domenica 15 luglio 2007

Milton Friedman di Antonio Martino


La biografia di Milton Friedman scritta da Antonio Martino è un vero concentrato di spunti interessanti. Il libro è scritto in modo volutamente semplice e richiede solo una “infarinatura” generale di nozioni economiche per poter essere seguito ed apprezzato, è un testo imperdibile per chiunque voglia mettere alla prova le proprie convinzioni in materia di libero mercato, statalismo, inflazione e benessere economico.

Martino descrive l’ambiente accademico degli anni ’60, in cui i precetti keynesiani erano dogmi indiscussi, sottolineando come l’opera di Friedman abbia riaperto i giochi mettendo in discussione ed in definitiva smentendo quel tipo di approccio. Avendo fatto l’Università negli anni ’90 devo peraltro dire che qui da noi Keynes vandava ancora piuttosto forte.
Non posso non citare dal libro questi passaggi su Keynes che descrivono così bene un atteggiamento mentale molto diffuso ancor oggi nel nostro paese:

“il suo statalismo (di Keynes of course) è paternalistico ed aristocratico, basato sulla concezione che sia diritto e dovere della borghesia colta dirigere gli affari del Paese”

… infatti:

“intento di Keynes è, scopertamente, quello di persuadere le elites, siano esse politiche o accademiche o culturali; ciò in perfetta coerenza con le sue origini ed il suo temperamento aristocratico. Nei suoi scritti politici Friedman invece si rivolge all’opinione pubblica, all’uomo della strada, e questo sia per la sua radicata , profonda sfiducia nei confronti di politici, uomini d’affari, intellettuali, gente che conta, sia per quella sua inclinazione democratica, frutto delle sue umili origini.”

E mentre le politiche suggerite da Friedman mettono a repentaglio le rendite di posizione dei ceti privilegiati, in primis i politici, all’opposto:

“Keynes sosteneva tesi molto gradite all’establishment e ai politici, di cui l’applicazione delle sue ricette di politica economica allargava enormemente il potere”

Il libro affronta il ruolo della moneta, dei cambi, dei tassi di interesse e dei sindacati. Dimostrando che questi ultimi non possono creare inflazione, ma possono invece creare disoccupazione. Per inciso si dimostra anche l’inesistenza del legame inverso tra inflazione e disoccupazione.

Un’obiezione comune alle politiche liberiste è che i mercati non sono in equilibrio lasciati a loro stessi, si tratta però di un’obiezione ad un’argomentazione inesistente, infatti Martino chiarisce che i mercati non raggiungono l’equilibrio automaticamente da soli, dimostra però che le politiche interventiste nel migliore dei casi non servono, ma spesso peggiorano gli squilibri.

Un’ultima citazione: “è sbagliato credere che l’efficienza sia il prodotto di manager qualificati; è esattamente vero il contrario: i manager qualificati sono il risultato di mercati efficienti, che eliminano gradualmente quanti non riescono a rispettare le regole della concorrenza”.

Ambiente competitivo, adattamento, selezione: tutte premesse per lo sviluppo economico.
Ma in Italia, mentre celebriamo la nascita di grandi gruppi bancari, le imprese italiane sono quasi assenti dai settori più innovativi.

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