giovedì 16 giugno 2011

Clamorosa scoperta della RAI...


…oppure errore di Televideo? Leggo testualmente: “Karzai ha intenzione di dimettersi nel 2014 come previsto dalla Costituzione del paese arabo?”
Cioè fatemi capire quale paese arabo? Esiste una Costituzione di qualche paese arabo che si preoccupa dei mandati presidenziali afghani oppure, secondo la RAI, dobbiamo buttare al macero tutti i libri di geografia del mondo, perché hanno fatto la clamorosa scoperta che l’Afghanistan sarebbe un paese arabo? Intanto dovremmo comunicarlo agli Afghani che sono i diretti interessati e non so come la prenderebbero.
Non per dubitare dell’autorevolezza della RAI, ma di solito sono considerati paesi arabi quelli dove la maggioranza della popolazione parla arabo. In Afghanistan si parlano molte lingue, nessuna delle quali imparentata nemmeno alla lontana con l’arabo o altre lingue semitiche.
Si potrà obiettare che un tempo gli invasori arabi giunsero fino a qui, ma con questo criterio anche la Spagna sarebbe un paese arabo (e in effetti anche un po’ berbero).
Ci sarebbe poi da ridire anche sul fatto che la Costituzione prevede le dimissioni, direi piuttosto che vieta di ricandidarsi per più di due mandati, ma qui entriamo nella pignoleria gratuita.

lunedì 13 giugno 2011

L'Italia che esce dai referendum

Com’era nell’aria il quorum è stato superato, ma che significa questo voto? Il risultato in sé stesso non mi preoccupa: cambia poco o nulla. I privati che gestiscono i servizi idrici continueranno a farlo, sono perlopiù emanazioni di partiti politici, lo avrebbero fatto con un po’ più di trasparenza se la legge non fosse stata abrogata, ma niente di trascendentale. Dopo tre anni persi nell’immobilismo le centrali nucleari non avrebbero visto la luce comunque. I giudici avrebbero trovato lo stesso il modo di tenere sotto scacco Berlusconi e lui troverà altri modi per sgusciare via.
Penso che gli Italiani abbiamo nella stragrande maggioranza votato in buona fede pensando di salvarsi da gravi minacce. Del resto dopo aver accusato per anni la Lega e il centrodestra di prendere voti sulle paure degli Italiani, anche a sinistra si sono fatti furbi, hanno imparato la lezione e hanno impostato la propaganda instillando paure piuttosto infondate ma, come predicevo prima del voto, piuttosto efficaci. Alle quali peraltro nulla si è opposto, nemmeno quelli che hanno votato le leggi oggetto della consultazione hanno avuto la forza di spiegare perché l’avevano fatto.

Dai referendum esce un’Italia che chiede certezze e spera di trovarle nello Stato. Chiede di cambiare ma per rifugiarsi in formule già sperimentate. Le aspettative dell’elettore di sinistra sono molto alte, a mio parere irraggiungibili, soprattutto quando pretendono di dividere una torta che nessuno si vuol prendere la briga di cucinare. Forse un giorno non lontano i leader che oggi stanno comodamente all’opposizione si troveranno al Governo e dovranno misurare la differenza tra la propaganda e la dura realtà.

Ma torniamo al presente: il voto è una bocciatura del Governo, su questo non ci sono dubbi, anche se questo, a termini di quella Costituzione Italiana che alcuni ritengono perfetta, non ha alcuna ripercussione sulla legislatura, è evidente che qualcosa si è rotto. La maggioranza ha iniziato quasi subito a logorarsi, ma per due anni il consenso elettorale ha continuato a premiarla. Ora l’apertura di credito è finita. Ci sono state diverse cause esterne che hanno fatto precipitare la situazione: la crisi economica, la guerra in Libia con la ripresa degli sbarchi, le vecchie manovre di palazzo con la distribuzione di sottosegretariati. Ma questi eventi sono stati solo la spallata finale che hanno messo in luce le cause profonde:

1 – la mancanza di un partito o movimento forte che potesse coinvolgere i cittadini, sviluppare politiche efficaci, fare da propagatore di idee. Il PDL non è tutto questo e non serve cambiare nome o segretario.

2 – aver mancato le aspettative degli elettori che chiedevano più lavoro, più sviluppo, meno tasse, meno sprechi, più sicurezza.

Inutile girarci attorno o accampare scuse, che pure ci sono, ma quelle ci sono sempre; quando non si riesce a conseguire un obiettivo di alibi credibili se ne trovano quanti si vuole. Ma quello che conta è il risultato. Le promesse non sono state rispettate. Berlusconi non è stato all’altezza del compito di riformare l’Italia, ma almeno ha il merito di non essersi risparmiato dalla lotta, in un’Italia che cerca sempre la scorciatoia dell’inciucio, ha cercato di imporsi prendendo più voti. I suoi ex alleati Casini e Fini hanno saputo demolire ma non proporre o imporre nulla di utile. Gli yesman di cui si è colpevolmente circondato hanno fatto solo danni ed in generale tra tutti gli altri pochi si salvano mostrando ogni tanto un po’ di connessione con il mondo reale.
Per quanta autostima possa avere di me stesso non credo di essere un genio e infatti non ci voleva un genio per vedere dove si stava andando a parare. Io, e non solo io ovviamente, ho fatto queste riflessioni in tempi non sospetti, chi di dovere non le ha fatte.

venerdì 10 giugno 2011

Referendum. Perchè in questo caso non votare è una buona scelta.

A dispetto del fatto che i promotori lamentano di non avere abbastanza spazio, la campagna per il sì ci raggiunge in ogni dove invadendo spazi non politici: dai programmi sportivi, alle riviste di cinema, dai luoghi pubblici trasformati in bacheche elettorali, al bar sottocasa. Forse ce la faranno, il Paese è sensibile agli argomenti usati ed il clima è loro favorevole, nonostante ciò non mi hanno convinto.
Proprio la debolezza delle argomentazioni è la ragione principale della mia astensione.
Intanto l’astensione è una scelta legittima: non votare è una delle libertà conquistate a caro prezzo nel nostro Paese, esattamente come le altre. Infatti molti di quelli che si appellano in questi giorni al presunto dovere civico del voto, quando c’erano dei referendum sgraditi sono ricorsi senza rimorsi all’astensionismo.
C’è poi un’altra ragione: credo che per il Paese e i suoi cittadini la vittoria del sì sarebbe un danno e quindi in coscienza devo fare tutto ciò che la legge mi consente per oppormi e sommare il mio non voto all’astensionismo fisiologico è una di queste facoltà. Anche il politico più attento alla volontà popolare, se in coscienza ritiene di fare una cosa utile al proprio Paese ha il dovere di andare contro l’opinione della maggioranza, magari della stessa che lo ha eletto.
Veniamo ai quesiti:
L’ACQUA: tralascio il fatto che non è vero che viene privatizzata, mi concentro solo sul fatto che non sarebbe una merce e che sarebbe di tutti, come sostengono i mentori dell’acqua pubblica? Certo potrebbero facilmente dimostrarlo, facendo così: a titolo gratuito, con fondi propri e tanto volontariato costruiscono una diga con annesso impianto di potabilizzazione, poi fanno un tubo lungo lungo che arriva a casa mia e dal quale sgorga l’acqua. A quel punto hanno dimostrato che non è una merce. Se invece tutte queste attività hanno dei costi e bisogna retribuire le persone che le svolgono, allora l’acqua che cade dal cielo è di tutti ma quella che ci arriva comodamente in casa è un servizio che qualcuno in un modo o nell’altro paga. Peraltro di solito, per non sprecare risorse, è buona norma far pagare chi usa.
La diatriba stessa pubblico-privato è inutile: quello di cui stiamo parlando è per forza di cose un monopolio, che viene esercitato in base ai parametri di una concessione. Quindi il prezzo e la qualità dipenderanno da come è stata scritta la concessione. Gli esempi sui fallimenti delle privatizzazioni già avvenute sono quindi fuori luogo: rimettere in mano la gestione a quel Comune che non ha saputo redigere nemmeno la concessione, non mi sembra che ragionevolmente possa portare grossi benefici. Alla fine si può preferire una gestione privata per un semplice, logico e matematico motivo: se l’Ente Pubblico gestisce il servizio, controllore e controllato sono la stessa persona. Se ci sono due soggetti: privato che esercita e pubblico che sorveglia è sufficiente che almeno uno dei due sia composto da persone capaci e oneste per far funzionare la cosa. In ogni caso quello che viene millantato per pubblico è quasi sempre partitico, cosa un po’ diversa, e comunque andrà il referendum i partiti politici non molleranno la presa da questo ricco business.
NUCLEARE: c’è una ragione importante per non fare centrali nucleari e cioè il fatto che comporterebbe milioni di ore perse in manifestazioni, cortei, discussioni, appelli. Tutto tempo che potrebbe essere meglio impiegato in altre attività come l’elioterapia, lo stretching o la coltivazione dei pomodorini. Quindi dovrei andare a votare sì. Però mi sono detto: metti che venga in qualche città italiana un terremoto devastante seguito da maremoto, morirebbero tutti, ma se fanno le centrali almeno quelli che ci lavorano sopravviverebbero e siccome non voglio avere questi morti sulla coscienza mi asterrò anche su questo.
IMPEDIMENTO: non so se sia legittimo o meno. So che per gli Italiani in ogni caso non cambia proprio nulla e soprattutto so che bisognerebbe iniziare a discutere e votare sulle cose che riguardano la vita di noi cittadini. Capisco che qualcuno abbia bisogno psicologicamente di essere ossessionato da qualcosa e Berlusconi si presta bene a tal scopo. Però francamente tutti questi anni di mobilitazioni incentrate su di lui sono serviti solo a non affrontare i problemi ed a creare odio e divisioni.

lunedì 6 giugno 2011

Moriva Cavour. Nasceva l'Italia?

Il 6 giugno di 150 anni fa moriva Camillo Benso conte di Cavour, statista indiscutibilmente abile, ha fatto molto e come tutti quelli che molto fanno possono anche essere molto criticati.
Ma se potesse vedere oggi l’Italia come giudicherebbe il proprio operato? Si stupirebbe di vederla ancora unita e di quanto di buono gli italiani hanno saputo costruire? Oppure si stupirebbe di vedere quante divisioni e quanto disincanto sono ancora presenti dopo un secolo e mezzo?

Difficile dirlo, ma vale la pena di riflettere sulle cause che allontanano gli Italiani dai propri simboli. Io credo che l’identificazione tra lo Stato e tutte le sue emanazioni e il concetto di Patria sia la causa prima della scarsa coesione del Paese.

Dopo che il Fascismo aveva fatto propri i simboli dell’Unità, il disastro del regime ha trascinato anche questi nell’oblio, anche perché le due culture dominanti del Dopoguerra, cattolica e marxista, erano avverse al Risorgimento ed ai concetti di Patria e Nazione.
Come conseguenza di tutto ciò il Tricolore, l’inno, il patriottismo in generale erano relegati a simboli di una (piccola) parte politica. Oggi molti hanno buttato le bandiere rosse e hanno rispolverato la bandiera italiana. Comprendo che ciò sia avvenuto più per motivi tattici di bassa politica che per genuina conversione, ma non fa parte del mio carattere fare il processo alle intenzioni, considero positiva la svolta, se poi cantano Mameli rosicando, pazienza, meglio di niente.

Spesso si accusa il Risorgimento di essere stato un movimento elitario diretto dall’alto e non un movimento popolare. Al di là del fatto che molti episodi, come la sollevazione di reparti dell’esercito o le insurrezioni delle città lombarde videro una vasta adesione all’ideale unitario, la partecipazione delle masse, come viene intesa a partire dal XX secolo non può essere applicata ai secoli precedenti. Semmai questo fatto è uno dei più affascinanti del Risorgimento: un’Idea che resta viva grazie alla fede di pochi, che viene passata come una fiaccola di generazione in generazione, mille volte delusa, un’Idea che sembra un’utopia irrealizzabile, fino a quando il momento storico non la rende possibile. Ed è una speranza per chi come me crede nella libertà individuale e la vede quotidianamente minacciata dall’invadenza statale e sovranazionale, oggi la maggior parte delle persone preferisce la comoda protezione dello Stato che ti solleva dalla responsabilità di decidere della tua in vita ma in cambio ti toglie la possibilità di scegliere e ti impone cosa fare, cosa pensare, persino come educare i figli. Noi pochi teniamo viva un’ Idea, tra qualche generazione forse diventerà di molti.
Ugualmente anacronistico è ragionare oggi come se il processo di unificazione nazionale non ci fosse stato, in un modo o nell’altro gli Italiani sono stati fatti e ci sono.

E’ vero che l’unificazione avviene come espansione dello Stato sabaudo che incorpora gli altri. Anche per gli altri Stati europei era andata sostanzialmente così, da ciò intuisco che sia molto complicato fare diversamente. Purtroppo i Savoia non si sono mostrati all’altezza del ruolo storico che si sono trovati a recitare e sono stati più dannosi che utili all’Italia. Ma così è andata. E’ Storia. Quanti bambini vengono al mondo per sbaglio tutti i giorni? Hanno diritto come gli altri a vivere la propria esistenza.
Garibaldi era repubblicano, ma tra un’Italia divisa (peraltro in tante monarchie) e un’Italia unita sotto Vittorio Emanuele, mostrò il realismo che il caso richiedeva. Le annessioni furono una forzatura, con l’applicazione delle istituzioni sabaude a tutta l’Italia, ma oggi non si parla piemontese e Torino non è la Capitale del Paese. Se pensiamo a Mosca, Berlino, Madrid, Parigi, Londra, tutto queste città allargando la propria influenza formano le nazioni e restano il centro del potere, il caso italiano mostra tutta la propria peculiarità, ed è la prova di come anche nella testa dei conquistatori piemontesi il concetto di Italia con Roma capitale esisteva già.
La politica è sempre complicata ed in quel periodo si intrecciavano la questione dell’Unità, dell’Indipendenza, la forma dello Stato in tutte le sue declinazioni: Monarchia, Costituzione, Repubblica, Democrazia, Federalismo, Centralismo, il Papa, ognuno come è ovvio, aveva la propria idea, queste divisioni rendevano fragile qualsiasi tentativo unitario, soprattutto di fronte alle forze estere che si opponevano, Impero Asburgico in testa.

In mezzo a tutto questo, Cavour ha portato a casa il risultato, per usare un gergo sportivo e l’ha fatto alle condizioni che giudicava più accettabili.