lunedì 21 dicembre 2009

Il corpo delle donne

Ho sentito parlare del documentario “Il corpo delle donne” ed allora ho deciso di vederlo. Si tratta di una denuncia del ruolo ricoperto in tv dalle donne, dell’uso del loro corpo, del nudo e delle umiliazioni a cui sono sottoposte, con l’esempio emblematico di Flavia Vento a quattro zampe sotto un tavolo ed anche della chirurgia estetica. In realtà, quindi, gli argomenti affrontati, pur sempre incentrati appunto sul corpo delle donne, sono abbastanza eterogenei. Partiamo dal nudo e dal ruolo subalterno, sorprenderò quelli che mi conoscono ma sono sostanzialmente d’accordo con la denuncia, per due motivi molto maschili, anzi direi quasi maschilisti. Il primo è che noi maschi, già di nostro, senza stimoli esterni, ogni dieci minuti pensiamo al sesso ed alla donna come oggetto sessuale, se poi ne incontriamo una, anche vestita, ciò è più che sufficiente per farci un pensierino ulteriore. Insomma il bombardamento televisivo è un di più che ci sovraccarica inutilmente! Insomma è una cosa un po’ frustante; in pratica, tanti anni fa la trasgressione era fare l’amore con la luce accesa, oggi quando si arriva al dunque si può finalmente spegnerla, chiudere gli occhi e godersi il tatto, l’olfatto e tutti i sensi discriminati dalla vista, così privilegiata per tutto il resto della giornata. L’altro motivo deriva da una semplice constatazione: potendo scegliere, scegliereste la velina come lavoro per la vostra fidanzata? Molti direbbero di sì, perche vorrebbero avere una fidanzata così fatta, d’accordo, ma io intendevo dire, la vostra donna, quella di cui siete innamorati, insomma vederla sfilare in mezzo a due ali di uomini sbavanti o appesa come calendario, non è proprio il massimo. Piccola precisazione: non è questione di incoerenza se, pur pensandola così, sono il primo che interrompe lo zapping appena mi imbatto in qualche bellezza televisiva e mi soffermo per dare un’occhiata, anche se nel 99% dei casi non me ne frega niente del programma in cui sono inserite! Questa è la natura maschile, il maschio guarda. Sul fare, sull’agire, c’è il libero arbitrio, ma sul guardare no! Mettersi davanti al televisore e cambiare canale se compare qualche bella presenza non è virtù, è puro masochismo, come quelli che vogliono fare la dieta e si riempiono la casa di dolciumi, come fai poi a resistere? Detto questo, bisogna anche mettere in luce qualche obiezione alla tesi di fondo. Innanzi tutto va detto che c’è il rischio concreto di caratterizzare, marchiare, una determinata categoria, in questo caso le veline ed affini e questo è ingiusto. Prima di tutto sono persone e come tali possiamo discutere delle loro scelte ma non vanno ghettizzate in una categoria, dare loro una nomea che rimane appiccicata addosso, categoria oltretutto frutto di pregiudizi e preconcetti, ne abbiamo avuto la prova in questi mesi quando un Ministro della Repubblica è stata linciata per il suo passato lavorativo.
La drammatizzazione è eccessiva anche per altri motivi: come altre volte si scambia la tv con il paese e viceversa. La tv rappresenta una parte della società, una parte molto piccola, basta guardarsi attorno per vedere una realtà ben diversa. La tv ha la sua influenza, ma non è così scontata, ad esempio molte telespettatrici, proprio vedendo tutti quei volti deturpati dalla chirurgia (in)estetica decidono di stare alla larga dal bisturi! Un po’ come capita con quei programmi propagandistici pieni di attori, cantanti, comici, presentatori, scrittori, registi che ti spiegano come va il mondo e come bisogna votare, suscitando invece l’effetto opposto. Parliamo pure di modelli proposti dalla televisione, ma non sopravvalutiamoli, anche nella Polonia degli anni Ottanta c’era la tv ma la gente è andata per la propria strada. La tesi: donne sottomesse in tv tutte tette e niente cervello = donne sottomesse nella vita reale, è una tesi smentita dai fatti. Trenta anni fa la televisione era più castigata ma la società si è evoluta ugualmente in senso paritario. Esistono ancora discriminazioni? Certo esistono ancora, ma la libertà di cui godono oggi le donne in Italia non ha paragoni in altra epoca storica, nemmeno recente; stesso discorso se ragioniamo per area geografica. Può darsi che alcuni paesi siano più avanti di noi, ma non sono differenze sostanziali e del resto nei Paesi Bassi, portati tante volte come esempio di emancipazione, le donne sono in vendita in vetrina! Il messaggio di fondo da salvare è: responsabilità. Responsabilità e consapevolezza soprattutto da parte delle donne, per quello che riguarda il rapporto con il proprio corpo ed il rapporto con il mondo maschile. Qui rientra soprattutto il discorso relativo alla chirurgia, al fitness ed alla cura di se stessi in generale. Io credo che qualunque comportamento, se è dettato dall’ansia, dalla paura del giudizio degli altri, dall’ossessione, sia un comportamento sbagliato. La cura di se stessi e del proprio corpo è sempre positiva, se diventa paranoia allora c’è un problema. Sicurezza di sé, consapevolezza, queste sono le chiavi per decidere, dopodiché è comprensibile cercare di sfondare nel dorato mondo dello spettacolo, anche perché gli autori del documentario non devono dimenticare che nel mondo del lavoro “normale”, sia per le donne che per gli uomini, ci sono molte situazioni, non voglio dire più umilianti ma certamente più frustranti degli “stacchetti”.

lunedì 19 ottobre 2009

La bella e giovane società multiculturale (in casa degli altri)

Il dibattito sull’immigrazione nel nostro paese procede per slogan, qualche titolo di giornale desunto da una breve intervista, poca strategia e poche idee chiare su come affrontare realisticamente e concretamente il fenomeno, in generale posizioni di principio poco argomentate sul fatto di essere a favore o contro la società multietnica prossima ventura. Qui urge un chiarimento: non so se esistono società multietniche, certamente esistono nel mondo molti territori multietnici, sono il risultato di alcuni processi storici del passato: colonialismo, schiavismo, guerre, migrazioni. Multietnico non è né buono né cattivo, certamente è complicato. Possono esistere Stati multietnici oppressivi oppure liberali, quindi usare multietnico come sinonimo di progresso e di democratico è certamente sbagliato. In ogni caso la convivenza di popoli diversi è un processo molto difficile da gestire e da realizzare, possiamo idealizzare ed astrarre quanto vogliamo ma la realtà è questa. Chi sostiene il contrario nega l’evidenza, è sufficiente un esempio: nel Partito Democratico la linea ufficiale è per una società multietnica, eppure loro stessi che non riescono ad essere multiculturali al loro interno, come possono pretendere che riesca ad esserlo l’Italia intera? Molti hanno infatti invocato l’espulsione dei teodem dal partito per le posizioni assunte su alcuni temi. Magari votano alla stessa maniera nel novanta per cento dei casi eppure è sufficiente dividersi su alcune questioni per sentirsi inconciliabili. Lo stesso problema si pone per uno Stato democratico, dove in presenza di culture diverse le occasioni di scontro si moltiplicano; in democrazia la maggioranza impone le proprie scelte alla minoranza, questa situazione quando tocca convinzioni radicate, magari religiose crea tensioni molto forti che possono facilmente indurre alla violenza. Ci sono dei comportamenti tradizionali di alcune zone del mondo che da noi sono reato, essere multietnici significa che dobbiamo permetterlo anche in Italia? Quindi abbiamo due alternative di fronte: accettare che gli stranieri venuti in Italia formino delle “isole” autonome, degli Stati dentro il nostro Stato, dove si regolano come sono abituati, oppure integrarli, farli diventare italiani, con il rispetto della loro storia, delle loro origini ma italiani. Per fare questo non serve dare loro la cittadinanza o il voto, un passaporto e considerare il problema risolto, semmai quello è l’ultimo passo di un percorso. Anche perché la prima soluzione, quella dei ghetti, dei quartieri separati è la negazione dello Stato di Diritto, così come lo concepiamo, per cui la prima regola è che la legge tutela tutti ed è uguale per tutti. Nelle discussioni si cita sempre la parola magica: integrazione. Chiariamo che cos’è l’integrazione: significa avere una casa, un lavoro, conoscere ed accettare la nostra cultura, la nostra lingua, le nostre leggi. Per poter integrare servono da parte degli stranieri la volontà di farlo, da parte degli italiani la volontà e molte risorse. Esiste quindi uno stringente problema numerico: è più facile integrare diecimila persone o dieci milioni? Chi è contrario ad una politica restrittiva sull’immigrazione, se non vuole fare retorica, deve fornire i numeri: quanti immigrati possiamo accogliere? Sappiamo che nel mondo ci sono un miliardo di persone praticamente alla fame ed almeno un altro miliardo in situazione di grave indigenza: hanno tutte il diritto di stabilirsi qui?
Un paese come il nostro, dove nel giro di pochi anni gli immigrati sono passati da alcune migliaia a quattro milioni, è in evidente difficoltà a produrre politiche adatte a raggiungere lo scopo. Del resto il nostro paese è in difficoltà produrre politiche adatte in qualunque materia! Certamente la Costituzione garantisce la libertà di espressione e quella religiosa ed in taluni casi si possono verificare conflitti tra convinzioni religiose e leggi dello Stato. In questi anni il tema ha riguardato in particolare le comunità islamiche. Del resto gli stessi capi integralisti in Europa non hanno fatto mistero della loro strategia: utilizzare tutte le libertà garantite per espandersi e fare propaganda e sopprimerle il giorno in cui saranno abbastanza forti per poterne farne a meno. Da questo punto di vista la proposta di insegnare a scuola la versione “moderata” dell’Islam ha una sua logica, però la giudico velleitaria in quanto ai fini e sbagliata sui presupposti. Circa i presupposti credo che la formazione religiosa degli individui sia responsabilità esclusiva della propria famiglia. L’ora di religione a scuola non deve essere un’ora di Catechismo, di qualunque fede si tratti, ma un’ora per approfondire la conoscenza della Religione e degli aspetti religiosi e spirituali dell’esistenza, aspetti che l’uomo da sempre affronta e che almeno in parte devono fare parte del “bagaglio culturale” (che espressione orribile…) di ogni individuo. Detto questo resta da scegliere quale religione. L’dea di insegnare tutte le religioni è semplicemente inapplicabile, considerando i tempi a disposizione si tratterebbe di liquidare in poche righe argomenti vastissimi. Solo per conoscere il modo approfondito il Cristianesimo non bastano anni di studio! Pensiamo solo agli scritti dei padri della chiesa, ai Concili, agli scismi, alle eresie. Quindi dovendo scegliere la mia opinione è che l’ora di religione debba approfondire la cultura religiosa del proprio paese, anche per cercare di capire la propria società e le proprie radici, quindi il Cristianesimo e le religioni tradizionali italiche ed europee dovrebbero essere secondo me la materia d’insegnamento. Per arginare l’estremismo è meglio puntare sull’espulsione di coloro che lo fomentano e lo praticano, anche se ammetto che non è facile farlo senza introdurre reati d’opinione, cosa rispetto alla quale sono totalmente contrario.
In conclusione mi sembra che il dibattito stretto tra la criminalizzazione indiscriminata dello straniero ed il buonismo utopico sia inutile. Noi abbiamo il diritto di scegliere chi e quanti possono venire e restare, abbiamo il dovere di rispettare ed aiutare coloro che vengono. Chi arriva, se non approva i nostri costumi, deve andarsene. Chi desidera diventare italiano e per il momento peraltro si tratta di una piccolissima minoranza, può farlo con una scelta cosciente e consapevole nell’ambito della legge attuale.

sabato 19 settembre 2009

Il Polo Nord non si è sciolto



Attenzione! Quanto scrivo è una riflessione su quello che è avvenuto e non costituisce in alcun modo una previsione per il futuro, può darsi che l’estate prossima i ghiacci polari si sciolgano completamente, come da previsione annunciata più volte nel recente passato dagli organi di informazione. Guardando al passato vediamo questo andamento: a partire soprattutto dalla seconda metà degli anni Novanta, durante l’estate, la superficie ghiacciata è andata costantemente riducendosi ed anche il massimo dell’estensione invernale tende a diminuire. Tutto questo fino all’estate 2007 anno in cui la superficie ghiacciata raggiunge il minimo mai registrato da quando ci sono le misurazioni satellitari (cioè il 1979). Da allora è accaduto che: nel 2008 la superficie è stata maggiore del 2007 e nel 2009 è stata maggiore del 2008. Questa inversione del trend non era stata prevista e questo inevitabilmente porta a dei dubbi sui modelli previsionali. Intendiamoci, posso ammettere in linea di principio che alcuni fenomeni possano essere previsti a lungo termine e non a breve, cioè in altre parole mi si può dire: io so che fra 30 anni il pianeta sarà molto più caldo di oggi, ma non so come sarà tra un anno. Però mi viene il dubbio che il clima terrestre sia così complesso, da sfuggire, per il momento, ad una piena comprensione da parte degli scienziati. Sarebbe più logico considerare come emergenze ambientali quei fenomeni che certamente tra un anno peggioreranno la qualità dell’ambiente: penso alla disponibilità ed alla qualità delle acque, alla preservazione delle aree selvagge, delle foreste, alle sostanze nocive sparse nell’aria, al trattamento ed al riuso dei rifiuti. Tutte le risorse, gli incontri, le conferenze, i concerti, le mobilitazioni per combattere la CO2, che giova ricordarlo è comunque una sostanza innocua per la salute, forse andrebbero destinate ad affrontare le emergenze di cui sopra e chissà magari anche nel 2010 il pianeta ci darà una mano raffreddandosi da solo. (immagini da http://www.ijis.iarc.uaf.edu/en/home/seaice_extent.htm e http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/)

lunedì 6 luglio 2009

sabato 2 maggio 2009

"Il segno del padre" di Paolo Ferliga



Il segno del padre cerca di analizzare l’importanza della figura paterna nella società, nella famiglia, nella formazione di ciascun individuo e dei danni che derivano dalla sua mancanza. Se proprio devo classificarlo è un libro di psicologia, quindi un argomento un po’ inconsueto per me, ma che ho profondamente apprezzato per l’alto valore morale dei concetti che cerca di trasmettere.

L’assenza di una figura paterna impedisce ai figli di crescere, restano individui incompiuti, per sempre adolescenti. Questa assenza è grave a livello famigliare, ma l’autore denuncia l’oscuramento e l’abdicazione dal proprio ruolo delle figure paterne anche a livello sociale. I valori connessi alla autorità, alla virilità vengono sempre più connotati in modo negativo e le figure che dovrebbero incarnarle nella società (il maestro, l’allenatore….) o non sono all’altezza o non sono in condizione di esprimerli. I ragazzi, così come i bambini, hanno bisogno di insegnamenti, ma l’unica forma di insegnamento efficace è l’esempio, mille parole contano meno di un fatto, è con il proprio comportamento che gli adulti indicano la strada ai più giovani, la mancanza di carattere, di coerenza e di disciplina non si può sostituire con un libretto di istruzioni.

Questa liquidazione della figura paterna implica la fine della società verticale, alla quale si è sostituita una società orizzontale, dove diventano esclusive le relazioni orizzontali, tra fratelli, sorelle, compagni.

L’autorità paterna aiuta a formare una scala di valori e di comportamenti che consentono di giudicare e giudicarsi. Consente a ciascuno di sviluppare un giudizio interiore che aiuta l’individuo ad avere un comportamento consapevole, non a seguire come una banderuola il flusso prevalente, con questa mancanza si sostituisce il proprio giudizio con quello dei propri pari, altrettanto smarriti e con il pubblico consenso. Questo meccanismo concede ai mass media un potere molto forte, di influenzare i comportamenti, di indicare il modello prevalente da seguire. All’esempio costituito dai genitori si sostituisce qualche modello preconfezionato, prodotti di consumo, marchi di successo.

Quando tutto questo degenera si arriva ai fenomeni di bullismo su cui ciclicamente si concentra l’attenzione dei mezzi di comunicazione.

Mancanza di ordine, di disciplina, di autocontrollo, ma soprattutto di senso dell’ onore e di coraggio, sono gli aspetti più evidenti di questo fenomeno. In tanti contro uno solo, inerme, senza che nessuno ad un certo punto abbia il coraggio di dire: “adesso basta”, eppure tra i tanti ci sarà forse uno con un po’ più di sale in zucca, ma la codardia prevale, hanno paura di andare contro il gruppo, di distinguersi, di essere individui, cioè di essere uomini.

Scelgono prede facili, su cui si può non solo prevalere ma anche infierire, nessuno di questi se la prende con lo spacciatore di turno, probabilmente perché sono loro stessi drogati, altro chiaro indizio di mancanza di personalità.

Pensare con la propria testa e fare la cosa giusta, concetti che spetta al padre insegnare al figlio, ma indubbiamente non è facile in un ambiente dove prevale il lassismo, il perdonismo, il buonismo dove il concetto di colpa viene sempre svicolato, si giustifica tutto: se uno sbatte contro il muro con l’auto è perché la discoteca chiude troppo tardi, se tira le monetine è colpa dell’arbitro che non ha visto il rigore, siamo la società degli alibi, ma come ebbi a dire una volta ad un amico, a volerli cercare, gli alibi si trovano sempre! C’è sempre una buona scusa per fare o non fare qualcosa, ma ciò che conta è la volontà di fare o non fare e non le scuse che si accampano.



Nelle radici più profonde della nostra cultura, il rapporto tra padre e figlio è ben rappresentato da molte figure: Enea e Anchise, figli come Telemaco, padri come Priamo e Peleo, e soprattutto Ettore, il padre per eccellenza, il guerriero più forte, che spaventa il figlio con la tenuta guerra, ma che spogliatosi dell’armatura diventa il più tenero dei genitori, non c’è in questo esempio antico alcuna tensione tra questi atteggiamenti, l’uomo può mostrare i propri sentimenti con naturalezza, non ha alcun timore a mostrarsi tenero perché è capace di essere forte e duro quando il dovere lo richiede; oggi, invece, spesso la maschera del duro serve per nascondere un vuoto, una mancanza di sostanza.
Come per gli altri animali, anche per l’uomo la paura genera aggressività.

Gli antropologi ci spiegano che la specie umana è l’unica, tra i primati, in cui il maschio sviluppa il senso di paternità, i nostri progenitori già sapevano che il legame tra padre e figlio è profondissimo, oggi sembra che se ne possa fare a meno, come si vede nella giurisprudenza relativa agli affidi in caso di divorzio, ma io non la penso così. C’è bisogno di padri, di uomini, di maschi.

Qualche giorno fa in un’intervista Hugh Jackman ha dichiarato: “Una volta la rappresentazione della mascolinità era ben diversa. Nella scultura, nella pittura, gli uomini erano grandi e forti, con grandi pance per ridere di cuore. La loro fisicità era la trasposizione di una solidità interiore. Oggi sulle riviste di moda gli uomini sono tutti anoressici, pallidi, stretti nelle spalle. Sembrano sempre costipati. E quando parlano sembra che squittiscano. È l’esteriorizzazione della loro debolezza. Sono diventati femmine.”
In modo un po’ rozzo, ma efficace l’attore australiano ha messo in luce questo aspetto del problema e mi fornisce lo spunto per chiarire il concetto, come lo vedo io: ognuno è libero di esprimere come meglio crede la propria personalità, di atteggiarsi, di vestirsi come vuole, ma coloro che per lavoro creano immagini, mode e modelli non devono avere la pretesa di indottrinarci, di imporre anche a noi la loro visione, né di propagandarla come il progresso, un progresso al quale preferisco i vecchi, vecchissimi esempi di cui sopra.

martedì 24 febbraio 2009

E tutti vogliono più debiti

Ogni famiglia italiana di 4 persone ha più di centomila euro di debiti. Qualcuno dirà non è vero, io no, cos’è una media , una statistica? Sì è una media, ma il debito è reale ed anche chi non pensa di averlo ce l’ha e paga gli interessi. Perché il debito pubblico viaggia oltre i 1.600 miliardi e questo significa esattamente quello che ho scritto. Presentato come lo scrivono i giornali sembra che la cosa non ci riguardi, ma non è così. Il debito è reale, esiste e viene pagato dagli italiani, perlomeno da quelli che pagano le tasse direttamente, da tutti gli altri indirettamente, perché ne subiscono comunque le dannose conseguenze.

Eppure ci sono coloro che imperterriti continuano a protestare perché il deficit (cioè il nuovo debito) quest’anno è troppo poco. Certo parlano di “manovre”, di “stimoli”, perché se chiamassero le cose con il proprio nome sarebbe più difficile giustificarsi: prendi un cittadino qualunque, portalo da un notaio e digli: “ci sono dei problemi, per risolverli devi fare un debito, firma qui”. Beh chiunque direbbe, “aspetta un attimo! Sono già pieno di debiti, siamo sicuri che la soluzione sia fare altri debiti?”. E soprattutto: “cosa vuoi farci con i soldi?”
Perché se viengono bene investiti e rendono più dell’interesse dovuto, allora possiamo dire che indebitarsi è stata una buona idea, ma nel caso dei debiti fatti dallo Stato, quante volte ciò è accaduto? Peraltro spesso si tratta semplicemente di finanziare la spesa corrente e quando si tratta di investimenti sono di una natura tale che risulta molto difficile valutarne l’utilità.

Eppure queste manovre di cui si parla sono questo: debiti, cioè soldi spesi oggi, che dovranno essere ripagati con le tasse di domani, ciò significa che domani con le tasse si dovranno ripagare i servizi futuri più quelli di oggi, il che significa che in futuro avremo o più tasse o servizi peggiori. La prova è sotto gli occhi di tutti: oggi stiamo pagando le gestioni scriteriate del passato.

Ma i tifosi dei debiti hanno un argomento fortissimo che usano ultimamente: gli altri Stati stanno facendo deficit colossali per contrastare la crisi! E’ facile rispondere che possono farlo perché a differenza nostra, ne hanno fatti molto meno in passato e poi un’altra considerazione: ma questa immane quantità di titoli statali americani, tedeschi, giapponesi, inglesi, spagnoli, irlandesi e via dicendo, troveranno tutti dei risparmiatori disponibili a prestare i propri soldi? E siamo sicuri che tutta questa massa di risparmio non andrà persa?

Ai politici non costa nulla aumentare il deficit, tanto paghiamo noi, loro fanno bella figura, spendendo i soldi degli altri, cioè i nostri; fanno bella figura anche i sindacati a chiedere più debito, tanto mica glielo vanno a dire ai lavoratori che poi lo pagano loro; Confindustria ci fa una figura meno bella, ma per lo meno lo fa sperando di guadagnarci qualcosa e non solo per l’immagine, cosa alla quale peraltro non tiene molto, comunque meno delle categorie precedenti.

Esiste la Comunità, la Nazione, la Patria, invece lo Stato non esiste viene creato e come tutte le cose create può essere usato a fin di bene o per pessimi scopi. In particolare può essere utile a molti oppure utile a pochi a danno di molti.
Si parla di fallimento del “mercato”, del “capitalismo”, del “liberismo”, ma chi lo dice ha interesse a spingere questa propaganda martellante, invece se guardiamo ai fatti reali vediamo che mai nella storia lo Stato è intervenuto in ogni aspetto della vita come oggi. Questo non fa altro che accrescere il potere della casta, rimodellando la società in un nuovo feudalesimo, con i vassalli, i valvassori, i valvassini e le povere pedine. Ricordatevi che un uomo che si mantiene con il proprio lavoro è un uomo libero. Il sistema cerca invece di renderci sempre più dipendenti da aiuti, sussidi, ridistribuzioni e soprattutto debiti. Tutto questo rende l’uomo meno libero e accresce il controllo di chi detiene il potere.
L’incessante propaganda ripete che lo Stato serve ad aiutare i più deboli, nobile scopo, ma è una propaganda falsa. Quanto delle centinaia di miliardi di euro che versiamo va ad aiutare i bisognosi? Se arriva qualcosa è meno di un millesimo, il resto serve a mantenere un sistema di potere sostanzialmente svincolato dalla volontà dei cittadini.

Parlano di manovre, di salvataggi, di solidarietà, di sociale, ma sono cortine fumogene che servono a creare una realtà virtuale, una realtà che è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità: lavoriamo 6 mesi all’anno per il Sistema: molto di più di quanto facevano i servi della gleba.

sabato 7 febbraio 2009

Eva, Pandora e le donne portatrici di guai

Mi hanno sempre incuriosito le analogie tra la storia biblica di Eva e quella mitologica di Pandora. Due culture diverse raccontano due storie simili, nelle quali la femmina è l’elemento che distrugge l’armonia del mondo.
Passi il fatto che la storia l’hanno scritta i maschi, però i turbamenti che inducono le donne nel mondo maschile sono anche piacevoli, danno vitalità alla paciosa semplicità dell’universo virile, quindi mi sembra interessante indagare i motivi di questa visione della pericolosità femminile.

La storia di Adamo ed Eva è una metafora straordinaria del distacco dell’Uomo dalla Natura, della sua presa di coscienza. In modo inconsapevole gli Antichi hanno descritto bene il passaggio evolutivo per cui l’uomo, immerso totalmente nella sua dimensione animale, come gli animali appunto vive, nutrendosi, senza porsi domande, senza che le proprie azioni siano sottoposte ad un giudizio morale, è eterno perché non sa che esiste la morte; poi prende coscienza della propria esistenza, della propria nudità, prende coscienza del fatto che le sue azioni non sono ineluttabili ma espressioni di una volontà. L’uomo può scegliere, l’uomo ora conosce la propria diversità, conosce il dolore, conosce la vita e la morte. Desidera tornare a quell’Eden dove, come per gli uomini di Ulisse tra mangiatori di Loto, non esiste il tempo, ma non vi può tornare. Una volta passato il confine indietro non si torna, ci si può solo addentrare sempre più in profondità nel mistero della propria esistenza.

Tutto questo però è merito e colpa della donna, è lei a spingere l’uomo. Qui forse sta la prima chiave per risolvere il problema. Le azioni degli uomini sono spesso guidate dalle donne, perlomeno le donne sono l’obiettivo finale. I soldi, il potere, il prestigio: tutte cose ammalianti in se stesse, ma spesso e volentieri associate all’idea che si tratta di mezzi attraverso i quali giungere al fine ultimo, cioè avere tante femmine disponibili.
Tuttavia i racconti mitologici affondano nella preistoria, i soldi non erano stati ancora inventati, il potere era più consensuale ed allora forse tutto dipende dal fatto che l’uomo, quando si innamora, perde la testa, diventa diverso, fa cose che non farebbe mai in uno stato normale. A questo tassello dobbiamo aggiungere una considerazione importante: nelle società primitive il tasso di omicidi è sempre stato molto più alto che nelle società civilizzate; immagino quindi come spesso e volentieri il possesso di qualche donna fosse la scintilla per esplosioni di violenza che, seguite da prevedibili vendette, finivano per provocare veri e propri scontri di intere tribù. Anche di questo in effetti i racconti mitici abbondano: pensiamo al rapimento di Elena o a quello delle Sabine.

Questa fenomenologia deve avere indotto delle riflessioni un pochino misogine agli antichi pensatori, anche perché la femmina, un essere più debole fisicamente del maschio e dipendente da quest’ultimo per la propria difesa, dovrà essere sembrata dotata di qualche arte magica, in grado di infatuare, ammaliare o semplicemente sedurre il proprio compagno e potersene così servire.

Quello che ho citato è solo metà del mistero inerente l’essere femminile. Perché a turbare definitivamente il maschio, ed in particolare quegli uomini che per primi si posero delle domande, c’è tutta la sfera della maternità.
Se ci pensiamo un attimo la scena di un corpo che esce da un altro corpo è veramente potente, una vita che non c’era viene alla luce. Se non è un miracolo questo…. Cioè la donna è letteralmente un vaso di Pandora, perché ogni donna racchiude una nuova esistenza, per sua natura portatrice di gioie e dolori.

La duplice natura della donna: oggetto di desiderio e madre, complica maledettamente le cose per gli uomini, perché la propria madre è la prima donna con cui si ha a che fare ed è anche l’ultima che non vuole niente in cambio!
Spero mi si passi la battuta, ma c’era necessità di alleggerire un po’ il tono che si stava facendo troppo serioso.

Per quanto mi riguarda sono scevro da ogni misoginia, qualche volta sono giudicato maschilista, ma unicamente per il mio modo di scherzare, non credo certo che le donne portino solo danni al prossimo, sostanzialmente penso che l’unica cosa che rende il mondo femminile alieno da quello maschile sia la difficoltà di comprenderlo, mi sembra in effetti che sia un mondo complicato da capire, perlomeno lo è per me. Mi risulta difficile capire quello che le donne pensano, ho spesso la sensazione che dicano una cosa intendendone un’altra, che ricerchino in continuazione dei meta motivi ai comportamenti altrui, credo ma non so… appunto!

Ma anche gli antichi assieme alla diffidenza sapevano discernere il bene e su alcune donne così si esprimevano:



“L’uomo che l’ottiene è fortunato, solo su di lei non si posa biasimo.
Fa prosperare la sua proprietà, l’accudisce ed invecchia con un uomo che l’ama e che lei ama, madre di una bella famiglia. E si distingue fra tutte le donne, circonfusa di un fascino divino. Non le piace di stare con le amiche
se l’argomento dei discorsi è il sesso. Donne come lei sono le migliori che Zeus ha concesso agli uomini.”

mercoledì 7 gennaio 2009

Notizia falsa del Corriere della Sera






Non so cosa abbiano scritto nella versione cartacea, ma in quella on-line hanno titolato "i ghiacci artici ai livelli del 1979".
Come si evince dai grafici dell'Università dell'Illinois e del National Snow and Ice Data Center, basato sulle osservazioni dei satelliti, i ghiacci alla fine di dicembre 1979 erano più estesi. In particolare si vede una maggiore estensione nel Mare di Kara, nel Mare di Barents e nel Mare di Okhotsk, erano invece meno estesi nel Mare di Bering.
Si tratta in realtà di una piccola bugia, perchè è vero che l'andamento degli ultimi mesi mostra una crescita sostenuta dei ghiacci al Polo Nord e che ogni mese del 2008 ha avuto un'estensione maggiore rispetto ai corrispettivi del 2007, interrompendo quindi, per ora, il trend di riduzione mostrato durante l'ultimo decennio. Però perchè rimarcare la cosa scrivendo una notizia non vera? Forse per rifarsi di tutti gli allarmi di senso opposto, rivelatisi poi infondati, circa lo scioglimento dell'Artico? O forse semplicemente perchè la precisione non fa parte dei requisiti richiesti ai quotidiani?
Io ho già manifestato in passato delle perplessità sul Riscaldamento Globale, per lo meno su come viene rappresentato dai media, però non vorrei che le confutazioni si basassero a loro volta su mezze verità e dati incompleti.
Insieme al grafico che indica per il Polo Nord gli scostamenti dalla media dell'estensione dei ghiacci durante il mese di dicembre, ho postato anche quello che riguarda il Polo Sud, tanto per mostrare che dal 1979 ad oggi vi è stato un incremento abbastanza costante della superficie ghiacciata, cosa che però non fa molta notizia, anche perchè probabilmente i pinguini suscitano meno interesse degli orsi bianchi.
Insomma io continuo a credere che le bollicine di CO2 della Coca Cola siano la parte più innocua contenuta nella lattina e che le minacce all'ambiente del nostro pianeta siano altre, più gravi ed imminenti.