lunedì 13 giugno 2011

L'Italia che esce dai referendum

Com’era nell’aria il quorum è stato superato, ma che significa questo voto? Il risultato in sé stesso non mi preoccupa: cambia poco o nulla. I privati che gestiscono i servizi idrici continueranno a farlo, sono perlopiù emanazioni di partiti politici, lo avrebbero fatto con un po’ più di trasparenza se la legge non fosse stata abrogata, ma niente di trascendentale. Dopo tre anni persi nell’immobilismo le centrali nucleari non avrebbero visto la luce comunque. I giudici avrebbero trovato lo stesso il modo di tenere sotto scacco Berlusconi e lui troverà altri modi per sgusciare via.
Penso che gli Italiani abbiamo nella stragrande maggioranza votato in buona fede pensando di salvarsi da gravi minacce. Del resto dopo aver accusato per anni la Lega e il centrodestra di prendere voti sulle paure degli Italiani, anche a sinistra si sono fatti furbi, hanno imparato la lezione e hanno impostato la propaganda instillando paure piuttosto infondate ma, come predicevo prima del voto, piuttosto efficaci. Alle quali peraltro nulla si è opposto, nemmeno quelli che hanno votato le leggi oggetto della consultazione hanno avuto la forza di spiegare perché l’avevano fatto.

Dai referendum esce un’Italia che chiede certezze e spera di trovarle nello Stato. Chiede di cambiare ma per rifugiarsi in formule già sperimentate. Le aspettative dell’elettore di sinistra sono molto alte, a mio parere irraggiungibili, soprattutto quando pretendono di dividere una torta che nessuno si vuol prendere la briga di cucinare. Forse un giorno non lontano i leader che oggi stanno comodamente all’opposizione si troveranno al Governo e dovranno misurare la differenza tra la propaganda e la dura realtà.

Ma torniamo al presente: il voto è una bocciatura del Governo, su questo non ci sono dubbi, anche se questo, a termini di quella Costituzione Italiana che alcuni ritengono perfetta, non ha alcuna ripercussione sulla legislatura, è evidente che qualcosa si è rotto. La maggioranza ha iniziato quasi subito a logorarsi, ma per due anni il consenso elettorale ha continuato a premiarla. Ora l’apertura di credito è finita. Ci sono state diverse cause esterne che hanno fatto precipitare la situazione: la crisi economica, la guerra in Libia con la ripresa degli sbarchi, le vecchie manovre di palazzo con la distribuzione di sottosegretariati. Ma questi eventi sono stati solo la spallata finale che hanno messo in luce le cause profonde:

1 – la mancanza di un partito o movimento forte che potesse coinvolgere i cittadini, sviluppare politiche efficaci, fare da propagatore di idee. Il PDL non è tutto questo e non serve cambiare nome o segretario.

2 – aver mancato le aspettative degli elettori che chiedevano più lavoro, più sviluppo, meno tasse, meno sprechi, più sicurezza.

Inutile girarci attorno o accampare scuse, che pure ci sono, ma quelle ci sono sempre; quando non si riesce a conseguire un obiettivo di alibi credibili se ne trovano quanti si vuole. Ma quello che conta è il risultato. Le promesse non sono state rispettate. Berlusconi non è stato all’altezza del compito di riformare l’Italia, ma almeno ha il merito di non essersi risparmiato dalla lotta, in un’Italia che cerca sempre la scorciatoia dell’inciucio, ha cercato di imporsi prendendo più voti. I suoi ex alleati Casini e Fini hanno saputo demolire ma non proporre o imporre nulla di utile. Gli yesman di cui si è colpevolmente circondato hanno fatto solo danni ed in generale tra tutti gli altri pochi si salvano mostrando ogni tanto un po’ di connessione con il mondo reale.
Per quanta autostima possa avere di me stesso non credo di essere un genio e infatti non ci voleva un genio per vedere dove si stava andando a parare. Io, e non solo io ovviamente, ho fatto queste riflessioni in tempi non sospetti, chi di dovere non le ha fatte.

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