giovedì 3 marzo 2011

Crisi economica. Quando finirà il videogioco.

Crisi. Crisi. Crisi. Ormai la parola ci accompagna dal 2008 e non ci abbandona ancora. Quando ne usciremo? Ne usciremo? Il ministro Tremonti l’ha definita un videogioco: appena hai ucciso un mostro, passi al livello successivo e ne arriva uno più grosso e cattivo. In realtà non è proprio così, il problema è che i primi mostri non sono stati affatto sconfitti, si è evitato di affrontarli. Innanzi tutto, quindi, c’è già una piccola lezione da trarre: voler rinviare al futuro i costi di una crisi non fa che allungarne e peggiorarne gli effetti. Ci sono stati cattivi investimenti e prestiti che non verranno onorati, sono costi che pagheremo prima o poi, l’unica cosa che possiamo fare è evitare di commettere gli stessi errori che ci hanno portato fino a qui. Ma questo non è stato fatto. Innanzi tutto perché, come dei lemmings verso il baratro, tutti coloro che decidono le sorti economiche dei paesi continuano ad applicare lo stesso fallimentare modello keynesiano e poi perché i politici non vogliono risolvere la situazione. Farlo significherebbe cambiare le regole del gioco, affrontare recessione e deflazione, insolvenze e fallimenti. Le scadenze elettorali non tollerano tutto ciò. L’avessero fatto ne saremmo già fuori, ed invece sono già passati 3 anni inutilmente. Come scrivevo nel 2007 quando c’erano solo alcune nubi a preannunciare la tempesta, non è mai troppo tardi per prendere le misure necessarie. Giudicavo inutili le misure prese a maggio dai leaders europei e purtroppo ho avuto ragione, non mi sembra ci siano oggi motivi per cambiare idea, le prospettive non sono buone, il peggio deve ancora arrivare. Certo il settore privato si adegua, cambia, struttura, ristruttura, taglia, il mondo si evolve, ma gli squilibri e le manipolazioni monetarie, finanziarie, commerciali non sono stati rimossi e continueranno ad appesantire e menomare la creazione di ricchezza.

Per tappare le falle sono intervenuti con i soldi pubblici, ma oramai siamo giunti al limite, anzi qualcuno il limite l’ha superato, quindi gli Stati non si possono indebitare più di così. Neanche la Germania ha altre risorse per soccorrere paesi in difficoltà. E’ rimasta la Cina l’unica ad avere capitali a disposizione, ma mi sembra che non abbia voglia di riempire ulteriormente il suo portafoglio di titoli che potrebbero rivelarsi carta straccia. Piuttosto si sta comprando porti, cantieri, aziende….
Ora si propone l’escamotage degli Eurobond, ma è evidente a tutti che sarebbe solo un modo per far guadagnare un po’ di tempo ai paesi messi peggio, sempre a danno dei risparmiatori, che ricevono tassi da Bund, ma con i soldi che vanno ai PIGS! Ma per pagare il tasso del Bund, non dobbiamo inventare proprio niente: basta non fare deficit, è così semplice, basta che la Grecia e a seguire tutti gli altri spendano solo i soldi che incassano. Impossibile?
Preclusa ormai la strada ad ulteriori salvataggi pubblici, c’erano due opzioni: prendere atto che il sistema non funziona oppure distruggerlo definitivamente inondando ulteriormente di liquidità il mondo. Ovviamente le banche centrali hanno scelto la seconda.
Per il momento non c’è una presa di coscienza della gravità, né tra i politici né soprattutto nella gente, dei danni causati dall’uso dell’inflazione come medicina. Malediciamo i rincari della benzina, del pane, delle bollette, ma non si comprende che tutto questo è il costo che stiamo pagando alla politica demenziale delle banche centrali. Eppure non è difficile da capire: ogni giorno estraiamo 85 milioni di barili di petrolio nel mondo, che restano 85 milioni di barili anche se stampiamo tonnellate di denaro fresco durante la notte! Abbiamo più soldi per comprare, ma il petrolio, il grano, l’acciaio restano quelli che sono, costeranno solo di più impoverendo quelli che non hanno accesso immediato alla nuova liquidità immessa nel sistema.

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