venerdì 21 marzo 2014

L'ossessione del tetto di spesa pubblica al 3%

Molte delle eterne discussioni sulla politica economica italiana sono incentrate sul limite del 3% di deficit, che i paesi dell’Unione Europea si sono impegnati a rispettare a partire dagli accordi di Maastricht.
Partiamo da una domanda: perché hanno messo questo limite?
Quelli che hanno progettato l’Euro e l’Europa come la conosciamo oggi, avevano in testa (e hanno anche oggi) un modello di società nel quale ci sono delle autorità centrali che controllano, dispongono, organizzano, decidono, pianificano e soprattutto spendono, credendo che l’economia e le persone siano come un software: basta programmare e tutto funziona secondo i piani.
Perciò, invece di lasciare libero ogni Stato aderente, di adottare la politica di bilancio che ritesse più opportuna, hanno messo dei vincoli, il più discusso dei quali è quello sul deficit di bilancio.
Il fatto di creare una moneta comune, in realtà, non implicava affatto il dover porre tali limiti. La moneta unica è stata usata come scusa per ampliare i poteri degli organi comunitari ed imporre un modello di economia nel quale i dirigisti da Bruxelles manovrano tutto il continente.
Gli Stati Uniti d’America sono 50 Stati federati con una moneta unica, ma ciascun Stato è libero di adottare le politiche fiscali che meglio crede. Idem in Svizzera.

Oltre al riflesso condizionato di doversi occupare di ogni cosa, i politici avevano un’altra ragione per mettere dei paletti: la cattiva coscienza e la sfiducia reciproca.
Questo è il punto importante: i trattati non prevedevano che la Banca Centrale Europea dovesse intervenire per salvare dal fallimento qualche Stato con i conti in disordine e non prevedevano nemmeno che, ad esempio, la Germania dovesse intervenire per salvare la Grecia.
Quindi l’irresponsabilità di un membro non avrebbe provocato perdite agli altri.
Però i politici non si fidano uno dell’altro, sapendo bene che le firme sui trattati e le promesse valgono quel che valgono, cioè zero.
Del resto la storia economica delle finanze pubbliche è sempre uguale: i governi spendono sistematicamente più di quello che incassano, coprono i buchi indebitandosi e poi a un certo punto falliscono; qualcuno come mossa disperata tenta, senza successo, di salvarsi stampando moneta e poi si arrende all’evidenza: se consumi più di quello che produci, fai una brutta fine.

Se si fosse scelto un modello improntato alla libertà, non si sarebbe messo nessun limite, infatti, come ho scritto altrove, uno dei fondamenti di un’economia libera è il fallimento e questo, come dovrebbe valere per i privati, deve valere anche per gli Stati.
Libertà e responsabilità devono andare di pari passo.

Torniamo a noi: non era quindi previsto alcun meccanismo per cui la Germania avrebbe dovuto salvare gli altri, ma siccome i tedeschi sospettavano che in caso di crisi, qualcuno avrebbe bussato alla loro porta, hanno imposto il limite. Ironia del destino, poi, neanche loro hanno rispettato il limite del 3%, e in alcuni anni l’hanno superato.
In molti, convinti che la ricchezza nasca dal fare debiti, attribuiscono a quel sforamento la solidità economica tedesca… ma questa è un’altra storia. 

Ricapitolando:

1 - se indebitarsi fa bene all’economia, allora mettere un limite al deficit è controproducente.

2 - se invece si pensa che fare deficit sia inutile e alla lunga dannoso, allora è superfluo mettere il limite, perché uno non dovrebbe fare qualcosa che reputa dannoso.

Il problema è che fare tanto deficit a qualcuno fa bene, ad esempio, a volte, a chi specula sui debiti pubblici,  ma soprattutto a chi spende quei soldi, cioè i politici, perché così hanno a disposizione più risorse per comprarsi il consenso elettorale.

La pochezza dei padri costruttori dell’Euro si evince anche dal valore scelto: se proprio metti un limite, mettilo in modo che raggiunga lo scopo che si prefigge, cioè salvaguardare i conti pubblici. Ma se tu ti indebiti al ritmo del 3% all’anno, prima o poi accumulerai un debito insostenibile!
Persino Keynes, che credeva che il deficit stimolasse la crescita economica, prefigurava un sistema nel quale durante gli anni buoni gli Stati mettessero da parte le risorse da impiegare nei periodi di recessione; la famosa politica anticiclica, che, però, nelle mani dei politici è diventata a senso unico: ogni anno sempre deficit, a prescindere… per decenni.
Quindi, a meno che non riesci, ogni anno, a far crescere l’economia di altrettanto, cioè del 3%, ti troverai con un peso del debito sempre crescente.
Ma possono delle economie mature crescere ad un tale ritmo? E’ molto difficile a livello nominale, praticamente impossibile a livello reale.

Ma poi, in definitiva, 3% è tanto o poco? Dipende: se non hai debiti è poco, se hai già una montagna di debiti è tanto. E’ un po’ come il discorso sul pareggio di bilancio: per me è una cosa buona, ma se per raggiungerlo aumenti a dismisura una pressione fiscale già insostenibile (come ha cercato di fare l’Italia nel 2012) ti stai solo suicidando. Non c’è un criterio per porre un valore “giusto”, tanto meno se metti un valore unico per paesi in situazioni diverse.
Potevano mettere semmai un limite flessibile: se tagli 1 euro di spesa corrente, puoi farne 2 di investimenti, quindi ti puoi indebitare di 1; legando quindi il deficit agli investimenti, cosa economicamente sensata. Mentre emettere un bond decennale per finanziare spese a breve termine, tipico andazzo italico, è un comportamento stupido.

Ma, finiti questi bei discorsi, la realtà è che quelle menti sono state capaci di partorire solo il sistema che conosciamo.

In effetti alla prova dei fatti, tutto è andato diversamente  da come doveva funzionare: la BCE, contrariamente all’impostazione con cui è stata fondata, è intervenuta e la Germania, principalmente a causa del suo fragile sistema bancario coinvolto nei paesi in crisi, non si è affatto disinteressata del destino dei paesi in difficoltà.

Insomma, come sempre i pianificatori hanno fallito le previsioni e la realtà ha preso tutta un'altra strada.
Se ne dovrebbero ricordare quelli che ne invocano l’intervento per risolvere i problemi.

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