miti, delle istituzioni dell’Europa antica, pagana, greca, romana e ma anche celtica e germanica.
Il libro tratta invece del Cristianesimo e di come alcuni tratti del mondo contemporaneo, in particolare la tolleranza religiosa e la libertà di pensiero, si siano imposti lottando contro il Cristianesimo.

Difficile negare che i vertici della Chiesa, nei secoli, si siano adoperati in ogni modo per conservare ed ampliare il proprio potere temporale, usando la repressione e la persecuzione nei confronti degli eretici, però diciamo che Pellicani estremizza la sua tesi negando al Cristianesimo ogni merito nell’edificazione di quelli che oggi propugniamo come fiori all’occhiello della nostra civiltà: la democrazia ed i diritti umani. I Vangeli del resto non sono un testo organico, bensì un collage di resoconti, parabole, insegnamenti, per cui ognuno, da duemila anni, in buona fede o meno, ne estrapola le parti più utili ai propri scopi. Ai Vangeli facevano riferimento l’Inquisizione e San Francesco, Savonarola e Gregorio Magno, Arnaldo da Brescia, Nestorio, Ario, sant’Agostino e Madre Teresa e si potrebbe continuare all’infinito. E’ vero che la Chiesa di oggi è diversa da quella dell’Ottocento e da quella Medievale perché vi è stata costretta è però vero anche, a mio avviso, che l’Illuminismo stesso riprende temi ben presenti nel Cristianesimo, a partire dalla dignità e centralità dell’uomo.

Il libro è scritto in modo scorrevole e riesce a catturare spesso l’interesse, oltre che per i ragionamenti che propone e che stimolano il lettore, anche per il frequente ricorso a citazioni letterali.

Pellicani attacca anche a fondo la tesi secondo cui la Riforma Protestante abbia favorito lo sviluppo del Capitalismo, forza quest’ultima generatrice di modernità ed avversa alla tutela clericale sulla società. Pellicani dimostra in modo convincente come Lutero, Calvino, metodisti, puritani e via dicendo erano profondamente ostili ad ogni forma di modernità tanto quanto la Chiesa Cattolica, solo che il Papa poteva servirsi delle forze imperiali per soffocare ogni deviazione, mentre le varie chiese protestanti divise tra loro non riuscirono ad imporsi ai detentori del potere politico in Nordeuropa. Inoltre, in molte zone, le varie confessioni erano troppo numerose perché una potesse pensare di imporre la propria ortodossia a tutte le altre, quindi l’accettare che anche gli altri potessero esistere era l’unico modo di convivere.
Non c’è dubbio che un legame tra Rivoluzione Industriale e scristianizzazione dell’Europa ci sia, anche se è difficile da esplicitarne tutti i termini. Sicuramente già in epoca preindustriale la borghesia ogni volta che emergeva come forza sociale iniziava a reclamare il diritto a scegliere politicamente il proprio destino, cercando di sostituirsi all’ordine costituito. Venuta meno la possibilità per le autorità ecclesiastiche di imporre con la forza il credo ed aperta la strada alla libertà di coscienza è chiaro che molti cercano altre strade per rapportarsi con il divino. Questa scristianizzazione però non significa un automatico ritorno al paganesimo, anzi nel mondo odierno ravvisiamo elementi che gli Antichi non esiterebbero a condannare o comunque nuovi rispetto al loro universo culturale. E’ però vero che gli Umanisti, in particolare, si richiamavano all’esperienza dei Greci e dei Romani e sulla base della loro memoria criticavano il Cristianesimo “che pare abbia tenuto il mondo debole, e datolo in preda a uomini scellerati” e “ per avere effeminato il mondo e disarmato il cielo”.

L’autore non entra nel merito circa che cosa intedere in questo caso con il termine Capitalismo, perché in effetti alcune famiglie che avevano messo insieme enormi fortune con la crescita economica rinascimentale erano saldamente legate al potere papale (ad esempio i Medici) e non erano molto interessate a cambiare l’ordine della cose. Probabilmente è più l’insieme degli artigiani e dei commercianti che diedero vita alla rinascita comunale che vollero farsi arbitri del proprio destino, anche quelli che si schierarono dalla parte guelfa formando le celeberrime Leghe, avevano creato un precedente pericoloso per la concezione di potere medievale, compreso il potere temporale del Papa che stavano difendendo. Ecco una descrizione letterale di questo comportamento rivoluzionario degli abitanti dei Comuni: “si tassarono, elessero i loro magistrati, giudicarono, punirono, si riunirono per deliberare sui propri affari; fecero la guerra per proprio conto, contro il loro signore; ebbero nuove milizie. Per dirla in breve si governarono da sé”.

Pellicani riconduce gli aspetti negativi in cui si è storicizzato il Cristianesimo, come l’intolleranza e la teocrazia, alla sua origine giudaica. La religione ebraica risente culturalmente del contesto geografico in cui nasce e si sviluppa, cioè mediorientale e più in generale asiatico, dove assolutismo e dispotismo, sono caratteri culturali con radici molto antiche, sia a livello delle strutture politico-religiose, che in generale sociali, fino a quelle familiari, insomma tutto un ambiente dove rigide gerarchie ed obbedienza senza discussioni sono alla base di tutti i rapporti.
Fin qui mi trovo d’accordo,devo dire però che l’autore attribuisce a Gesù stesso un continuum con la tradizione ebraica che invece non mi sembra corrispondente al dettato evangelico. Sono più incline a considerare corretta l’analisi di Ida Magli che, nel suo libro “Gesù di Nazareth”, sottolinea il carattere di rottura che ha la predicazione di Gesù, rispetto alla legge giudaica.
E comunque l’essere a maggioranza di religione ebraica non ha impedito a Israele di avere una struttura politica e sociale analoga a quella europea. La modernità aveva fatto breccia anche nei ghetti.

La disputa sulle radici dell’Europa va avanti.

1 commento:

Unknown ha detto...

http://firewolf.megablog.it/item/le-origini-pagane-dell-europa