lunedì 18 ottobre 2010

Consumismo contro Capitalismo

Il periodo di crisi economica che stiamo vivendo ha molte conseguenze, tra le quali un aumento degli esperti economisti che dall’ultimo blog fino ai più alti livelli istituzionali, paventano (…e spesso auspicano) la fine del “Consumismo Capitalista”, talvolta definito “Capitalismo Consumistico”.

Peccato che tutti quanti usino questi due ossimori senza rendersi conto di avere le idee confuse fin dalle definizioni.

Capitalismo è l’accumulazione di beni capitali, che conduce nel tempo ad una maggiore capacità produttiva. Capitalista d’altro canto è il proprietari dei beni capitali o beni di produzione.
Consumismo, può avere molti significati, ma comunque riconducibili ad un eccesso di acquisti di beni finali. Il consumatore diventa tale nel momento in cui usa il proprio reddito per acquistare un bene prodotto.

Dovrebbe essere evidente che l’eccesso dell’aspetto Consumo va a discapito del Capitale erodendolo. I beni capitali, che siano macchinari o immobili, si usurano dopo un certo numero di anni vanno sostituiti, se ogni anno non si risparmia una parte del reddito per questo scopo alla fine non si può produrre un bel niente.
Quindi “Consumismo Capitalistico” è una contraddizione in termini.

Che poi i miglioramenti tecnologici degli ultimi due secoli, unitamente a determinate condizioni sociali e giuridiche, abbiamo portato ad una disponibilità di beni enormemente superiore al passato non fa venir meno la contraddizione. Consumare tutto ciò che si è prodotto erode il Capitale, risparmiarne una parte è invece il presupposto per mantenerlo ed accrescerlo.

Certo, subissati dai media che ripetono il mantra circa “stimolare i consumi”, si è indotti a credere il contrario, ma è sufficiente riflettere un attimo per capire che prima di consumare bisogna produrre e per produrre ci vogliono i mezzi di produzione. Se mi mangio tutto il grano prodotto, non avrò nulla da seminare per l’anno nuovo. Del resto, come ho scritto altre volte, gli Stati Uniti hanno conosciuto in questi anni una percentuale di consumi addirittura superiore al reddito e questo non solo non ha evitato la crisi ma ne ha costituito un presupposto.

Eppure la pervicace convinzione che il consumismo sia la molla della crescita economica pervade i media in ogni occasione, dai disastri naturali che secondo i commentatori di turno fanno aumentare il PIL, ai filosofi del “far girare i soldi”…. ma in fondo il problema non è farli girare, ma quale direzione (leggi tasche) fargli prendere!

giovedì 14 ottobre 2010

Non c'è più il Vaticano di una volta.

Sono stato un paio di giorni a Roma e ne ho approfittato per fare una visita alle catacombe.
Un cartello posto all’ingresso avverte che si sta entrando in proprietà privata, la zona infatti è di proprietà del Vaticano.
Le guide dei vari gruppi sono tutti preti. Cito, in ordine sparso, alcune delle affermazioni della nostra guida:
le catacombe sono state saccheggiate da Goti, Vandali e Longobardi, perché siccome il centro di Roma era inespugnabile, hanno dovuto ripiegare su quello che si trovava fuori le mura (e Alarico? e Genserico?...).
Secondo lui poi le iscrizioni che troviamo all’interno delle catacombe sono in greco, perché a Roma si parlava greco! Quindi, viste le insegne dei ristoranti, traggo la conclusione che oggi a Roma si parla cinese.
All’inizio ci spiega che, contrariamente a quello che si crede, i cristiani non andavano sottoterra per nascondersi, ma solo per pregare e seppellire i morti, poco dopo dice che le catacombe smettono di essere usate a seguito dell’Editto di Costantino che concedeva loro la libertà di culto….
Sibillino afferma che i cristiani seppellivano nelle catacombe anche i bambini pagani, lasciando intendere che questi ultimi non lo facevano, però io, leggendo Seneca, avevo inteso diversamente .
Più volte viene ribadito che le amene scene campestri rappresentano il Paradiso, perché il Paradiso era inteso come un luogo bello, però non ho capito perché sottolineare questa cosa, come se non fosse di logica immediata: mica puoi rappresentare il Paradiso come un letamaio.
Mi è sembrata un po’ debole anche la dissertazione teologica, quando afferma che all’epoca i credentisi potevano definire cristiani senza ulteriori specificazioni, perché c’era solo una cristianità, invece oggi c’è la divisione con protestanti e ortodossi (a me pare invece che nei primi secoli la cristianità fosse parecchio divisa….).
Penso possa bastare per fare qualche riflessione: il prete in questione era simpatico, molto garbato, amorevole, sorridente, a modo, appariva sinceramente emozionato nel raccontare innumerevoli storie di martiri e poi ha anche ammesso di non essere molto preparato dal punto di vista storico, però non mi sembrava proprio il ruolo migliore dove metterlo, mi sorge quindi una perplessità cui non riesco a rispondere, infatti il Vaticano da fuori appare come un’organizzazione ferrea, tetragona, organizzata, che passa indenne attraverso i secoli; mi immagino che non sia un posto com’era la naja, dove funzionava così: “tu, che mestiere fai?” “il cuoco” “allora vai in officina”, “tu, invece?” “io faccio il muratore” “ok vai in cucina”. Oltretutto il prete me lo immagino studioso, anche perché ha meno distrazioni delle altre persone, cioè se uno ha la vocazione ma non vuol studiare può fare il missionario, ma se fai il pastore di anime devi saperne più del gregge….
Saranno forse a corto di preti, oppure la storia non è materia molto approfondita in seminario, chissà, comunque l’impressione è che non c’è più il Vaticano di una volta….