giovedì 19 aprile 2007

La riforma della Costituzione

La riforma della Costituzione torna periodicamente nell’agenda politica, ma di solito, ormai, è uno stanco diversivo. Durante i giorni di crisi del governo Prodi è balenata, come in ogni crisi di governo, l’eterna ipotesi delle larghe intese per fare le riforme. Si dovesse ripresentare un’altra crisi, certamente pur di evitare le elezioni e pur di allontanare la sconfitta, qualche pezzo dell’Unione offrirà questa prospettiva, la mia opinione è che l’opposizione dovrebbe respingere questa tentazione, se c’è qualche intenzione di riforma si può verificare subito. Se non si riesce a trovare un punto di accordo adesso, non c’è nessuna ragione per cui dovrebbe essere possibile dopo.
Ho fatto questa premessa proprio perché credo nella necessità delle riforme e penso che tale argomento non vada usato a fini tattici ma come obiettivo strategico.
La riforma costituzionale varata dal Governo Berlusconi si muoveva nella direzione giusta: superamento del bicameralismo perfetto, riduzione del numero di parlamentari, elezione diretta del Presidente del Consiglio, maggiore indipendenza nell’azione di governo rispetto al Parlamento, federalismo. Si può discutere della forma in cui questi indirizzi venivano attuati, ma la sostanza dei provvedimenti è a mio parere indiscutibilmente corretta.
La sconfitta referendaria non deve farci rinunciare a perseguire quelle riforme, a mio parere necessarie, che possono darci istituzioni più stabili, più efficienti, più democratiche, più forti.
Presidenzialismo, un esecutivo separato ed indipendente dalla funzione legislativa, un Parlamento restituito alla sua funzione di varare leggi adeguatamente discusse e meditate e non costretto ad inseguire la quotidianità dell’azione di governo, solo così miglioreremo una Costituzione nata in un’epoca storica che imponeva altre priorità.
La Costituzione del 1948 nasce nel trauma della Seconda Guerra Mondiale e con il fantasma del Fascismo che aleggiava ancora nell’aria, disegna quindi delle istituzioni con il preciso intento di impedire che ciascun organo abbia troppo potere o possa decidere qualcosa senza l’approvazione di una moltitudine di soggetti. La volontà di evitare che possa sorgere una nuova dittatura fa così nascere una repubblica condannata all’immobilismo, al compromesso necessario, a negoziazioni permanenti. La sinistra difende ad oltranza, e per partito preso, questa costituzione perché la considera cosa sua, figlia della Resistenza, come se questo ne garantisse la perfezione e se qualunque cambiamento non potesse essere che peggiorativo. Invece va cambiata, per migliorarla, vi sono addirittura parti, ad esempio l’articolo 39, non attuate.
Per fare un paese migliore dobbiamo fare tante battaglie, una di questa, da non dimenticare è quella sulla Costituzione.

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